07-01-2025
Lo chef Eugenio Roncoroni in uno scatto di Gabriele Galimberti, fotografo ufficiale del progetto di arte gastronomica In the Kitchen, che si è svolto qualche settimana fa ad Almaty, in Kazakhstan
Mai giudicare un libro dalla copertina e mai giudicare un Paese prima ancora di esplorarlo.
Troppo facilmente ci si nutre di stereotipi e di “sentito dire” rimpastati a seconda delle necessità, fin quando non ci troviamo immersi nella dimensione immaginata, che prende forma e sapore, suono e odore e appare finalmente in carne e ossa.
Qualche settimana fa lo chef Eugenio Roncoroni, milanese (ma sempre proiettato nel mondo), si è lanciato ancora una volta oltre confine, anzi oltre confini, per ritrovarsi catapultato in una visione multicolor e multietnica; una realtà solo apparentemente distante e di cui, ahimè sappiamo ancora troppo poco, ma presente, vibrante, viva: Roncoroni benvenuto in Kazakhstan.
A condurlo lì in compagnia del barman Francesco Tucci Ponti (bar manager de I Mirador a Milano), il progetto di arte gastronomica In the Kitchen ideato da Olga Daniele e ospitato dal Laureate Grand Café ad Almaty di Ainura Akhmetova: si tratta di una serie di esperienze immersive che coinvolgono artisti, cuochi e fotografi di fama internazionale, ma soprattutto appassionati di cucina, invitati ad abitare e assaporare installazioni artistiche sempre diverse, per raccontare il cibo da una prospettiva inaspettata. E per poi “conservarlo” attraverso l’obiettivo di Gabriele Galimberti, fotografo ufficiale dell’evento, ma soprattutto del National Geographic, nonché vincitore del World Press Photo 2021, davanti al quale Roncoroni ha posato insieme al suo piatto e agli ingredienti utilizzati per realizzarlo, aprendo un sipario sul dietro le quinte dell’alta gastronomia, reso finalmente accessibile a tutti gli amanti dell’arte culinaria e visiva.
Kazakhstan. Il suo estremo confine sud orientale. A un passo dalla Cina, c’è Almaty e da qui ha inizio il nostro racconto. La parola passa a Eugenio Roncoroni.
Lo chef Eugenio Roncoroni
Il Kazakhstan è stata una sorpresa incredibile perché, sin dal primo momento, mi sono reso conto che avevo - e abbiamo - un’idea totalmente sbagliata su questo Paese. Lo immaginiamo come una landa desolata, un posto per niente all’avanguardia dove è a dir poco impossibile figurarsi l’esistenza di una cultura gastronomica contemporanea.
Naturalmente, ci eravamo sbagliati. Quel mondo, invece, esiste e vive tenendo il passo con quanto accade in Occidente. Infatti, sono perfettamente aggiornati sulla tecnica, sui sapori, sulle tendenze che attraversano il “nostro” mondo e non è un caso che stiano aumentando gli investimenti per far conoscere il potenziale nazionale anche agli europei, cercando di attirare nuovi flussi proprio per mezzo della gastronomia. Che è letteralmente straordinaria.
Pesci essiccati e affumicati di tutti i tipi
Centinaia di metri di prodotti, ben oltre la nostra conoscenza base della cucina locale, che fa un gran consumo di carne di cavallo – pensiamo al qazi, questa enorme salsiccia stagionata, affumicata e prodotta utilizzando le costole dell’animale-; se ne beve persino il latte assieme a quello di cammello (servito come un tè al ristorante), di capra e vaccino. Latte buonissimo, fresco, appena munto, e da qui burro di ogni sorta, formaggi dalle stagionature importanti, e salumi – soprattutto salumi – dal gusto tenace, speziati, a tratti estremi. Poi i sottaceti: è il paradiso dei sottaceti, preparati in tanti stili, coreano, mediorientale, russo. Dolcetti al formaggio, delle praline ripiene con ricotte iper stagionate; mieli che arrivano dalla steppa e dal deserto, un miele bianco, puro e naturale, e una quantità enorme di pesce essiccato, molto grasso.
Il paradiso dei sottaceti
Sicuramente tutto quello che vediamo in cucina è frutto della mescolanza culturale che leggi sui volti delle persone che trovi per strada: ci sono tanti kazaki, con tratti somatici molto vicini a quelli dei nativi americani, ai mongoli, il volto pieno, la pelle color terra, rossa, resistente; ci sono poi tante altre etnie insieme a loro - russi che vivono pacificamente insieme agli ucraini, una grande comunità coreana, tantissimi cinesi, musulmani, sebbene ci troviamo in un Paese laico.
Non è un caso, quindi, che il piatto nazionale, il bešbarmak (letteralmente cinque dita perché si mangia con le mani), sia la sintesi perfetta di questo mix: una minestra di flat noodles, molto larghi, come quelli cinesi, servita con un mix di carni bollite - cavallo, montone e bovino – che ricordano tanto i piatti dell’Europa dell’Est.
Architettura brutalista sovietica
Socialmente, invece, c’è un immenso divario tra ricchi e meno ricchi: la classe media è praticamente inesistente e chi ne fa parte, per ottimizzare i costi, segue una dieta perlopiù locale. C’è poi una fascia ricca, quella che abita i quartieri moderni e ben curati della città, in netto contrasto con i grossi casermoni sovietici, simboli di un’architettura brutalista che, personalmente, trovo affascinante.
Una classe ricchissima che viaggia molto, scegliendo come meta proprio l’Italia, che ammira immensamente per l’arte, la moda, il cibo, l’architettura. E sono proprio loro i consumatori finali di quella ristorazione di tendenza che, oggi, segue per la maggiore le impronte della cucina nordica, con tanta brace e fermentazioni, ma più calda e culturalmente coinvolta rispetto a quella scandinava: insomma, una tavola che non trascura le sue radici.
E le persone? Come sono le persone? Quando arrivi non avverti certamente quel calore tutto italiano; sono molto diffidenti, perché dopotutto “siamo occidentali”. E poi?
Poi scopri che hanno un cuore enorme.
Recensioni, segnalazioni e tendenze dai quattro angoli del pianeta, firmate da tutti gli autori legati a Identità Golose
di
Classe 1983, ex-chef di Al Mercato, l’insegna che ha rivoluzionato il concetto di burger (e non solo) a Milano, oggi è consulente gastronomico - dall’hôtellerie al fine dining fino al mondo della mixology -, ma è anche anima di PAS - A Vegetarian Trip, lo street food globale vegetariano che si è fatto conoscere a bordo di una veggyvore bike, a metà tra un food truck americano e un tuk tuk asiatico
La grande squadra del Rita Cocktail Bar a Milano. Foto Gaia Menchicchi
La veggyvore bike di PAS - a vegetarian trip, il nuovo progetto on the road di Eugenio Roncoroni
Dal Mondo è curiosità, fascino, un guida verso i migliori indirizzi intorno al globo, di cui vi raccontiamo non solo piatti, insegne, ingredienti, ma anche le vite di personaggi che stanno facendo la differenza nel nostro Pianeta, dalla ristorazione al meraviglioso mondo del vino.