29-04-2025

Dewakan, il ristorante che nasce nella giungla della Malesia

La celebrata insegna di Darren Teoh a Kuala Lumpur lavora decine di ingredienti della foresta pluviale tropicale. Colti con l'aiuto delle comunità indigene

Darren Teoh, chef del ristorante Dewakan di Kual

Darren Teoh, chef del ristorante Dewakan di Kuala Lumpur (2 stelle rosse e una verde) con Lan, detto Ayahinda, cicerone della foresta pluviale Kampung Orang Asli a Serendah, 35 km a nord della capitale della Malesia

La rapida colonizzazione dei brand d’hotellerie, gli occhi addosso di celebrity chef dalla confinante Tailandia, un’infilata enorme di insegne di cibo da strada, 5 ristoranti con stelle Michelin - 3 dei quali di cucina malese e solo uno di cucina francese. Nello scacchiere asiatico delle mete gourmet, si sta imponendo con forza crescente Kuala Lumpur, città da 2 milioni di abitanti, cui ogni anno se ne aggiungono 22 di turisti, una cifra impressionante.

Sotto a riflettori così accesi, la metropoli delle Petronas Tower si sta adeguando alle consuetidini della cucina globale, che impone ai cuochi più virtuosi di scavare nel local pride delle proprie tradizioni di cucina, per offrire al cliente un quadro commestibile di ingredienti e tecniche che si trovano qui e (quasi) solo qui.

Non c’è dubbio che la figura di riferimento più importante del Paese sia oggi Darren Teoh, chef e patron di Dewakan, ristorante aperto nel 2014, da 5 anni trasferito al 48° piano della Naza Tower, per le statistiche l’unico 2 stelle Michelin del paese (ne ha anche una verde). Quarantaquattro anni, Teoh non racconta la storia di una vocazione cui doveva per forza rispondere sì, anzi: «All’inizio cucinare è un incubo», ci spiega lui, «e infatti volevo fare il sarto. Ma mi è sempre piaciuta la sottocultura della cucina, ovvero tutti i concetti che possiamo esprimere attraverso un piatto».

Teoh in tenuta da cuoco. Ha appena aperto un secondo ristorante a Kuala Lumpur. Si chiama Bidou e fa cucina classica francese

Teoh in tenuta da cuoco. Ha appena aperto un secondo ristorante a Kuala Lumpur. Si chiama Bidou e fa cucina classica francese

Prima di aprire l’insegna del “cibo di dio” (la traduzione dei vocaboli malay dewa e makan), il cuoco non sa bene quale strada imboccare: alterna l’olio di gomito della gavetta – affinata a lungo nella vicina Singapore, ma anche in Europa al Noma e dal 3 stelle ispano-tedesco Juan Amador – all’insegnamento: è docente di cucina al college universitario KDU per 8 anni e firma anche un libro in cui applica le tecniche della cucina molecolare agli ingredienti del suo paese.

Ma il ristorante chiama. Non una tavola semplice ma un luogo che possa dare valore alle tradizioni di un paese largamente attraversato da influenze indiane e cinesi ma che ha pure un trascurato patrimonio di tradizioni native da proteggere e conservare: gli Orang Asli (“aborigeni”) del paese sono circa 150mila e sono divisi in 3 gruppi principali (semang, senoi e protomalesi) e 18 tribù. Vivono quasi tutti sotto alla soglia di povertà e Darren è interessato a enfatizzarne il complesso di saperi impermeabili all’arroganza della “civilizzazione”.

È così che in un giorno afoso di aprile siamo condotti nella foresta tropicale di Kampung Orang Asli Serendah, una trentina di chilometri a nord della capitale. Qui l’indigeno temuan Lan, che tutti chiamano Ayahinda, ci conduce in una passeggiata nelle meraviglie di questa foresta tropicale, un ecosistema che tappezza quasi il 70% del paese. “Meraviglie” è forse una definizione affrettata per noi urbani d’Occidente che non sappiamo come gestire nugoli fittissimi di zanzare, l’incontro con serpenti velenosi che sonnecchiano sui rami, formiche giganti che sciamano velocissime tra le foglie umide e sanguisughe che lasciano aloni rosso sangue sui nostri vestiti sudatissimi.

È uno scotto che paghiamo volentieri per ascoltare il canto indigeno che chiama il vento, il sole, la pioggia. Per ammirare l’estrazione dal muschio delle piante che verrà utilizzato nelle cerimonie, per connettersi al soprannaturale. Per abbeverarci con l’acqua trattenuta dai tronchi di arbusti sezionati seduta stante col machete. Soprattutto, per scoprire il serbatoio foraged che costituisce il 65% complessivo della dispensa del ristorante Dewakan, per l’85% composto da ingredienti hyper-local.

La vista sulle Petronas Tower dal ristorante, apparecchiato al 48° piano della Naza Tower

La vista sulle Petronas Tower dal ristorante, apparecchiato al 48° piano della Naza Tower

«Dal principio, mi affascinava il fatto che la Malesia nascondesse una quantità enorme di radici, foglie e fiori commestibili », racconta Teoh, «solo che non esistevano fornitori. Così ci siamo organizzati noi, con l’aiuto delle comunità indigene. Non è tuttora un compito facile perché le variabili sono tante: le scimmie che si mettono di traverso, i forti temporali e le incostanze della natura, le microstagioni che impediscono di fare ragionamenti sul lungo termine, la distanza dalle fonti… Ma ora siamo abbastanza soddisfatti: da luglio a settembre, nel periodo di maggiore fioritura, la giungla ci dona una quarantina di specie commestibili».

Asam gelugur, bambangan, belinjau, berangan, binjai, cempedak, cepu, cermai, engkalak, kaduk, kelubi, nam nam, perah, rambai, salak, semomok, sukun, tampoi merah, ubi kemili… Alzi la mano chi ha mai sentito nominare almeno uno di questi frutti, erbe, piante striscianti, rizomi, bulbi, foglie, steli o semi. Conviene magari consultare la tassonomia latina del genere e specie, per trovare qualche familiarità con esemplari a noi conosciuti. Di certo ci aiuta il lavoro decennale di Teoh, che ha classificato tutto scrupolosamente per stagione, habitat, gusto, impieghi in cucina, con utili approfondimenti bibliografici.

Sono tutte materie prime cui Darren applica tecniche apprese da una mente molto curiosa: preservazioni, fermentazioni, pickleizzazioni, nixtamalizzazioni, affumicature… Una grammatica di cucina globale applicata a caratteri locali che – qui come in Perù, Colombia, Groenlandia o Patagonia - ci lasciano ogni volta con un affascinante quesito: cosa accadrebbe se provassimo a far viaggiare questi ingredienti in ecosistemi simili, ma di luoghi molto distanti? In fondo è la stessa domanda che i naviganti post-colombiani si fecero quandò traghettarono in Occidente pomodori, patate, mais… In attesa della risposta, godiamoci i piatti di Dewakan.

DEWAKAN, menu aprile 2024
Gli ingredienti del menu primaverile di Dewakan. Il degustazione unico costa 870 ringgit malesi (circa 174 euro). Pairing 260 (non alcolico), 340 (5 calici) e 555 ringgit (7 calici)

Gli ingredienti del menu primaverile di Dewakan. Il degustazione unico costa 870 ringgit malesi (circa 174 euro). Pairing 260 (non alcolico), 340 (5 calici) e 555 ringgit (7 calici)

A sinistra, Storione caldo affumicato di Tanjong Malim (cittadina a 70 km a nord di Kuala Lumpur), zuppa fredda di bottoni di mangostano (Garcinia mangostana) e uva di mare. A destra, Riso di Adan (Borneo) cotto al vapore in foglia di Mahang (Macaranga triloba), carne di cervo e kerdas (Archidendron bubalinum)

A sinistra, Storione caldo affumicato di Tanjong Malim (cittadina a 70 km a nord di Kuala Lumpur), zuppa fredda di bottoni di mangostano (Garcinia mangostana) e uva di mare. A destra, Riso di Adan (Borneo) cotto al vapore in foglia di Mahang (Macaranga triloba), carne di cervo e kerdas (Archidendron bubalinum)

Dumpling di tempeh di riso ripieni di cannolicchi in zuppa d'uovo

Dumpling di tempeh di riso ripieni di cannolicchi in zuppa d'uovo

Erbe e verdure locali (Brassica juncea, topinambur...) su un doppio croccante di albero del pane (Artocarpus altilis) con salsa erbe fermentate

Erbe e verdure locali (Brassica juncea, topinambur...) su un doppio croccante di albero del pane (Artocarpus altilis) con salsa erbe fermentate

Un favoloso boccone ispirato alla farfalla nazionale di Malesia (Raja Brooke’s Birdwing, originaria del Borneo). Lo compongono un cracker di belinjau servito con pasta di labu siam (Sicyos edulis) e bambangan salato (Mangifera pajang) e una decorazione di cuoio di Keranji, isole Perenthian

Un favoloso boccone ispirato alla farfalla nazionale di Malesia (Raja Brooke’s Birdwing, originaria del Borneo). Lo compongono un cracker di belinjau servito con pasta di labu siam (Sicyos edulis) e bambangan salato (Mangifera pajang) e una decorazione di cuoio di Keranji, isole Perenthian

Cresta di gallo brasata e stone crab conditi con litsea salata

Cresta di gallo brasata e stone crab conditi con litsea salata

Retired dairy cow beef plate, letteralmente "Piatto di carne di mucca da latte in pensione"

Retired dairy cow beef plate, letteralmente "Piatto di carne di mucca da latte in pensione"

Gelato di perah (Elateriospermum tapos), bidara (giuggiolo indiano) e castagna tropicale (Pachira aquatica). A destra, Gelatina di cocco, gelso e bambangan

Gelato di perah (Elateriospermum tapos), bidara (giuggiolo indiano) e castagna tropicale (Pachira aquatica). A destra, Gelatina di cocco, gelso e bambangan

Cioccolato Dabai, fudge di rosa in cuore di palma e tartina di keluak (Pangium edule)

Cioccolato Dabai, fudge di rosa in cuore di palma e tartina di keluak (Pangium edule)


Zanattamente buono

Il punto di Gabriele Zanatta: insegne, cuochi e ghiotti orientamenti in Italia e nel mondo

Gabriele Zanatta

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Gabriele Zanatta

classe 1973, laurea in Filosofia, coordina la Guida ai Ristoranti di Identità Golose e tiene lezioni di storia della gastronomia presso istituti e università. 
instagram @gabrielezanatt

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