Ancora pochi giorni e scatterà una delle esperienze più intense per Massimo Bottura. Il cuoco dell’Osteria Francescana è stato invitato il 4 novembre a Nobeoka, nel sud del Giappone, per una session di parole e cucina accanto al leggendario Jiro Ono.
Novantadue anni compiuti da pochi giorni, dal 1965 al timone del Sukiyabashi Jiro di Tokyo, Jiro è un’icona mondiale del sushi, non solo per il documentario “Jiro dreams of Sushi” che ne ha amplificato il mito (il film di David Gelb si trova online su Vimeo). E nemmeno per le dichiarazioni estasiate di Obama o perché Anthony Bourdain ha annunciato che vorrebbe consumare lì, accanto alla fermata del metrò di Ginza, il pasto prima di morire.
«Quel che fa di un lui un maestro», ci spiega proprio Massimo Bottura, «è l’incredibile chirurgia applicata al riso. Un’acidità leggera che avvolge il palato e prolunga la salivazione in un bilanciamento perfetto dei sapori. Non serve aggiungere soia a quella che ha già spennellato lui. E il wasabi è una scintilla che dà un kick memorabile finale a un sushi che va oltre l’idea di perfezione».

Il modenese è stato una decina di volte a mangiare da
Jiro. «La prima», ricostruisce la
timeline dell’amicizia, «una ventina d'anni fa. Non ero mai stato in Giappone. Allora non era così impossibile trovare un posto da sedere. Ci mettemmo lì ad aspettare e fummo premiati. Rimasi colpito ma non folgorato come quando tornai con mia moglie
Lara qualche anno dopo. Mi impressionò l’attenzione spasmodica per il dettaglio all'apparenza più ininfluente». C'è più di un aneddoto succoso sui loro incontri: «Una volta lo trovai sull’uscio ad aspettarmi con suo figlio
Yoshi. Avevano il broncio perché eravamo in ritardo di 10 minuti per colpa delle valigie che non arrivavano in aereoporto. ‘La temperatura del riso non tollera ritardi’, ci rimbrottarono. Dice tutto».
Jiro e
Bottura sono legati da un rapporto che va oltre il semplice rispetto tra colleghi. Non è mistero quella volta in cui
Ono chiese al suo cameriere di tradurre alle orecchie dell’italiano: «Nell’altra vita tu eri un giapponese». O, più di recente, quando lo ha apostrofato come «il più grande palato del mondo». È vero? «E’ sempre molto gentile con me», conferma implicitamente
Bottura, «La cosa però che mi rende più felice è che abbia accettato di separarsi dal suo ristorante per venire a parlare con me e assaggiare i miei piatti. Non lo fa mai».
Succederà venerdì 4 novembre a Nobeoka, città delle prefettura di Miyazaki, nel sud del Paese. L’incontro sarà il momento clou del congresso
International culinary conference. La talk session, dal titolo “Tradition and development”, sarà moderata dal food writer
Matsushiro Yamamoto. «L’idea del confronto è nata proprio da lui. Ascoltò un intervento che avevo fatto alla scuola di
Yukio Hattori di Tokyo. Parlavo di tradizione e ossessione per la qualità. Mi disse che erano concetti che aveva sempre sentito esprimere da
Jiro. Allora abbiamo organizzato il panel».

Massimo Bottura da Jiro, il 20 luglio scorso. Scrive su Instagram: "Nel tempio del sushi da solo. Un'esperienza mistica". Nell'immagine, Yoshikazu Ono, figlio ed erede designato di Sukiyabashi Jiro
Dopo il dibattito,
Bottura e il suo staff cucineranno 3 piatti per
Jiro e i presenti: «Racconteremo tutte le nostre idee in profondità. Ci confronteremo su due tradizioni di cucina molto più simili di quanto si possa immaginare: Giappone e Italia condividono la stessa ossessione di partenza per gli ingredienti e un impiego simile della tecnica, quel giusto che basta per sublimarli. Due approcci distanti dalla cucina francese e cinese, anch'esse simili tra loro: entrambe fanno più ricorso alla tecnica e impiegano salse talvolta invadenti».
Ci sarà un prologo giovedì 3, a Tokyo: il modenese sarà al ventiquattresimo piano del
Peninsula hotel a presentare il libro “Osteria Francescana, numero uno del mondo”. L’ha scritto nella lingua madre il giornalista giapponese
Masakatsu Ikeda, da 20 anni corrispondente per il suo paese dall'Emilia. Documenteremo tutto.