C'è qualcosa di solenne nel gesto con cui Eugenio Roncoroni ha consegnato ad Hamerica's quello che è stato definito "il suo ultimo hamburger". Perché, come sarà evidente a molti, non stiamo parlando di un semplice burger, ma di una ricetta che riassume e celebra quindici anni di lavoro, trascorsi a decodificare e ricodificare un'icona della cucina popolare americana, trasformandola in oggetto di culto gastronomico senza mai tradirne l'essenza primordiale.
Chi ha seguito il percorso dello chef italiano, ma anche americano per parte di madre, sa che questo passaggio segna una cesura non da poco. E anche che sia direttamente collegato a quel che Gabriele Zanatta raccontava su queste pagine dieci giorni fa, con l'apertura, a pochi passi dalle Colonne di San Lorenzo di Milano, di Roncoroni Classici Gastronomici, il suo nuovo ristorante, su cui potete leggere un esauriente racconto qui.
Il multiforme ingegno gastronomico è sempre stata una chiave di lettura importante per comprendere il lavoro di Roncoroni, che è cresciuto a Milano con maestri del fine dining come Claudio Sadler e Sergio Mei, ma che ha anche conosciuto da vicino la scuola californiana, con Janine Falvo e Angelo Garro, avendo costantemente la classicità francese come stella polare. L'avventura inizata nel 2010, insieme a Beniamino Nespor, con Al Mercato, è stata una mirabile summa di queste esperienze e di queste influenze.
C'era la voglia di mostrare il volto più ricercato ed elegante della cucina d'autore, in una delle sale, ma anche la capacità di rivoluzionare il panorama milanese introducendo un concetto allora alieno di hamburger d'autore, che ha letteralmente aperto la strada a molte insegne (catene comprese). E poi ancora quei due avamposti di fusion a tasso altissimo di golosità che sono stati il Noodle Bar (in cui l'Asia era la stella polare) e il Taco's Bar (Messico, fortissimamente Messico).
Oggi
Roncoroni ha sentito il bisogno di dire "Goodbye, farewell" ai burger e l'ha fatto concedendo ad
Hamerica's la sua ultima ricetta, inserita dal 5 maggio e disponibile per due mesi nei menu della catena (ma forse anche di più, se avrà il successo che merita). Un burger che, coerentemente con l'ìdentità di chi l'ha creato, racconta diverse influenze. C'è la scuola essenziale della East Coast, dove la qualità della materia prima prevale sugli orpelli. C'è la California delle stratificazioni ardite e delle contaminazioni. E c'è l'Asia, che emerge nella lacca agrodolce della pancetta e in quel gioco di acidità che attraversa la preparazione - un'eco del già citato
Noodle Bar che conquistò Milano quando era ancora un azzardo proporre certe specialità come yakitori e banh mi.
L'assaggio rivela un equilibrio studiato. Nonostante la ricchezza degli ingredienti, nessun sapore prevarica. I due formaggi, più dolce il monterey jack, più intenso il cheddar, trovano la giusta armonia. La grassezza della pancetta trova contrappunto nell'acidità delle cipolle marinate, la croccantezza degli anelli pastellati spezza la morbidezza dell'insieme. È il frutto del lavoro di chi ha dedicato anni a calibrare proporzioni e cotture.
«Sono felice di aver realizzato questa collaborazione con
Hamerica's perché stimo molto il loro lavoro e credo che, in un momento in cui molte insegne di quel tipo hanno seguito mode e tendenze,
Hamerica's sia rimasta fedele allo stile americano del burger. E perché ho fiducia assoluta che la mia ricetta verrà rispettata sempre, in tutti i punti vendita», ci ha spiegato
Roncoroni.
Non poteva esserci modo migliore per voltare pagina: lo chef milanese ha infatti molte sfide di fronte a sé, che vanno oltre Roncoroni Classici Gastronomici. Ricordiamo infatti anche che la sua passione per lo street food ha preso una direzione plant based con Pas, che fino a luglio è in versione pop-up al Colibrì di via Laghetto, con l'idea di crescere ulteriormente. E che la sua firma si trova anche sui menu del food di due insegne cugine e autorevolissime nel campo della mixology milanese: Rita e Tiki’s Room.
Ma intanto... lunga vita all'"ultimo hamburger"!