Classe 1989 da Renate, 4mila abitanti in Brianza; da un anno e mezzo è chef a La Locanda del Notaio di Pellio Intelvi, in una valle schiacciata tra Svizzera e lago di Como, dove ha saputo conferemare la stella Michelin che illumina il locale da sei anni, pur col cambio della guida in cucina (leggi anche: La nuova Locanda del Notaio). Questo è l’identikit di Edoardo Fumagalli, che rappresenterà l’Italia alla finalissima della S.Pellegrino Young Chef 2018, in programma nel prossimo giugno a Milano.

La giuria del premio presentato da Francesca Barberini
Ad affidargli il ruolo di alfiere tricolore è stato il responso della giuria alla finale italiana, un panel d’eccezione composto da
Cristina Bowerman (
Glass Hostaria, Roma),
Caterina Ceraudo (
Dattilo, Strongoli),
Carlo Cracco (
Cracco, Milano),
Loretta Fanella (consulente pasticciera e
Ristorante Borgo San Jacopo, Firenze),
Anthony Genovese (
Il Pagliaccio, Roma) e
Ciccio Sultano (Duomo, Ragusa Ibla). Il piatto di
Fumagalli,
Gambero carabiniere, animelle glassate, croccante alle alghe con insalatina aromatica, è stato preferito per un’incollatura a quello degli altri nove concorrenti. Leggi anche:
Edoardo Fumagalli vince la finale italiana di S.Pellegrino Young Chef.

Il piatto vincitore: Gambero carabiniere, animelle glassate, croccante alle alghe con insalatina aromatica
A
La Locanda del Notaio lo chef ha ricevuto il testimone da un altro giovane talento tricolore, quella
Sara Preceruti – ora a Porlezza, leggi anche:
Il nuovo inizio di Sara Preceruti - che nell’edizione 2014 della
Guida di Identità Golose era stata premiata come migliore chef donna.
Fumagalli è giunto in val d’Intelvi al termine di un percorso che l’ha portato spesso anche all’estero - a
Le Taillevent di Parigi, o al prestigioso
Daniel di New York, chef
Daniel Boulud - così come dal grande Maestro della cucina italiana,
Gualtiero Marchesi, al
Marchesino di Milano, quando chef era
Daniel Canzian.

Fumagalli (quello alto al centro) ai tempi de Le Taillevent di Parigi
«Ricordo come dieci anni fa, nell’attesa di iniziare con
Marchesi, per alcuni mesi andai anche a lavorare in una macelleria (e che macelleria! La
Motta di
Sergio Motta, a Inzago,
ndr)». Un’esperienza formativa che gli è tornata utilissima negli anni seguenti e anche ora, «il piatto che ho presentato per la
S.Pellegrino Young Chef deve molto a quanto ho appreso in quel periodo, come per l’utilizzo delle animelle». Poi la Francia ha ulteriormente affinato le sue competenze.
Mentore di
Fumagalli nel percorso che condurrà quest’ultimo alla finalissima sarà
Anthony Genovese, de
Il Pagliaccio di Roma. Ci racconta, al termine della competizione italiana: «Abbiamo visto alcuni errori, ma anche piatti davvero interessanti, specie quanto a cotture. Molti hanno utilizzato carni difficili. Alla fine tre erano i potenziali vincitori. Decretarne uno è stato complicato, la scelta ha voluto strizzare l’occhio all’internazionalità, perché il confronto a giugno sarà con giovani e bravi chef di tutto il mondo». E ora? «E ora abbiamo davanti alcuni mesi di lavoro. Il piatto di
Edoardo è già un ottimo punto di partenza, con una base classica che pensiamo di migliorare insieme in alcuni dettagli».
La carne – lo ha già accennato Genovese – è stata la vera protagonista di questa finale italiana. Tutti gli chef in competizione hanno presentato piatti che l’hanno vista come protagonista, spesso con un elemento d’acqua (come il gambero per Fumagalli) a far da contrappunto gustativo, «una scelta assai insidiosa, perché combinare terra e mare richiede molta maestria nella gestione degli equilibri, che sono difficilissimi», ha spiegato lo stesso Genovese. Fumagalli ci è riuscito meglio degli altri.