Un tempo si diceva che nella sala da pranzo chiamata Roma nulla cambiava mai. Sempre la stessa pappa. Lo stesso pigro tran tran, un pugno di ristoranti affidabili con chef storici e sotto le insegne turistiche, le trattorie, le pizzerie da sbarco (e da sbraco), allegra palude nella quale affondavano tutte le ambizioni di una ristorazione degna di una capitale. Oggi, al contrario, c’è quasi da smarrirsi di fronte alle tante novità, ai cambi di casacca, alle frotte di chef che arrivano a miracol mostrare. E questo al di là della cena del 30 maggio all’Open Colonna.
La più appetitosa novità della primavera è l’arrivo a Roma da Capri (passando per Montalcino) di Oliver Glowig, tedesco che si impadronisce della cucina dell’Aldrovandi Palace che già fu il Baby degli Iaccarino, tra Villa Borghese e i Parioli, tre chilometri in linea d’aria dall’illustre connazionale (parliamo di Heinz Beck, non di Joseph Ratzinger) con il quale disputerà un derby all’insegna – ci par di capire – del fair play. Anche a Roma Glowig declinerà la sua cucina di ispirazione campana, semplice ed equilibrata ma non per questo (o forse proprio per questo) di profonda classe.

Roy Caceres, promessa colombiana ora al Metamorfosi
Non lontano da Glowig, nel cuore dei Parioli, in via Antonelli, da qualche mese spignatta anche
Roy Caceres, il colombiano che tracima di chili e allegria: ennesima
Metamorfosi (così si chiama il ristorante) la sua, dopo l’indimenticabile esperienza della
Locanda Solarola nel bolognese e dopo il breve ma significativo acclimatamento laziale da
Pipero ad Albano. Ecco,
Alessandro Pipero: travagliata la storia recente del magnifico sommelier che fu di
Antonello Colonna. Ha chiuso la sua insegna eponima in quel di Albano, terra di cresimifici a tre cifre (in quanto a coperti), quando ha capito che lo standard della sua cucina superava di gran lunga l’occupancy dei coperti. Ed ecco quindi l’imminente apertura di un’insegna nel set metropolitano certamente più adeguato al talento e alle ambizioni di
Alessandro:
Pipero al Rex, in via Torino, zona Termini. Ai fornelli il virgulto
Luciano Monosilio.
Bilancio positivo per i primi mesi alla
Terrazza dell’
hotel Eden del giovane
Fabio Ciervo, che ha avuto l’ingrato compito di sostituire
Adriano Cavagnini. Quanto agli inquieti
Baldassarre, l’uno,
Fabio, ormai Roma l’ha salutata preferendo le alte quote di un grattacielo milanese; mentre
Adriano, ex
Tordo Matto di Zagarolo, ha trovato sede alla
Sibilla di Tivoli (ma ha cambiato ancora, e ora è al
Salotto Culinario, ci corregge prontamente un lettore,
ndr). Roma sembra essere anche nel destino di
Noda Kodaro, il giapponese di Viterbo che all’improvviso ha lasciato l’
Enoteca La Torre e
Luigi Picca, che lo ha sostituito prontamente con
Danilo Ciavattini, ex
Tassa ed ex
Pipero.

La Terrazza dell'Hotel Eden, ora nelle mani del cuoco Fabio Ciervo
Ha invece lasciato Roma
Enrico Pezzotti, dopo un paio di anni al rossissimo
Sin dell’
Aleph: è tornato a Rivodutri, dove tiene famiglia: non alla
Trota ormai lanciatissima con la gestione domestica dei
Serva brothers, ma nella più quieta
Tenuta Due Laghi. Scommettiamo che presto scalpiterà di nuovo? Ma la vera partita è quella della prossima apertura della sede romana di
Eataly al terminal Ostiense, pezzo di modernariato architettonico. Qui
Oscar Farinetti sfiderà la vicina
Città del Gusto, affidandosi a uno chef che i bene informati giurano sarà una star.
Fulvio Pierangelini?
Gianfranco Vissani?
Salvatore Tassa?
Anthony Genovese? O forse gli emergenti
Riccardo Di Giacinto o
Cristina Bowerman? Un totonomi più intricato di quello per la panchina della Roma e di questo quasi più appassionante per i romani. Vabbè, non esageriamo.