Customer care, si dice nelle grandi aziende. Significa "prendersi cura del cliente", a volte è solo uno specchietto per le allodole e si riduce a uno scalcagnato call center che, quando e se risponde, lo fa da qualche remoto angolo del mondo, col malpagato addetto mandato allo sbaraglio. Ma customer care è un concetto che si basa sull'idea - giusta - di assistenza vera, il cliente come protagonista; la relazione con lui diventa chiave di un rapporto duraturo e soddisfacente fra il brand e le persone. Ecco: la famiglia Butticè ha una vocazione proprio alla customer satisfaction, è iscritta nel dna dei tre. Fa parte di loro, della loro sicilianità accogliente che si fonde con la professionalità da brianzoli acquisiti. Dell'identità stessa di ristorazione che i fratelli portano avanti a Monza: struttura solida, l'ospitalità come arte, il gusto come tramite, l'evocazione come strumento per titillare le emozioni, insieme al sapore.
Per questo il loro ristorante
Il Moro è tanto consolidato; per questo è cresciuto; per questo i tre hanno poco a poco potuto alzare l'asticella. È un processo consequenziale: dato che si sta bene, il commensale torna, così si forma uno zoccolo duro. E quindi si può investire per evolversi. E si può persino - ma con juicio, nessuno viene lasciato indietro - diventare sempre più ambiziosi, non accontentarsi di essere un ottimo ristorante "borghese", ma spingersi più in là, puntare al fine dining.
Esattamente il momento che sta vivendo Il Moro. Lo abbiamo tastato noi stessi con mano - e testato con le papille - qualche giorno fa, serata infrasettimanale che altrove sarebbe risultata "debole" ma locale qui invece pieno, come sempre o quasi. Vorrà dire qualcosa.

I tre fratelli Salvatore, Antonella e Vincenzo Butticè (foto Tanio Liotta)
Passo indietro. A
Il Moro ci si è sempre trovati a proprio agio, i
Butticè sanno proporre una cucina di gusto e realizzata a regola d'arte, col plus della carica di umanità e passione che sanno esprimere. Però c'è anche stata una costante crescita, calibrata e senza stravolgimenti, che ha portato l'indirizzo a essere ora intanto più bello - oggi pochi tavoli, distanziati tra di loro, in un ambiente d'eleganza sobria ma non fredda - e anche più armonico nell'offerta gastronomica e nei gusti dei piatti. Più fini, più intriganti nella complessità aromatica dei piatti, mentre golosi lo erano anche prima.
Evoluzione, appunto. Tanto che i tre fratelli meditano di compiere un ulteriore passo: togliere il menu alla carta per proporre solo percorsi degustazione. Ci sta.
E ora i nostri assaggi, le foto sono di Tanio Liotta.

Assaggio di Sfincione siciliano

Patè di sarde, chutney di cipolla rossa, panino con caciocavallo ragusano, un'idea tra Lombardia e Sicilia (pensamo al pane cunzatu)

Ostrica Fine de Claire, mandorla di Raffadali

Baccalà circolare in tre assaggi, uno più convenicente dell'altro: qui il trancio, la sua crema, la sua pelle croccante, il gel di prezzemolo

Baccalà mantecato, chips di patate, crema di mandarino

Sfera di baccalà alla milanese con salsiccia

Piatto eccezionale, godurioso, bilanciato: Bottoni di pasta fresca, ricci di mare, brodo di gallina vecchia. La suadenza muscolosa dei ricci trova compimento e morbidezza nel brodo; la pasta è perfetta, dà masticabilità prima dell'esposione di crema liquida ai ricci di mare che racchiude

Assaggio di Frittura all'italiana, impanatura di semola, con spuma di uovo e dragoncello

Uovo di selva, spuma di patate viola, polvere di peperone crusco e di cappero, chips di patate, erba cipollina, caviale di tartufo nero, crostini di pane al burro. Golosità pura

Petto d'anatra nostrana, pak choi, alici di Sciacca, capperi di Pantelleria e salsa di albicocca

Semifreddo al pistacchio, olio-sale-pepe, ganache al lampone, passion fruit, crumble al cacao