Stati generali della gastronomia in fila ad Abu Dhabi per la prima edizione del Mena World 50Best. Mena è l’acronimo di Middle East and North Africa, una macro-porzione di mondo che include 19 paesi: Algeria, Bahrain, Egitto, Iran, Iraq, Israele, Giordania, Kuwait, Libano, Libia, Marocco, Oman, Palestina, Qatar, Arabia Saudita, Siria, Tunisia, Emirati Arabi Uniti e Yemen. Duecentocinquanta votanti di quest’area compresa tra Africa e Asia hanno espresso 7 preferenze ciascuno: il totale dei voti metterà in fila la lista dei “migliori 50 ristoranti del Medioriente e Nord Africa” e quindi anche il migliore in assoluto, martedì 8 dalle 17.30, ora italiana.
Il meccanismo è lo stesso cui ci ha abituato la macchina implacabile della World’s 50 Best. Che stila da 20 anni un’appetitissima classifica globale (prossimo appuntamento a Mosca, luglio 2022) ma anche 2 50best continentali: 50 Best Asia (9 edizioni) e America Latina (8). Ora si aggiunge il quarto capitolo, il terzo branch che è forse ancora più interessante dei primi due per motivi gastro-politici: nessuno dei 19 paesi del Mena è mai stato preso in esame da alcuna guida Michelin. Lodevole, quindi, lo sforzo di assegnare una vetrina globale a paesi dal pil ben più basso, che storicamente faticano a emergere nello scacchiere fine dining, stritolati tra Occidente e Oriente.
E' chiaro che, tra le storie dei 380 milioni di abitanti che popolano l’area compresa tra Rabat a Dubai, si nascondono anche quelle magnifiche di patron, cuochi e camerieri. E tanti sono qui, nella capitale più discreta e rilassata dei 7 Emirati Arabi Uniti, una nazione giovanissima (l’indipendenza è di 50 anni fa), popolata all’80% da stranieri e trainata dalla potenza economica e mediatica di Dubai, tuttora sede di un’edizione di Expo (sotto le attese per la pandemia).

L'israeliano Raz Rahav, Ocd, Tel Aviv

Izu Ani, nigeriano, al timone di Gaia, cucina greco-mediterranea a Dubai

Il libanese Kamal Mouzawak
Chi troveremo e chi vincerà la
Mena World’s 50Best? Più complicato del solito pronosticare, per l’assenza di precedenti e per la scarsa conoscenza di noi europei, si diceva. Tra i più papabili, c’è certamente
Tala Bashmi, chef bahreinita del
Fusions by Tala, contenuto nel 5 stelle lusso
Gulf Hotel Bahrain. Segni particolari, talento e una tenacia tale da piegare i mulini a vento: «Sono donna, araba e musulmana», ci racconta, «questo ha fatto arrabbiare tanti cuochi ma io vado dritta per la mia strada». L’altra sensazione è
Himanshu Saini, l’estroso indiano al timone di
Tresind e Tresind Studio a Dubai (quest’ultima, l’insegna più fine dining, trasloca proprio in questi giorni dall’hotel
Voco alle porte del Palm). E
Raz Rahav, cuoco israeliano a neanche trent’anni re della scena fine dining di Tel Aviv (
Ocd): «La cucina israeliana non esiste», spiegava perentorio, «è una nazione ancora così giovane…».
Ma sono tante le voci che s’intrecciavano nelle due conferenze stampa del pre-evento, la prima nella press room del circuito di Formula Uno Yas Marina; la seconda nel vertiginoso
hotel Conrad Abu Dhabi Etihad Towers, sede della finale di martedì. C’era
Kamal Mouzawak, pasionario dei piccoli produttori di Beirut, in Libano («Per me cibo vuol dire unire le comunità»); l’applauditissimo
Will Goldfarb, americano di stanza a Bali. Citava
Ernst Gotsch: «Tutte le relazioni si basano sull’amore incondizionato e sulla cooperazione». Il catalano
Joan Roca: «Sono qui a supportare il Mena perché la 50Best ha cambiato i destini del nostro piccolo ristorante a conduzione familiare: quando arrivammo primi, 8 anni fa, il nostro sistema di prenotazioni è collassato. E ancora oggi fa fatica».
Pensieri sparsi, cui ne aggiungiamo uno: «Il bello del cibo», si diceva, «è che stabilisce un linguaggio universale, capace di rompere ogni forma di razzismo». Chissà che non contribuisca a far crollare anche il muro (anche gastronomico) che separa il Mediterraneo europeo dal Nord Africa e Medioriente. A gaudagnarci sarebbero tutti.
WHEN IN ABU DHABI

Il fortino di Qasr al Hosn, Abu Dhabi. Edificato nel 1790, oggi è sede di un interessante museo che ripercorre la fondazione degli Emirati Arabi Uniti, 7 regioni indipendenti dal 1971

Particolare del Museo Louvre di Abu Dhabi: grazie a un accordo siglato coi francesi, oggi ospita 600 opere d'arte provenienti da musei d'Oltralpe

Particolare della Grande Moschea dello Sceicco Zayed, un impressionante intreccio architettonico varato nel 2007, dopo 11 anni di lavoro. E' un inno al dialogo tra culture, musulmane e non

Gamberoni, cocco, curry e grani di senape, un assaggio delizioso al Punjab Grill di Abu Dhabi

Crudo di astice da Zuma Abu Dhabi, infallibile "catena di alta cucina giapponese"