04-03-2024

Jaime Pesaque: Nuova Cucina Peruviana al Mayta di Lima (e, una sera, a Milano)

Lo chef, protagonista della rivoluzione gastronomica del Perù, è 10° nella 50Best latinoamericana, 47° al mondo. Il 9 marzo, in una cena da non perdere, porterà i sorprendenti prodotti e gli sfaccettati paesaggi del suo Paese a Identità Golose Milano

Jaime Pesaque, a sinistra, assieme al suo braccio

Jaime Pesaque, a sinistra, assieme al suo braccio destro Santiago Vidal. Lo chef peruviano del Mayta di Lima sarà protagonista a Milano, nei giorni di Identità Milano 2024: firmerà infatti la cena speciale di sabato 9 marzo, a Identità Golose Milano, per prenotarsi cliccare qui

Se oggi, chiacchierando del più e del meno con la gente comune, si chiede a un peruviano quale sia il problema più urgente del suo Paese, si riceveranno risposte diverse: corruzione, educazione, immigrazione clandestina (da Colombia e Venezuela)... Ma se gli si chiede quale sia invece l'orgoglio più grande, tutti - dal portiere dell’hotel, all’autista del taxi - risponderanno la comida, ossia il cibo.

Non è sempre stato così. Fino a una ventina di anni fa c’era la cucina tradizionale peruviana da un lato, e poi c’era l’alta cucina che scimmiottava le grandi tavole europee quanto a ingredienti e ricette. Questo nuovo orgoglio nazionale e la celebrazione di quello che da sempre è stato un patrimonio inestimabile del Paese (ma che solo negli ultimi 10-15 anni si è radicato nella coscienza dei suoi abitanti, grazie anche ai riconoscimenti internazionali), è il frutto di un lavoro condiviso e di una visione comune. La consapevolezza, tra gli esponenti di questa nuova tavola, della necessità di unire la voce e gli sforzi per raccontare l’identità peruviana, è ben riassunta nello slogan coniato da Gastón Acurio, uno dei padri nobili di questo movimento: “Antes compartir, después competir”, prima si condivide, poi si compete. Il risultato oggi è sotto gli occhi di tutti: il Perù e la sua cucina sono l’esempio vivente del fatto che un territorio si fa crescere tra diversi attori, remando assieme nella stessa direzione, per arrivare a un risultato di cui alla fine beneficiano tutti.

La sala del Mayta è bella, spaziosa e accogliente, decorata da piante della selva amazzonica. Mayta significa “terra nobile” in lingua aymarà. Nobile, generosa e multi-sfaccettata. La sua dispensa è sorprendente, il racconto che ne fa Pesaque è un viaggio lungo la costa, la selva amazzonica, gli altipiani andini, i fiumi e dentro le cucine popolari e le ricette tradizionali e ancestrali. Il tutto chiaramente reinterpretato in chiave d’autore

La sala del Mayta è bella, spaziosa e accogliente, decorata da piante della selva amazzonica. Mayta significa “terra nobile” in lingua aymarà. Nobile, generosa e multi-sfaccettata. La sua dispensa è sorprendente, il racconto che ne fa Pesaque è un viaggio lungo la costa, la selva amazzonica, gli altipiani andini, i fiumi e dentro le cucine popolari e le ricette tradizionali e ancestrali. Il tutto chiaramente reinterpretato in chiave d’autore

Dettagli della sala

Dettagli della sala

Il ristorante che Jaime Pesaque ha aperto a Lima nel 2008 ha compiuto 15 anni. Pesaque, nel ripercorrere il cammino percorso fino a qui - con un cambio di sede nel mezzo: oggi il locale si trova a Miraflores, il quartiere cosmopolita di Lima che si affaccia sull’Oceano Pacifico –, ricorda gli inizi non proprio promettenti. «Nei primi cinque anni siamo falliti cinque volte - ricorda oggi con un sorriso - Mayta non era ancora quello che è oggi, non proponevamo neppure una cucina tradizionale peruviana, i piatti erano ispirati alla cucina tipica ma con un’interpretazione originale a cui il pubblico locale, allora la parte più consistente dei nostri ospiti, non era abituato. Assieme a noi, altre insegne hanno iniziato a fare un discorso simile, ognuno secondo la sua personale interpretazione e, poco alla volta, la sensibilità del pubblico è cambiata».

Se facciamo un leggero zoom out, allargando lo sguardo sulla scena culinaria limeña di quegli anni, vediamo affacciarsi le premesse di quella che oggi è una delle piazze gastronomiche più interessanti al mondo: proprio nello stesso momento, assieme a Mayta, aprivano le loro porte Central (2008) e Maido (2009), i due ristoranti che oggi svettano nelle liste delle 50Best mondiale e latinoamericana (Virgilio Martinez è il numero 1 con il suo Central per il World’s 50 Best; Mitsuharu Tsumura, "Micha" per gli amici, è il numero 1 col suo Maido nella 50 Best latinoamericana). Erano i primi passi dei principali esponenti della Nuova Cucina Peruviana, come l’ha definita lo stesso Jaime durante la nostra chiacchierata. Un discorso collettivo, a più voci, con un comune sentire e un condiviso cambio di prospettiva, per raccontare l’incredibile ricchezza di prodotti che offre il Paese, la sua biodiversità, gli innumerevoli ecosistemi e le sue tradizioni gastronomiche.

Jaime Pesaque, peruviano di Lima, classe 1979. Oltre ad essere uno chef talentuoso ha anche una vena imprenditoriale molto prolifica. Quanti ristoratori conoscete che abbiano avviato una nuova attività nei primissimi mesi della pandemia? Lui lo ha fatto, aprendo Mad Burger, come dark kitchen ovviamente, e cioè solo per il delivery, a maggio 2020 (Il 10 marzo il Perù era andato in lockdown). Questa hamburgueseria, che durante l’emergenza ha pagato una buona parte degli stupendi degli impiegati di Jaime Pesaque Restaurantes, oggi conta tre sedi a Lima. Oltre a Mad Burger, Jaime ha aperto a Lima anche 500 grados (due forni a legna, 500 Celsius per le pizze e i panificati, 500 Fahrenheit per le proteine e i vegetali); Sapiens (diversi modelli di parillas, a seconda del prodotto, differente tipo di combustione - legno, carbone, tutolo ossìa il torsolo della pannocchia di mais). Ha studiato all’istituto Cordon Bleu di Lima e ha svolto un Master presso l’ICIF - Italian Culinary Institute for Foreigners di Costigliole d’Asti. Si è formato lavorando in diverse cucine tra Italia e Spagna, quali Vitello d’Oro (Udine) e El Celler de Can Roca. Ha avuto la consulenza di tre ristoranti Pacifico in Italia per 7 anni (Milano, Roma, Porto Cervo)

Jaime Pesaque, peruviano di Lima, classe 1979. Oltre ad essere uno chef talentuoso ha anche una vena imprenditoriale molto prolifica. Quanti ristoratori conoscete che abbiano avviato una nuova attività nei primissimi mesi della pandemia? Lui lo ha fatto, aprendo Mad Burger, come dark kitchen ovviamente, e cioè solo per il delivery, a maggio 2020 (Il 10 marzo il Perù era andato in lockdown). Questa hamburgueseria, che durante l’emergenza ha pagato una buona parte degli stupendi degli impiegati di Jaime Pesaque Restaurantes, oggi conta tre sedi a Lima. Oltre a Mad Burger, Jaime ha aperto a Lima anche 500 grados (due forni a legna, 500 Celsius per le pizze e i panificati, 500 Fahrenheit per le proteine e i vegetali); Sapiens (diversi modelli di parillas, a seconda del prodotto, differente tipo di combustione - legno, carbone, tutolo ossìa il torsolo della pannocchia di mais). Ha studiato all’istituto Cordon Bleu di Lima e ha svolto un Master presso l’ICIF - Italian Culinary Institute for Foreigners di Costigliole d’Asti. Si è formato lavorando in diverse cucine tra Italia e Spagna, quali Vitello d’Oro (Udine) e El Celler de Can Roca. Ha avuto la consulenza di tre ristoranti Pacifico in Italia per 7 anni (Milano, Roma, Porto Cervo)

Quello che è avvenuto negli ultimi 15 anni in Perù, infatti, è stata una sorta di rivoluzione “introspettiva”, per così dire, dell’alta cucina peruviana. Ossia: si è smesso di guardare alle grandi cucine europee e ai loro ingredienti per volgere l'attenzione all’interno dei propri confini, iniziando a esplorare, valorizzare ed esaltare l’immensa dispensa di prodotti locali custoditi negli sfaccettati paesaggi della costa, della selva, degli altipiani, dell’Amazzonia e della Cordigliera. "Un riassunto di mondo in un foglio accartocciato”, secondo l’immagine che raccolse il nostro Gabriele Zanatta intervistando Virgilio Martinez. Questo cambio di prospettiva significava smettere di usare prosciutto italiano, foie gras, caviale, tartufo - che non raccontavano nulla dell’identità gastronomica peruviana - semplicemente perché non aveva senso farlo, e iniziare invece a raccontare le ricette più tradizionali, le usanze culinarie locali e soprattutto i paesaggi che compongono il Paese, catalogando e valorizzando la sua dispensa. Lavoro e percorso ancora in atto di cui per esempio Malena Martinez, sorella di Virgilio e relatrice durante il prossimo congresso, è una delle principali esponenti (assieme al fratello e alla cognata Pia León).

Un altro esponente di questo movimento, è appunto Jaime Pesaque. La cucina che propone nel suo Mayta (“terra nobile” nella lingua aymarà) è un godibilissimo e brillante esempio della Nuova Cucina Peruviana

I suoi piatti (che si potranno assaggiare il prossimo 9 di marzo, a Identità Golose Milano, per prenotarsi clicca qui), raccontano i paesaggi peruviani, i sorprendenti prodotti che custodiscono, il patrimonio di biodiversità e le ricette della cultura gastronomica tradizionale, in chiave d’autore, con talento e creatività. Partendo da ingredienti della tradizione popolare e ancestrale come tuberi, zucca, pomodori (sono nativi di queste regioni, come avevamo raccontato qui), erbe spontanee, pesci di fiume, bacche dell’Amazzonia e tecniche di preparazione millenarie, Jaime elabora assaggi, oltre che esteticamente bellissimi, dai sapori inediti che racchiudono un ventaglio sorprendente di sapori, aromi, complessità, sfumature.

Loche, macre, huacatay, ají amarillo. Piatto stupendo

Loche, macre, huacatay, ají amarillo. Piatto stupendo

Un esempio? Un piatto classico della cucina familiare e domestica del Perù è la zuppa di zucca (zapallo): locro de zapallo o sopa de zapallo loche. Interpretato da Pesaque diventa Loche, macre, huacatay, ají amarillo. Lochemacre sono due tipi di zucca, frutto della terra latinoamericana che a queste latitudini si declina in decine di colori, taglie, sapori. Il huacatay è una erba aromatica che cresce lungo la costa, nella selva, e negli altipiani. Il piatto è condito con ajì amarillo (peperoncino giallo) e uchucuta (una tradizionale crema piccante a base di rocoto - Capsicum pubescens: nativo del Sud America, diffuso prevalentemente in Perù e Bolivia, già coltivato oltre 5000 anni fa, cresce sulle Ande ad altitudini elevate, tra i 1500 e i 2900 metri, è una specie di peperoncino - e un brodo cremoso di sette erbe aromatiche andine. Il ventaglio di sapori che si apre nel palato all’assaggio è difficilmente descrivibile. Gli spaghetti di zucca vanno mangiati come una pasta, arrotolandoli attorno alla forchetta in questo sugo multicolore e multisfaccettato, proprio come i paesaggi peruviani.

Moraya o tunta negra, uno dei sorprendenti assaggi dolci, servito su un vassoio di tuntas negras

Moraya o tunta negra, uno dei sorprendenti assaggi dolci, servito su un vassoio di tuntas negras

E ancora, tra gli assaggi dolci: Moraya. La moraya (o chuño o tunta) ​è un vocabolo originario delle Ande centrali e indica il risultato della disidratazione delle patate o di altri tuberi d’altura mediante l’esposizione alle notti gelide delle altezze andine, prima, e poi al sole. Un classico piatto della cultura andina peruviana è costituito dalla tunta negra con uchucuta (di nuovo: una tradizionale salsa piccante a base di rocoto). Pesaque prende questo boccone tradizionale e millenario e lo trasforma in uno degli assaggi dolci del suo menu: la tunta negra (o moraya) diventa una specie di mochi andino (lo chef riesce a infilare in questo assaggio perfetto e multistrato anche un riferimento alla fortissima influenza giapponese nella cucina locale) composto della stessa moraya o tunta negra (ossia patata liofilizzata), ripieno con una crema di huacatay, una erba aromatica che cresce nella selva, nelle montagne e lungo le coste del Perù. Sopra questa “tunta”, a riprodurre la uchucuta: un miele andino con huacaty e chincho (altra erba andina).

Come si può capire, si tratta di un vero e proprio viaggio per il Perù, con le sue cucine, i suoi paesaggi, i suoi sapori, le sue tradizioni culinarie e i suoi prodotti. Nota a margine: totale approvazione e plauso per la scelta di eliminare al Mayta la tovaglia bianca, retaggio - inutile, noiosissimo, banale e anti-ecologico (nell’opinione di chi scrive) - di un’altra epoca. Non si tratta di abbattere costi, al contrario: eliminare la copertura bianca implica una maggiore attenzione verso la qualità del materiale, come in questo caso. I tavoli di Mayta sono realizzati con una bellissima pietra di fiume e sono coerenti con tutta l’immagine e la filosofia del ristorante.

Nella gallery questi ed altri assaggi del menu di Mayta (che prevede 12 passi), a Lima. Esperienza che è stata una delle nostre migliori in Latinoamerica, negli ultimi anni. Ora una sua sintesi approda anche a Milano.

Uno degli assaggi della portata Tubérculos (tuberi e radici). Mashua (un tubero originario della zona delle Ande centrali) nella base, crema di papas ocas (ossalide tuberosa), patate ocas in conserva, la conserva è a base di ayrampo (il seme del fico d’India, che nella medicina tradizionale, in infusione, si usa per abbassare la febbre). Il primo passo del menu è abbinato a un sorprendente “vino” de papas ocas fermentato utilizzando lieviti selezionati dello Champagne

Uno degli assaggi della portata Tubérculos (tuberi e radici). Mashua (un tubero originario della zona delle Ande centrali) nella base, crema di papas ocas (ossalide tuberosa), patate ocas in conserva, la conserva è a base di ayrampo (il seme del fico d’India, che nella medicina tradizionale, in infusione, si usa per abbassare la febbre). Il primo passo del menu è abbinato a un sorprendente “vino” de papas ocas fermentato utilizzando lieviti selezionati dello Champagne

Dal passo dedicato all'oceano: Molluschi, cannolicchi, granchio, vongole, alga codium. A sinistera: mollusco della riserva naturale di Paracas in emulsione citrica. È bagnato in un corallo seccato al sole ed è coperto di bottarga grattugiata. A destra: corallo di mollusco con purè di fave e diverse consistenze di fave

Dal passo dedicato all'oceano: Molluschi, cannolicchi, granchio, vongole, alga codium. A sinistera: mollusco della riserva naturale di Paracas in emulsione citrica. È bagnato in un corallo seccato al sole ed è coperto di bottarga grattugiata. A destra: corallo di mollusco con purè di fave e diverse consistenze di fave

Pomodoro, noci pecan, mela. Pescando a piene mani dal deserto costiero del Perù. Pomodori, spuma citrica, consommé di mele del deserto, gocce di olio delle foglie del pomodoro. Il cracker è realizzato con gli scarti (bucce) della lavorazione di questo piatto di mele e pomodori. La dolcezza è piacevolissima, e controbilanciata dalla sua acidità, ma borderline: il clima del deserto concentra lo zucchero. Sapore riequilibrato dalla sapidità della galletta croccante

Pomodoro, noci pecan, mela. Pescando a piene mani dal deserto costiero del Perù. Pomodori, spuma citrica, consommé di mele del deserto, gocce di olio delle foglie del pomodoro. Il cracker è realizzato con gli scarti (bucce) della lavorazione di questo piatto di mele e pomodori. La dolcezza è piacevolissima, e controbilanciata dalla sua acidità, ma borderline: il clima del deserto concentra lo zucchero. Sapore riequilibrato dalla sapidità della galletta croccante

Paiche, carachama, gamitana, tucupì. Sono tutti pesci di fiumi della foresta pluviale. Nel dettaglio a destra: una specie di polpetta con amido di manioca, cenere della buccia della manioca, soffritto amazzonico e prosciutto di carachama

Paiche, carachama, gamitana, tucupì. Sono tutti pesci di fiumi della foresta pluviale. Nel dettaglio a destra: una specie di polpetta con amido di manioca, cenere della buccia della manioca, soffritto amazzonico e prosciutto di carachama

Un piatto strepitoso, che racconta gli altipiani andini, servito su un vassoio di tuberi e all’interno di una papa andina o peruanita. Alpaca, diversi tipi di patate andine, diversi tipi di peperoncino, consommé di erbe aromatiche di altura (chincho, paico, huacatay); quello che sembra caviale è un’alga sferica che cresce nei laghi in alta quota. La calotta del tubero in cui è servito questo piatto contiene uchucuta di rocoto (si veda l’ultimo paragrafo dell’articolo per la descrizione dell’uchucuta) con formaggio fresco, da degustare intercalando i due assaggi

Un piatto strepitoso, che racconta gli altipiani andini, servito su un vassoio di tuberi e all’interno di una papa andina o peruanita. Alpaca, diversi tipi di patate andine, diversi tipi di peperoncino, consommé di erbe aromatiche di altura (chincho, paico, huacatay); quello che sembra caviale è un’alga sferica che cresce nei laghi in alta quota. La calotta del tubero in cui è servito questo piatto contiene uchucuta di rocoto (si veda l’ultimo paragrafo dell’articolo per la descrizione dell’uchucuta) con formaggio fresco, da degustare intercalando i due assaggi

Camu camu, miel melipona, copoazù, macambo. Un dessert ispirato all’Amazzonia peruviana. Un cristallo di camu camu (la Myrciaria dubia, comunemente nota come camu camu, è un arbusto appartenente alla famiglia delle Myrtaceae, endemico della foresta amazzonica e ricchissimo in vitamin C – ne contiene il triplo di un’arancia), all’interno una spuma di camu camu, puré di limone, macambo (ossia il seme del pataste, un frutto molto simile al cacao) garrapiñado (ossia ricoperto di caramello cristallizzato; la garrapiñada è un tipico snack delle strade sudamericane dove invece del macambo si utlizzano mandorle o noccioline). Nel cucchiaio un miele amazzonico con petali di fiori: è il miele melipona, raro e pregiato, considerato medicinale in molte comunità, prodotto dalle api melipona già allevate dai Maya. Si rompe il cristallo e ci versa il miele sul dessert. Rinfrescante e delizioso. E con un abbinamento analcolico perfetto: bollicine di camu camu, a partire da una infusione fatta con la sua stessa buccia

Camu camu, miel melipona, copoazù, macambo. Un dessert ispirato all’Amazzonia peruviana. Un cristallo di camu camu (la Myrciaria dubia, comunemente nota come camu camu, è un arbusto appartenente alla famiglia delle Myrtaceae, endemico della foresta amazzonica e ricchissimo in vitamin C – ne contiene il triplo di un’arancia), all’interno una spuma di camu camu, puré di limone, macambo (ossia il seme del pataste, un frutto molto simile al cacao) garrapiñado (ossia ricoperto di caramello cristallizzato; la garrapiñada è un tipico snack delle strade sudamericane dove invece del macambo si utlizzano mandorle o noccioline). Nel cucchiaio un miele amazzonico con petali di fiori: è il miele melipona, raro e pregiato, considerato medicinale in molte comunità, prodotto dalle api melipona già allevate dai Maya. Si rompe il cristallo e ci versa il miele sul dessert. Rinfrescante e delizioso. E con un abbinamento analcolico perfetto: bollicine di camu camu, a partire da una infusione fatta con la sua stessa buccia

Menzione speciale per il bel pairing composto da Walter Salazar Gonzaga. Quello alcolico prevede due proposte. Una coi vini della regione (Cile, Argentina, Perù, Uruguay…) e una che spazia nella produzione vinicola di Vecchio e Nuovo Mondo. Abbiamo scelto la seconda. A destra: c’è anche dell’Italia negli assaggi vinosi, ovviamente

Menzione speciale per il bel pairing composto da Walter Salazar Gonzaga. Quello alcolico prevede due proposte. Una coi vini della regione (Cile, Argentina, Perù, Uruguay…) e una che spazia nella produzione vinicola di Vecchio e Nuovo Mondo. Abbiamo scelto la seconda. A destra: c’è anche dell’Italia negli assaggi vinosi, ovviamente

Altra gran menzione speciale per il fenomenale pairing non alcolico, elaborato da Jhonatan Alvarez, che meriterebbe un articolo a parte. La barra di Mayta conta con il proprio alambicco per elaborare distillati, a partire dai quali Jhonatan crea cocktail. I mocktail, i succhi e le infusioni che propone rappresentano uno degli abbinamenti non alcolici meglio riusciti che abbiamo provato

Altra gran menzione speciale per il fenomenale pairing non alcolico, elaborato da Jhonatan Alvarez, che meriterebbe un articolo a parte. La barra di Mayta conta con il proprio alambicco per elaborare distillati, a partire dai quali Jhonatan crea cocktail. I mocktail, i succhi e le infusioni che propone rappresentano uno degli abbinamenti non alcolici meglio riusciti che abbiamo provato

Una piccola parte della brigata assieme a Jaime (tra sala e cucina a Mayta lavorano 74 persone)

Una piccola parte della brigata assieme a Jaime (tra sala e cucina a Mayta lavorano 74 persone)

A sinistrea: mais nei mercati di Lima. A destra: mais sulle tavole di Mayta

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I vini del menu degustazione

I vini del menu degustazione


Identità Golose Milano

Racconti, storie e immagini dal primo Hub Internazionale della Gastronomia, in via Romagnosi 3 a Milano

a cura di

Giovanna Abrami

nata a Milano da madre altoatesina e padre croato cresciuto a Trieste. Ha scritto (tra gli altri per Diario e Agrisole) e tradotto (tra le altre cose: La scienza in cucina di Pellegrino Artusi) per tre anni dall’Argentina dove è tornata da poco, dopo aver vissuto tra Cile, Guatemala e Sicilia. Da Buenos Aires collabora con Identità Golose e 7Canibales

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