“Non c’è rosa senza spine”, recita un famoso proverbio. Tradotto: anche le cose o le situazioni molto belle, nascondono qualche difetto o difficoltà. Proprio sulla scorta di questo incipit, non dev’essere stato facile, per Moreno Cedroni e Luca Abbadir, elaborare un menù che parlasse proprio delle spine, nella loro globale definizione, partendo però, come sempre, dal mare. Eppure, ci sono riusciti: in questo 2025 viene proposto alla Madonnina del Pescatore il percorso creativo “Luca e Moreno, Le Spine: viaggio attraverso l’anima del pesce”.

Moreno Cedroni e Luca Abbadir nel Tunnel, il laboratorio dove nascono molte delle loro alchimie, prima di spostarsi ai fornelli (foto Mattia Alberani)
Quello che spesso viene rappresentato nei fumetti come cibo da dare ai gatti randagi della città o, più comunemente, quello che è eletto a scarto per eccellenza, diventa un simbolo di essenza, struttura e memoria. Moreno Cedroni racconta: «Le spine non sono solo l’architettura del pesce, ma ne custodiscono l’anima più profonda, quella che resta anche dopo la trasformazione. Sono il segno della sua esistenza, il filo conduttore della sua storia nel mare. La scelta è stata di interpretare le spine non come un ostacolo, ma come un punto di partenza per una cucina che va oltre il visibile, esplorando la materia prima nella sua totalità».
Vari pesci per vari profili gustativi: parte tutto da qui, con un lavoro di perfezionamento lungo e meticoloso, che ha reso protagonisti gli scheletri di rombi, ricciole, sardoncini e razze. A dire il vero, c’è anche una riflessione su quanto sia sottile il confine tra spine e ossa, poiché queste ultime sono utilizzate già da tempo per creare salse o fondi, come anche avviene su questa tavola, dove si utilizza tutto del piccione.
Forme e tecniche diverse concorrono all’uso totale della materia prima “spinosa”, che viene liofilizzata, fritta, stracotta per le salse, usata per infusi o brodi, ridotta a farina per diventare una pasta. Continua chef Moreno: «Ogni spina plasma il piatto con un sapore unico. Così come la struttura ossea di un pesce ne definisce il movimento, allo stesso modo influenza le sue qualità organolettiche. La spina è il punto di origine di un gusto che cambia a seconda di come viene interpretato». Abbadir e Cedroni, però, non si sono limitati a gestire le spine di derivazione animale, ma hanno allargato lo sguardo anche al vegetale, inserendo rosa canina, olivello spinoso, pala del fico d’india e il riccio delle castagne, ottenendo un ulteriore ventaglio di aromi e contrasti buoni che impreziosiscono i piatti. Una delle sale più premiate d’Italia, con a capo la sempre più dolce ed elegante Mariella Organi, aiuta nel comprendere meglio vere e proprie lezioni di anatomia che si fanno edibili, con tanto di “vassoio delle spine”, dove alcune di esse sono mostrate prima e dopo la lavorazione.

La brigata di sala della Madonnina del Pescatore, con, al centro, Mariella Organi, impeccabile padrona di casa (foto Andrea Straccini)
L’aperitivo iniziale è un condensato di tutti i sapori che si affronteranno nel menù, con la sottilissima Cialda croccante fatta di spine del sardoncino, dal gusto umami e piccantino, e con il Panino sfogliato ripieno di acciuga marinata, acido e voluttuoso allo stesso tempo, il tutto rinfrescato dal Margarita pomodoro e sedano. La nota fresca prosegue con l’Ostrica alla griglia (immancabile), condita con salsa di olivello spinoso, e con la Ricciola cruda (altro must di Moreno), condita con un’interessantissima salsa di rosa canina. Ci si eleva ulteriormente, passando a salse più robuste, come nel Moro oceanico, che viene nappato delle sue stesse lische, o nella Razza, laccata con salsa hoisin e cucinata sui carboni, insieme al fungo Orecchio di Giuda.

Il Piccione: è frollato in cera d’api per un mese (in modo da perdere quel sentore ematico tipico), cotto a 50 gradi, servito con erbe dell’orto marino, pesto di alghe, e il suo filettino. Rappresenta il confine sottile tra spine e… ossa, poiché con quelle del piccione si prepara la salsa, arricchita da burro e cherry. Infine, si completa al tavolo con una grattata di spina del rombo liofilizzata
Mare e terra convivono e si abbracciano sempre più forte in un trittico imperdibile, che sicuramente sarà ricordato tra i capisaldi dell’antologia cedroniana, servito in una sequenza molto intelligente. L’incipit è la Genovese di tonno, preparazione robusta, ma resa golosa e continuamente ricercabile dalle papille grazie al kimchi di cipolla e all’aceto di lamponi, che fanno dire “ancora, ancora”. Un signor intermezzo è dato dal Piccione, maturato in cera d’api, ricoperto da una salsa delle sue ossa, con la spina del rombo liofilizzata a completare, donando un sentore iodato. Il climax si chiude con l’Ossobuco di tonno, cioè quella parte ricca di tendini che si trova vicina alla coda (e che davvero in pochi cucinano). Esso ricorda insaccati di pianura, come il musetto del maiale o il salame cotto, ma ha il gusto inconfondibile del mare, che esce fuori prepotente e indomabile, andando pure oltre il condimento col fondo di piccione. Le sorprese, però, non sono finite, grazie a una Pasta paglia e fieno realizzata con le spine del rombo o a una Tarte tatin di sedano rapa e rosa di Damasco che prolungano quel piacere che tutti cercano nello star a tavola.

Ossobuco di tonno, fondo di piccione, purè con patate e cavolo viola. A contrasto, la spina vegetale: pala cruda del fico d’india, nervetti del tonno e cipolla agrodolce. Capolavoro, anche per l'idea anti-spreco nell'usare un taglio poco noto, ma assai gustoso
Riprendiamo il pensiero di Cedroni: «In natura, la spina è ciò che dà forma e sostegno al pesce, ne guida i movimenti e ne custodisce la memoria. In cucina, diventa il ponte tra passato e futuro, il segreto di un gusto più profondo, il segno tangibile di un approccio sostenibile e consapevole».
Rielaborando un celebre aforisma di Jean d'Ormesson, a Luca, Moreno e Mariella si può dire: “Grazie per le rose - ma soprattutto - grazie per le spine”.

L’inizio: la prima parte è una Cialda molto croccante (come nel 2024), fatta con la spina del sardoncino fritta e amalgamata a un impasto di acqua e farina, tipico dello street food orientale, dove viene schiacciato un polpetto, grazie a un’apposita piastra. Il tutto viene condito con una salsa Worcester e aromi. C’è anche un goduriosissimo e burroso Panino sfogliato con acciuga marinata in acqua e aceto (ricordo degli antipasti di mare di una volta), zenzero e carota fermentata. Il tutto è innaffiato da un Margarita con centrifugato di pomodoro e spuma di sedano

Erbe bruciate ai carboni, umeboshi, ricci di mare

Ostrica alla griglia, succo di lime e habanero, salsa di olivello spinoso: non può mai mancare l’ostrica nei percorsi di Moreno Cedroni e quest’anno è particolarmente fresca

Ricciola cruda, salsa di rosa canina, la sua bacca confit, lattuga di mare caramellata, mela, polvere coriandolo e carota viola fermentata: altro pesce-feticcio di Moreno, la ricciola prosegue sulle note fresche della portata precedente, aggiungendo un plus con la combo rosa canina-lattuga di mare

Moro oceanico in oliocottura, salsa delle proprie lische e caviale, acetosella liquida e olio al kimchi: si mangia tutto, anche la pelle del pesce

Razza marinata, fungo orecchio di giuda, foglie di prezzemolo alla brace: il pesce è laccato con la salsa hoisin e viene cotto alla brace, assumendo tonalità intense, che ben si uniscono alla salsa di funghi champignon in accompagnamento. Una curiosità: della razza si mangiano anche le lische, senza bisogno di particolari trattamenti, poiché esse sono cartilaginee e non ossee

Pasta Paglia e fieno: la paglia è fatta con farina e spine di pesce, mentre il fieno è l’alga spaghetto, il tutto condito con burro acido e colatura di alici, pepe indiano, alga essiccata e una grattugiata di spina di ricciola liofilizza, a ricordare proprio il gesto della grattata di un formaggio semistagionato. Coccola finale, per terminare la parte salata

Ceviche di frutta, pan di spagna alle noci, spuma di litchi, gelato al miele di castagno, acetosella. La frutta si compone di mango e ananas, infarinati in polvere di lamponi e peperoncino e bagnati con leche de tigre, come una vera ceviche. E le spine? Nel piatto, che è in cera d’api, e nel riccio del castagno, da cui viene il miele

Tarte tatin di sedano rapa, gelato alla rosa di damasco, crema inglese, spirale di marmellata di aceto balsamico: il sedano rapa è fatto riposare per una notte in una soluzione al rum, che gli dona un profilo aromatico ancora più idoneo a diventare questo dessert. Geniale, goloso e inconsueto, come tutti i dolci di Luca Abbadir

Spina dolce: tre cioccolati (bianco, al latte e fondente), cotti nel latte dove sono state cotte a loro volta le lische del pesce, polvere di olivello spinoso