20-12-2022
Giuseppe Di Iorio e la sua Carbonara Shake, pensata per dare ancor più importanza al servizio di sala - Foto: Annalisa Cavaleri
Il Colosseo è proprio lì, davanti ai tuoi occhi che di giorno si staglia sul blu del cielo romano e la sera contrasta col tramonto. Il ristorante Aroma è un unicuum, in pochi, forse nessun altro, possono vantare a Roma una vista su un monumento così unico. E, se la vista è bellissima, la cucina deve "reggere il confronto" in modo che non si riduca tutto al paesaggio. Non è certo così in questo spazio di alta cucina, dove lo chef Giuseppe Di Iorio mette in tavola una proposta curata ed elegante, con molte riflessioni sulla cucina classica romana e un buon lavoro di ricerca sui piccoli produttori del Lazio, sia in tema ingredienti che vino.
Giuseppe Di Iorio e il team di cucina di Aroma - Foto Annalisa Cavaleri
Nato in una famiglia di origine romane e calabresi, Di Iorio grazie a suo padre si avvicina sin da piccolo al mondo della cucina, imparando ad apprezzare i sapori autentici della nostra tradizione culinaria. Dopo la scuola alberghiera a Roma, inizia la sua carriera nel Ristorante Margutta per poi volare a Londra nel ristorante del prestigioso Hyde Park Hotel, sotto la guida di Giuseppe Sestito, primo executive chef italiano del famoso indirizzo inglese. Al ritorno nella capitale, entra nell’alta ristorazione alberghiera, prima all’Hotel Inghilterra poi al Parco dei Principi. Nel 2005 raggiunge Sestito al ristorante stellato Mirabelle dell’Hotel Splendide Royal, dove ha l’opportunità di far crescere la sua expertise con un’esigente clientela internazionale, dalle celebrity ai capi di Stato. Dal 2010 è lo chef alla guida del Ristorante Aroma e nel 2014 riceve la prima stella Michelin.
La vista sul Colosseo, romantica anche con la pioggia - Foto AC
«Ci rendiamo perfettamente conto che il nostro ristorante è attrattivo per la magnifica location, ma non ci siamo mai seduti sugli allori e ogni giorno alziamo l'asticella della creatività e della qualità - dice Di Iorio -. La magnifica vista deve essere uno stimolo a far sempre meglio, non una scusa "perché tanto la gente qui viene comunque". Lavoriamo perché da Aroma l'esperienza sia completa, dal paesaggio al piatto, passando per un servizio curato ma non ingessato».
Il benvenuto - Foto AC
La Carbonata shake Foto AC
La pandemia, come è successo con molte altre realtà della ristorazione, ha portato a un cambiamento radicale della clientela, che ha portato chef e brigata a un cambio di prospettiva. «Per ristoranti come il nostro nel pieno centro di Roma e un costante clientela internazionale, trovarci in lock down e lavorare solo con romani e italiani è stato qualcosa di unico e mai accaduto. Così, ci siamo trovati a fare una attenta riflessione sulla proposta è la risposta è stata: ritorniamo ai classici. Abbiamo lavorato a lungo sulla carta, ripensando alcuni piatti della cucina romana in chiave contemporanea, ritornando fortemente ai piccoli produttori. Oggi, posso dire che gli ospiti italiani e internazionali si alternano con maggiore frequenza, con una costante: tutti vogliono la Carbonara Shake, perché i classici, presentati con un servizio interattivo e divertente al tavolo, non stancano mai».
La cacio e pepe interpretata con ingredienti di stagione - Foto AC
«Ora, però, lo sguardo va anche al futuro - continua Di Iorio -. Ci giocheremo tutto nel 2025 con il Giubileo e con la candidatura e Expo Roma 2030. Non vediamo l'ora che Roma possa confrontarsi con eventi così importanti e internazionali, che svegliano i cuori e le città, come è stato per Milano Expo 2015»
Tagliolino burro e tartufo bianco della Valle del Salto - Foto AC
Tra i cavalli di battaglia delnuovo menu di Aroma, c'è infatti un piatto nato durante il lockdown. «La Carbonara shake è una Carbonara buona e semplicissima, preparata con le tecniche tradizionali e grandi ingredienti come il guanciale di Amatrice, uova biologiche di Arianna Vulpiani, pecorino romano e, a sorpresa, rigatoni di kamut. Il gusto è classico ma, come vi dicevo, con presentazione interattiva, visto che il servizio comprende la mantecatura al tavolo in shaker di rame. Gli ingredienti si amalgano nello shaker e la pasta cremosa viene servita direttamente nel piatto all'ospite, dopo un momento giocoso che strappa molti sorrisi. Per me, era anche un modo per dare ancora più risalto ai nostri bravi maître. La sala deve avere la stessa luce della cucina».
Parmigiana con melanzane affumicate e pomodoro bruciato - Foto AC
Per tornare alla riflessione sui classici, in questo periodo si può continuare il percorso con l’ottimo Tagliolino burro e tartufo bianco della Valle del Salto, in provincia di Rieti, appunto per rimanere "local" e lo Spaghetto zucca, veli di prosciutto di Parma e Parmigiano stravecchio 36 mesi che reinterpreta la cacio e pepe (sempre in carta, con diversi ingredienti a seconda dei momenti dell'anno).
Non mancano idee per chi ama il vegetale: interessante la Parmigiana, ricca di lunghezze, con melanzana affumicata e pomodoro bruciato, tante lunghezze e sapidità bilanciate che dimostra quanto golose e "sostanziose" possano essere le verdure.
Glacier 51, pescato nei fondali dell’Antartico, interpretato con ingredienti italiani come le cicerchie, le cozze e le castagne - Foto AC
In un albergo così centrale a Roma, non si può pensare di puntare tutto sul classico, quindi ci sono anche piatti che vanno verso orizzonti più lontani, come l’ottimo Glacier 51, pescato nei fondali dell’Antartico, che però viene interpretato con ingredienti italiani come le cicerchie, le cozze e le castagne. Accogliente anche la Guancia cotta 72 ore con patata e timo, alleggerita dal gel al pompelmo.
La giovane Irene Tolomei mostra il suo dolce invernale, Sottobosco - Foto AC
Souffle al cioccolato - Foto AC
La sala che viaggia a un buon ritmo, danzando senzaintoppi. Abbinamenti azzeccati dalla cantina che conta 500 etichette selezionate dal sommelier Federico Maramao: se gli lascerete carta bianca, vi saprà far divertire anche con proposte inusuali dal Lazio. Ai dolci c’è la giovane Irene Tolomei, esperienze da Antonino Cannavacciuolo, ottima stoffa ed tanta voglia di crescere. Il dessert da provare è il Sottobosco che racconta l'autunno inoltrato, Visciola e ricotta, il Cremoso alla vaniglia con cuore confettura castagna confit di Cassia. Lato positivo, non si lascia spaventare nemmeno dalla cottura del soufflè al cioccolato, che spesso mette in difficoltà chi non conosce le basi.
Recensioni, segnalazioni e tendenze dal Buonpaese, firmate da tutti gli autori legati a Identità Golose
a cura di
giornalista professionista e critico enogastronomico, è docente di Antropologia del Cibo e food marketing all'Università di Milano e all'Università Cattolica. Studia da anni il valore simbolico del cibo nelle religioni e collabora con alcune delle più importanti testate del settore
Il logo della nuova apertura firmata Lo Iudice e Miocchi: Miao Miao Kebab
La Cacio e pepe senza cacio (ma buona uguale, anzi di più) di Uma, nuova insegna romana di Matteo Taccini e Luigi Senese