Due grandi eccellenze e un unico Consorzio in continua crescita grazie all'unicità di queste produzioni: perfetti da degustare in purezza, questi formaggi stupiscono anche nell'alta cucina come dimostra un risotto perfetto a cura di Giancarlo Morelli
Puntualmente, nel cuore di giugno, il Consorzio di Tutela Valtellina Casera e Bitto, l’unico in Italia a tutelare e promuovere due denominazioni, torna con una tappa milanese, in coincidenza con il via alla stagione della transumanza: un’occasione non solo per parlare di queste due eccellenze, ma riflettere sull’impatto sociale, economico e ambientale della loro produzione tale da generare un valore aggiunto che si esprime nell’autenticità di questi formaggi, secondi in termini di popolarità dei prodotti gastronomici valtellinesi solo alla bresaola e ai pizzoccheri.
Un fine che presuppone sacrificio e tanta fatica trattandosi di produzioni eroiche e di montagna, ben compensato da risultati a dir poco straordinari: le produzioni, infatti, impattano per 15,9 milioni di euro sulla provincia di Sondrio, mentre sono 650 gli occupati, il tutto in una valle che conta pari numero di abitanti a quello di un solo quartiere di Milano.

Da sinistra, lo chef Giancarlo Morelli, Alessandro Beduschi, assessore all'agricoltura della regione Lombardia e Marco Deghi, presidente del Consorzio di Tutela Valtellina Casera e Bitto
Ce lo spiega bene Marco Deghi, Presidente del Consorzio, che all’alpeggio si avvicina quando di anni ne aveva appena 18, seguendo le orme del nonno e dei genitori. Rievoca quei momenti trasportandoci nel racconto di un tempo ben diverso da quello attuale, in cui il mestiere dell’allevatore era a dir poco totalizzante e non concedeva quei sottili equilibri che, invece, ora vanno plasmandosi, merito di una modernizzazione generale – pensiamo alla fornitura di acqua calda, elettricità, le strade asfaltate, i mezzi di comunicazione e di trasporto, insomma tutto ciò che spesso diamo per scontato e che impatta positivamente su questa professione.
Attualmente sono 45 gli alpeggi coinvolti, concentrati intanto nelle zone medio-basse per poi salire gradualmente in quota fino a 2.300 metri in provincia di Sondrio e Lecco. Un grande lavoro di artigianalità, un rituale antico e impegnativo di chi si accosta a quest’arte con l’obiettivo di fare qualità, percepibile immediatamente nelle caratteristiche organolettiche di questi formaggi: il colore, dal bianco candido all’oro intenso, sentori di burro fuso, erba di montagna, note fruttate e frutta secca, ma interessante è apprezzarne anche la texture, l’elasticità fino alla granulosità delle forme più stagionate rivelatrici di un’avvolgenza piacevole sul palato.
Parliamo di due prodotti complementari perchè, il Valtellina Casera si ottiene da latte parzialmente scremato e viene prodotto tutto l’anno, a valle; il Bitto, invece, segue naturalmente il ritmo dell’alpeggio - tra giugno e settembre - con il solo uso di latte intero, ancora caldo, lavorato subito dopo la mungitura all’alba e al tramonto. Per questa varietà, inoltre, è consentita da disciplinare - ma non obbligatorio - l’aggiunta di una percentuale del 10% di latte di capra.
Poca improvvisazione e tanto metodo, ma soprattutto rispetto per questi formaggi che fanno la storia di un territorio e lo raccontano, un proposito che non sfuggirà nel corso dei prossimi giochi olimpici e paraolimpici invernali Milano Cortina 2026, durante i quali sarà dedicata una vetrina a dir poco eccezionale alla filiera locale.
E come non apprezzare la qualità di questi prodotti in cucina, rendendoli parte di una narrazione a tavola. Il cuoco, in tal senso, è invitato a esaltare l’ingrediente, svelando sfumature sempre inedite grazie agli abbinamenti che elabora di volta in volta, come spiega chef Morelli, dell'omonimo ristorante a Milano.
«Ho sempre trovato straordinari questi formaggi che effettivamente sono buoni già dall’assaggio in degustazione, ma sono eccezionali nell’uso e nella trasformazione in cucina e questo non è scontato, tanto è vero che nella valigia, durante i miei viaggi di lavoro, porto sempre con me un bitto o un casera, e sono sempre tanto tanto apprezzati», dichiara Morelli.
Che ce ne offre un'interpretazione perfetta nel Risotto mantecato al Bitto dop, polvere di ribes rosso e polvere di salvia di cui vi proponiamo la ricetta.
RISOTTO MANTECATO AL BITTO DOP, POLVERE DI RIBES E POVERE DI SALVIA
Ingredienti per 4 persone
- 280g di riso
- 100g burro
- 150g di Bitto DOP
- 50g parmigiano
- 250 g di ribes
- 30 g di zucchero
- Un chiodo di garofano
- 20 ml di vino bianco
- Sale e pepe q.b.
- 20 foglie di salvia
Per la crema di ribes rosso
In un pentolino, unire i ribes, lo zucchero, il chiodo di garofano e un pizzico di sale. Portare a bollore a fuoco dolce finché i frutti si disfano. Eliminare il chiodo di garofano, poi frullare e setacciare per ottenere una crema liscia.
Per la polvere di salvia
Disporre le foglie di salvia tra due fogli di carta forno e cuocerle nel microonde a potenza media per circa 1 minuto, o finché saranno secche. Una volta fredde, frullarle fino a ottenere una polvere fine.
Per la preparazione del risotto
In una casseruola, tostare il riso a secco per 1–2 minuti. Sfumare con il vino bianco e far evaporare. Cuocere aggiungendo brodo vegetale caldo (o acqua) poco per volta, mescolando continuamente, per circa 13 minuti.
Per la mantecatura
A fuoco spento, mantecare con burro, Bitto DOP e Parmigiano grattugiato. Aggiustare di sale e pepe.
Per l'impiattamento
Disporre il risotto nel piatto, decorare con gocce o spirali di crema di ribes. Spolverare con la polvere di salvia per un tocco aromatico e visivo. Servire caldo.