11-06-2022
René Redzepi, al centro, con una parte dello staff del Noma
Sedersi al Noma vuol dire sperimentare il ristorante che più di altri ha segnato la scena internazionale della gastronomia degli ultimi 10 anni, un privilegio che vive al di là di stelle – la terza è stato riconosciuta dalla Rossa solo nel 2021 – e classifiche – il Noma 2.0 è stato eletto miglior ristorante al mondo dalla World’s 50 Best nello stesso anno.
Nel raccogliere (simbolicamente) l’impatto rivoluzionario di Ferran Adria e di elBulli, René Redzepi, chef danese dalle origini albanesi-macedoni, ha codificato un metodo e uno stile di cucina che supera i confini Scandinavi e la denominazione “nordica”, ha elaborato la natura al tempo stesso nella sua primordialità e potenziale evolutivo, ne ha estratto l’essenza ed ha allargato le barriere di ciò che è considerato edibile.
Con il Noma, Redzepi ha costruito un’esperienza totalizzante, che inizia con l’accoglienza dell’ospite nel caloroso abbraccio del Front of the House staff – espressione di un servizio genuinamente naturale ed amichevole –, che prosegue nella dimensione estetica con un richiamo alle fattorie nordiche “sæter” e alla declinazione del legno nelle varie espressioni materiche, e si articola nella realizzazione di una cucina di sperimentazione che disloca il commensale in mezzo alla foresta o nelle acque gelide dell’oceano.
Nel moto rivoluzionario del pianeta Noma, infatti, le stagioni che si alternano nell’anno solare sono tre: la stagione Oceano che accompagna gli ospiti da febbraio a giugno, Estate da giugno a ottobre e Cacciagione e Foresta da ottobre a dicembre.
Se la stagione estiva celebra l’abbondanza della natura e del raccolto, quella della Cacciagione il rispetto nei confronti dell’animale e le potenzialità dell’autunno danese, la stagione Oceano porta sul tavolo il meglio dei prodotti dei mari Scandinavi, preservati nella loro eccellenza dalle gelide acque dei mesi più freddi.
Il benvenuto della stagione Oceano è un’infusione di granchio, tè lapsang e garum di gamberi, condita con un olio al ribes nero, da bere direttamente dal carapace del granchio ricostruito in forma di fiasco con l’aiuto della cera d’api. È un “bacio” tiepido e leggermente acidulo con un finale lungo e morbido – grazie al contributo della cera d’api.
Probabilmente il meno “instagrammato” del menu della stagione ma forse uno dei bocconi che si ripeterebbe a più riprese. Granchio cotto leggermente, gamberetti danesi e latte fresco di nocciole salate. I gamberetti fungono da impalcatura del piatto, fornendone struttura e consistenza al palato. Il risultato è un piatto elegante, fresco e centrato nei sapori.
Uno dei piatti esteticamente più accattivanti del menu. Un uovo di quaglia, marinato ed affumicato, servito all’interno di una cozza blu. La pupilla, un olio piccante. A completare il piatto, un mix di 15 ingredienti – con i funghi a farla da padrone – che vengono essiccati e spolverati sul guscio della cozza per aggiungere salinità e umami al piatto.
Capasanta norvegese – una versione XXL rispetto ai molluschi disponibili nei nostri mari – ricoperta da un velo di burro di alga caramellata e servita con il proprio corallo e rafano grattugiato. La particolarità del piatto sta nell’estrema freschezza della materia prima: le capesante, infatti, vengono mantenute vive in vasche d’acqua e aperte soltanto pochi istanti prima di essere servite.
Un succo di gamberetti servito sotto forma di mousse ghiacciata, ricoperta da alghe zuccherine marinate nel succo di ribes bianco e servita con una spennellata di crema di prezzemolo e olio di rose. Tre bocconi evanescenti al palato con le alghe a supportare la masticazione.
Al tavolo arriva Ana Cândida Ferraz, membro senior del Front of the House staff con un vassoio sul quale è adagiato un lompo. Le sue uova sono il pezzo forte della stagione (con buona pace degli amanti del caviale). Nel piatto vengono servite con una salsa di tuorli con burro e lievito arrostito. Un crescendo di sapori ed un utilizzo del lievito che merita approfondimenti (e che per gusto e presenza ricorda sciovinisticamente gli spaghetti al burro di Camanini al Lido 84).
A parere di chi scrive, il piatto migliore della stagione. Un piatto che non fornisce alcun punto di riferimento e appartiene unicamente al Noma. Un capolavoro interamente strutturato su diversi livelli aromatici e olfattivi: ostrica cruda, mela cotta in succo di bacche di aronia, foglie d’ostrica, brodo di gelsomino e uva spina.
Un calamaro danese lavorato diligentemente al coltello, marinato in un sedimento di alga, sbollentato in acqua di prugna e salato in un burro di koji. Il risultato è una carne dalla consistenza morbidissima ma non gelatinosa, che permette di rilassare completamente la carne del mollusco e conferire una consistenza che difficilmente gli si attribuirebbe. Il piatto è completato dal commensale con semi di papavero da aggiungere shakerando il fiore secco del papavero stesso.
Se il piatto precedente sorprende per la morbidezza, lo spiedino di lumaca di mare restituisce una certa croccantezza. Lo spiedino alterna lumaca di mare, vongola, tartufo (conservato in liquido di fermentazione), e viene servito con un burro allo zafferano e vongola. Una particolarità del piatto è un piacevole sentore legnoso che viene conferito dall’aggiunta di pigna e da una vinaigrette realizzata con aghi di pino.
Le uova di merluzzo, o torskerogn, sono una specialità danese, spesso “spalmate” su pane di segale. Nella versione del noma, le uova di merluzzo sono servite su un waffle al miso di grano saraceno, decorato con semi tostati e completato da un olio di nocciole. Un piatto dall’acidità molto pronunciata che prepara il palato al successivo tris di piatti.
Un piatto che cambia il registro di sapori testati fino a questo momento ed un’opportunità per sperimentare l’utilizzo del piccante nella cucina del Noma. Un filetto di sogliola con una mousse di merluzzo, ricoperto da una salsa XO e servito con cavolo ed una salsa di orzo e semi di mostarda.
Un intermezzo per neutralizzare la nota piccante del piatto precedente e preparare il palato all’ultima portata “tradizionalmente” salata. Un bignè ripieno di panna, “glassato” con un’emulsione di ostrica e sormontato da caviale. Godurioso ma non eccessivo.
Il piatto principale del menu. Uno scampo meticolosamente ripulito del carapace dalla testa alla coda, incluse zampe e chele. Un piatto che valorizza la mineralità dello scampo nella sua integralità e che viene arricchito da una salsa di accompagnamento al burro – aromatizzata con garum di cozze affumicate e sakè – e uno spicchio di mela cotogna selvatica da spremere sopra per conferire acidità.
L’amazake è un dolcificante prodotto dalla fermentazione enzimatica del riso. Il primo dei tre “dessert” è un gelato di mela cotogna con riso fermentato e completato con un caramello di ostrica, spirulina e miele. Una portata che non abbandona il tema dell’oceano aggiungendo una moderata dolcezza.
Un sandwich realizzato dalla caramellizzazione delle alghe zuccherine, farcito con una mousse di yogurt lavorata con il nocciolo della prugna. Il nocciolo conferisce una nota leggermente amara al piatto contribuendo all’opera di pulizia del palato.
Dulcis in fundo. Il piatto che chiude l’esperienza del menu Oceano è anche l’unico a non contenere pesce, crostacei o molluschi. Una tartellette di crema, sormontata da una tartellette di frutti di bosco e finferli caramellati. Un boccone. Acidità, dolcezza, sapidità. That’s all folks!
Recensioni, segnalazioni e tendenze dai quattro angoli del pianeta, firmate da tutti gli autori legati a Identità Golose
di
sangue siciliano, adora i gamberi rossi crudi e l’odore del soffritto di cipolla. Si occupa di marketing, intelligenza artificiale e hungryitalianintown.com
Rene Redzepi sul palco della Nuvola Lavazza di Torino. Con lui, da sinistra a destra, Giuseppe Lavazza, Massimiliano Alajmo, Paolo Griffa, Davide Scabin, Antonella Fassio, Elena Peirone, Matteo Baronetto, Ferran Adria, Stefano Cavallito, Marco Bolasco e Luca Iaccarino
La Banchina, Refshalevej 141, +4531266561 (foto cntraveler.com)
Eric Vildgaard e Tina Kragh Vildgaard, le due anime del ristorante danese Jordnær
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