Nel 1966 Luna 3 tocca il suolo del nostro satellite, l’Arno sommerge Firenze, viene trasmesso il primo episodio di Star Trek, gli Stati Uniti iniziano massicci bombardamenti sul Vietnam del Nord, Simon and Garfunkel pubblicano Sounds of Silence, la Ignis Varese diventa squadra campione mondiale di basket mentre l’Inghilterra trionfa in quelli di calcio. Nel 1966 un giovanissimo Romano Franceschini, allora 22enne, apre con la moglie Franca il suo ristorantino in quella Viareggio che l’aveva accolto sei anni prima, la famiglia di lui, contadina, era di Montecarlo (Lucca) ma lui si era trasferito nella città rivierasca attirato dal boom che la stava interessando, «c’era La Bussola che era diventata famosa, ci veniva a cantare Renato Carosone, poi Peppino Di Capri, poi ancora Mina». Anni d’oro. Iniziò nel 1960 lavorando in una famosa pizzeria-torteria. si chiamava Rizieri ed esiste ancora

Calamaretti ripieni di verdure e crostacei: un classicissimo
Oggi raggiungere la luna pare cosa facile, l’Arno sembra più tranquillo,
Star Trek è rimpianto dai cultori - dopo sei serie tv (ne è stata annunciata una settima) e tredici pellicole cinematografiche -, la guerra del Vietnam è un infelice ricordo,
Sounds of Silence fa parte della storia della musica, il basket a Varese ha vissuto anni migliori, come la nazionale inglese di calcio. Il
Da Romano è invece sempre là, immarcescibile: stella Michelin dal 1985, con la sola interruzione di due anni (2001 e 2002), quando il locale venne completamente rifatto ma rimanendo sempre tra le stesse mura, in una continuità del luogo che accosta i
Franceschini ai
Moroni, ossia
Aimo e
Nadia, toscani pure loro ma a Milano, pare di risentire le parole della figlia
Stefania in
questa nostra recente intervista: «Non possiamo spostarci da via Montecuccoli. Negli anni si è formata una magia che non si deve né si può spezzare, una sorta di
genius loci. Abbiamo clienti che vengono qui da 30, 40 anni, non possiamo allontanarcene perché perderemmo il patrimonio della memoria, una rete di relazioni che fa perno tra queste mura». Lo stesso è per via Giuseppe Mazzini 120, Viareggio.
Non è l’unico paragone possibile: questa è una storia tutta familiare, dove i figli succedono ai genitori ereditandone il bagaglio di esperienze e arricchendolo con un tocco di modernità: come per i Cerea che, sarà un caso, hanno festeggiato il loro mezzo secolo sempre quest’anno, qualche mese fa (leggi qui l’articolo sulle celebrazioni e le due puntate - qui e qui - della nostra intervista esclusiva). Dunque 50 anni di Da Romano, come di Da Vittorio, e poi i 20 di Norbert Niederkofler (leggi qui), i 10 di Mauro Colagreco (leggi qui)… Oggi che la cucina va forte ovunque e pare a volte dominata da futile frenesia che dura un battito d’ali, la grandezza sta anche nel sapersi perpetuare, senza perdere la coscienza dei tempi.

Romano Franceschini e la moglie Franca Checchi con la giovane brigata: Andrea Papa, Elisa Cecchi, Imane Pisani e Marco Piatti
Da Romano porta benissimo il suo mezzo secolo ed è testimone pulsante di un modello ristorativo molte volte venuto meno altrove: racconta cioè la vicenda di quei locali in cui
dominus era il patron, non lo chef. Oggi che i ristoranti si chiamano
Cracco, Berton o
Sabatelli, qui il garante continua a essere l’oste
Romano, in cucina - regno di
Franca, che ora sovintende - c’è da gennaio
Andrea Papa, potentino classe 1990, ex
Gallia Palace a Punta Ala,
Pisacco e
Boscolo a Milano. Si è accostato con rispetto e dedizione a una tavola che punta le proprie carte soprattutto suoi piatti classici: «Quando proponiamo nuove ricette, i clienti le assaggiano e le apprezzano pure. Ma poi vogliono anche quello che hanno sempre trovato», sorta di
madeleines del gusto peraltro ancora attualissime perché concepite per durare nel tempo: «Non abbiamo mai adoperato burro, salse o fondi bruni. Abbiamo puntato da subito su eleganza e qualità della materia prima», ci spiega
Roberto Franceschini, classe 1969, figlio di Romano, gran maître e sommelier (1.300 referenze in cantina) che affianca quest’ultimo in sala.
“Affianca”, diciamo, non "sostituisce": perché il padre, del 1943, è ancora sul pezzo, «io non resto a letto fino alle 10, chi dorme non piglia pesci. Tutte le mattine vado dai pescatori a procurarmi il meglio, gli scampi invece mi arrivano la sera. Mi diverto ancora così».
Da Romano rimane il tempo versiliano dell’ottimo pescato, delle buone maniere e di una sala curata con raffinatezza, pensiamo agli storici e ormai introvabili sottopiatti Richard Ginori, «i migliori di sempre». La stagione estiva è andata alla grande, i Franceschini – Romano, Franca, Roberto, sua figlia Cristina… - gongolano. Così, a raccontare la loro storia, c’è l’orgoglio di chi è riuscito ad andare avanti, non la nostalgia con la quale si guarda a un passato di successo ormai sbiadito: «Iniziammo che un pasto al ristorante costava 1.000 lire – ricorda il patron, più in forma che mai – Già nel 1967-68 si prese a lavorare molto bene, Nel 1969 vincemmo un concorso di gastronomia indetto dal quotidiano Il Tirreno e così l’anno successivo fummo ammessi al Festival della cucina marinara che si teneva a bordo di una nave a Venezia. Conoscemmo Gigi Veronelli, Luigi Carnacina…». Fu l’alba del successo vero e proprio.
I
Franceschini non hanno mai voluto precorrere i tempi, porsi all’avanguardia, «abbiamo inserito in menu il pesce crudo 15 anni fa, perché i clienti ce lo chiedevano. Prima, l’idea stessa di pesce crudo non era concepita, che non fosse un plateau royale di molluschi. I nostri avventori hanno sempre ordinato piatti semplici, con gran materia prima: tale semplicità di
Franca ha creato quella continuità che è stata la nostra fortuna». Difficile dar loroi torto, mentre addentiamo quegli splendidi
Calamaretti ripieni di verdure e crostacei che sono tra i simboli di una cucina senza tempo, sempre insieme equilibrata e golosa.
Ma com’è cambiata la clientela in tutto questo tempo? «Non è cambiata, nel senso che vengono oggi quarantenni o cinquantenni che venivano già da bambini. Certo, non c’erano le intolleranze alimentari ormai così diffuse. E ora tutti richiedono maggiore leggerezza e sono più attenti alla stagionalità». La solarità dei Franceschini è rimasta invece sempre la stessa: «La maggior soddisfazione? Crescere sempre. E vedere che la gente apprezza». Facile, no?
Ps: un ultimo episodio che vale la pena narrare lo ricaviamo dal comunicato stampa celebrativo dei 50 anni: "Nel 1985, a meno di vent’anni dall’apertura, arriva il primo grande riconoscimento: la stella assegnata dalla Guida Rossa che, dopo trent’anni, mantiene ancora. In quei giorni due personaggi si trovano a cena in via Mazzini. Sono Carlo Petrini e Stefano Bonilli. Nasce Da Romano - e lo confermerà in un articolo Petrini - il manifesto di Arcigola, che poi diventerà da un lato Slow Food e dall’altro il Gambero Rosso".