21-06-2023
Davanti al circo 8 ½ in Piazzale Fellini, a Rimini, Massimo Bottura, il sindaco di Rimini Jamil Sadhegolvaad e le altre istituzioni presenti per il lancio della due giorni andata in scena gli scorsi 17 e 18 giugno
Tutte le foto sono a cura di Marialuisa Iannuzzi
Al Mèni è un luogo magico.
È lo spazio in cui grandi cuoche e cuochi si ritrovano a pochi metri di distanza da produttori, agricoltori, artigiani. È la festa durante la quale non conta tanto chi fa qualcosa, ma cosa fa e come lo fa – mettendoci le mani e mettendoci soprattutto il cuore. Pezzi unici di artigianato lasciano i laboratori di produzione per essere raccontati dalle persone alle persone, mentre i piatti fuoriescono dalla dimensione ristorante e arrivano in strada, tra le mani e poi, sì, dritte al loro cuore.
Oggi Al Mèni è un abbraccio lungo 10 anni, i primi del circo 8 ½ dei sapori e delle cose ideato da Massimo Bottura, realizzato in collaborazione con il comune di Rimini. Ma Al Mèni quest’anno è anche un’occasione per fare la differenza nella vita delle persone; esserci per alimentare quell’abbraccio e rinsaldare la grande catena di solidarietà che apporta sollievo a quanti, solo poche settimane fa, sono stati colpiti dalle alluvioni in Emilia Romagna.
«Ha senso annullare Al Mèni 2023?»
La domanda è sorta pochi giorni dopo l’accaduto. Ma Massimo Bottura, il sindaco di Rimini Jamil Sadhegolvaad e la ruggente squadra che lavora a questo grandioso appuntamento coordinata da Enrico Vignoli, curatore gastronomico, non hanno battuto ciglio – “l’evento si farà”e, commenta il primo cittadino nella giornata inaugurale del festival «fa brillare gli occhi sapere che l’uscita in direzione Rimini sia intasata dal traffico questa mattina». Un abbraccio, quindi, la solidarietà, ma aggiunge Bottura: «Venite a Rimini, venite in Romagna. Venite qua, venite a vivere le nostre spiagge. Noi siamo pronti».
È così che va innescandosi un meccanismo di bontà e generosità, con una vicinanza tangibile, prossima a quei produttori che, nonostante tutto, sono lì. C’è chi ha perso tutto, eppure continua a donare, e vuole, deve esserci. Mulini, apicoltori, aziende agricole, l’elenco non si esaurisce in poche righe, e il desiderio di rialzarsi resta nettamente superiore a quello di arrendersi.
Tanti di questi produttori sono giovanissimi, individuati e raccolti in un unico coro da Carlo Catani, presidente dell’associazione culturale Tempi di Recupero; artigiani, che non hanno avuto paura di cambiare il corso ordinario della vita per riempire di significato un mestiere e, attraverso un sogno, un progetto, cercano di mutare il presente, e con costanza il futuro.
Stefano Silvi allo stand di Nero Fermento, specializzato nella produzione di aglio nero di Voghiera
Pensiamo a Stefano Silvi, ingegnere, che attraverso le sue competenze tecniche è riuscito a produrre la macchina sostenibile e a basso impatto energetico che oggi usa per fermentare l’aglio di Voghiera, capsula umami dalle innumerevoli proprietà nutritive; o ai ragazzi di ALBA, l’azienda agricola multifunzionale del Molise, specializzata nella produzione di formaggi ovicaprini, olio, confetture, sottoli, che presto si impegneranno in un disegno di ospitalità, una sorta glamping, atto a dimostrare che questa regione esiste ed è bellissima.
C’è chi preserva i pascoli e le produzioni d’eccellenza della vacca bianca romagnola, chi ne custodisce il suo gioiello bianco - una ricotta rinforzata con la panna - candida libidine.
Al Mèni è la capacità di investigare sulle nostre scelte alimentari e sull’impatto che queste producono tanto sul nostro organismo, quanto sul pianeta in cui viviamo, temi centrali dei Talk curati da Slow Food; è la possibilità di discutere sul modellamento di una "pesca alternativa", che “nuota in direzione contraria” rispetto alle ambizioni del nord Europa, che insistono per un’implementazione dell’acquacoltura, o sull’uso di specie invasive in cucina, sul rispetto di una stagionalità che, dai campi, si estende ai mari, o ancora su come un ristorante possa diventare una piattaforma da cui proiettare un nuovo futuro, esattamente come Mariano Guardianelli fa nel suo Abocar due cucine, a Rimini, perché la tavola è luogo di sensibilizzazione per eccellenza.
Sotto al tendone, e tutto intorno, Al Mèni è una presa di coscienza sul cambiamento climatico – uno dei temi portanti dell’edizione 2023 - da non considerare come un’entità a sé stante, che si alimenta autonomamente ed è estranea alla nostra volontà. Al contrario, il cambiamento climatico è la somma delle nostre scelte individuali e solo noi, attraverso l’adozione di pratiche differenziate, possiamo contenere i danni di un sistema ormai già corroso.
Al Mèni in action
Quindi – e ci apprestiamo a introdurre il secondo tema di Al Mèni 2023 - la sensibilità di chi si muove e genera in cucina, la stessa che si riversa sulla materia e che giunge con grazia, garbo, ma anche inarrestabilità, energia, sfidando luoghi comuni e scardinando gerarchie: le donne in cucina sono lo splendido racconto nel racconto di Al Mèni, ovvero Jessica Rosval, Anna Barbina, Chiara Pavan Marta Cerbino, Isabelle Gemmer, Vania Ghedini, Martina Mosco, Emilie Qvist Kjaergaard, Marina Gasi, Giovanna Giudetti, Alessandra Del Favero, Avivit Priel Avichai e Naifa Mulla.
Nessuna polemica, nessun vittimismo: le donne in cucina sono una risorsa e la loro espressione identitaria in termini di gusto riflette la loro storia, la loro esperienza e la loro personalità, esattamente come accade per un uomo. Resta al mondo abituarsi.
Last but not least, Al Mèni 2023, ricorda la tradizione, la esalta, e poi lascia che si esibisca libera la contemporaneità del pensiero culinario italiano e internazionale. Ma soprattutto illumina le zone d’ombra del nostro palato, per saziarlo di cultura e distaccarlo dall’abitudinario corredo di sapori che ci appartiene. Ecco perché Enrico Vignoli ha deciso di spingersi fino al Medio Oriente, facendo un grande giro in Nord Europa, stimolando l’arrivo di piatti che generassero il viaggio sulle papille gustative, creazioni che fossero in grado di dimostrare come ingredienti del nostro paniere possano, attraverso piccole variazioni, imprimere un’immagine completamente diversa nel nostro io.
Missione squisitamente compiuta.
Ed ora il nostro report fotografico della due giorni di Al Mèni 2023
Massimiliano Mussoni, chef de La Sangiovesa, a Santarcangelo di Romagna
Anguilla affumicata, scottata con sciroppo di fiori di castagno, maionese di porro e insalata di ravanello e porro - il piatto di Isabelle Gemmer del ristorante bellasLokal
La chef Emilie Qvist Kjærgaard
Il Crudo di pecora utilizzato per il piatto di Marta Cerbino, ovvero tartare di pecora, maionese alle foglie di fico, ciliegie marinate al vermouth e chips di ceci neri
Chiara Pavan, chef (assieme al compagno Francesco Brutto) del ristorante Venissa a Venezia e Francesco Vincenzi, chef del ristorante Franceschetta 58, a Modena
Miseria e Nobiltà: il risotto di Francesco Vincenzi
Massimo Bottura e lo strepitoso ragù di cozze e salsiccia, che farcisce il bun al forno presentato da Jessica Rosval
Chiara Pavan sul palco di Al Mèni
Lo chef Luca Marchini del ristorante L'Erba del Re a Modena
Jessica Rosval, chef di Casa Maria Luigia
Bun al forno con ragù di cozze e salsiccia, di Jessica Rosval
Anna Barbina del ristorante AB Osteria Contemporanea
Dum'Plin - il piatto di Allen Huyen, dell'Osteria Francescana
Recensioni, segnalazioni e tendenze dal Buonpaese, firmate da tutti gli autori legati a Identità Golose
a cura di
Classe 1991. Irpina. Si laurea in Lingue e poi in Studi Internazionali, ma segue il cuore e nella New Forest (Regno Unito) nasce il suo amore per l'hospitality. Quello per il cibo era acceso da sempre. Dopo aver curato l'accoglienza di Identità Golose Milano, oggi è narratrice di sapori per Identità Golose. Isa viaggia, assaggia. Tiene vive le sue sensazioni attraverso le parole.
L'ambientazione "8 e mezzo" di Torno Subito Singapore di Massimo Bottura, aperto con il Gruppo Como a Dempsey Road, nel febbraio 2024
Massimo Bottura tra le botti della sua acetaia: «Il mio approccio è quello dei grandi vigneron italiani, che attraverso i loro vini hanno dato un’espressione autentica del proprio territorio con il coraggio di uscire dal disciplinare», ci racconta
Jacopo Ticchi, classe 1994, chef e titolare di Da Lucio, a Rimini