È arrivato a Identità Golose Milano portando con sé la sua storia, l'evoluzione della sua cucina, oltre che i sapori della Sicilia, Accursio Craparo, chef che da gennaio 2025 ha dato una svolta sostanziale all'identità gastronomica della sua insegna principale a Modica. La serata del 14 maggio ha rappresentato perfettamente questo nuovo capitolo, con un menu di grande golosità, grazie a piatti che raccontano la memoria e le radici, senza rinunciare alla tecnica e alla conoscenza profonda degli ingredienti.
La storia di Craparo è emblematica di un percorso di crescita continua: dopo dieci anni di successi con il suo ristorante di cucina d'autore Accursio, con cui ha conquistato una stella Michelin, ha deciso di concentrarsi su Radici - L'Osteria di Accursio, aperta nel 2019. Un luogo dove porta in tavola, come dice lui stesso, «un cammino a ritroso, verso quei piatti e quelle pietanze che hanno segnato il mio immaginario gastronomico». Una decisione che non rappresenta un passo indietro, ma l'evoluzione naturale di un pensiero culinario, e di ristorazione, maturo e consapevole.
Craparo è conosciuto per la sua capacità di unire diverse anime della Sicilia: quella marina di Sciacca, sua città natale, e quella più terrigna della Val di Noto, dove si è stabilito. Una visione a 360 gradi che abbraccia tutta l'isola e guarda anche oltre i suoi confini, come ci ha raccontato nell'intervista che segue.
Quando nel 2019 hai aperto Radici, avresti mai pensato che un giorno potesse diventare la tua principale occupazione?
Radici è nato da un'esigenza concreta: tanti ospiti ci chiedevano di poter mangiare un semplice piatto di pasta, le polpette, piatti immediati, di conforto. Mi sono sentito in dovere di affiancare al ristorante gastronomico un'osteria dove proporre quei piatti che parlano direttamente al cuore. Da lì per me è stata una scoperta straordinaria. Provavo emozioni fortissime, perché ho rivissuto il passato, i ricordi, la cucina di casa, la cucina della nonna, toccandola con mano. C'è una grande differenza tra pensare a un piatto e realizzarlo: quando lo fai, ti immergi completamente e provi quelle emozioni che ti scorrono sottopelle. E così, già dopo il primo anno, anche Accursio Ristorante ha iniziato a cambiare. Continuavo a raccontare l'alta cucina, ma con gli stessi gesti e le stesse emozioni del piatto di casa, naturalmente potendo contare sulla tecnica e su un palato raffinato.
C'è stata quindi una graduale convergenza tra i due locali...
Esattamente. La cucina di Radici oggi è proiettata nel futuro, dove quelli che potrebbero sembrare "difetti", diventano pregi. Ad esempio: una fetta di carne che non ha quella precisione maniacale dell'alta cucina, che ha una parte più sottile e una più spessa, ma questo limite diventa una qualità: la parte più sottile forma una crosta croccante, mentre quella più spessa rimane succulenta all'interno. Si creano più contrasti, più sensazioni che, amalgamandosi, aumentano l'armonia del piatto. Lo stesso vale per i bordi leggermente bruciacchiati della pasta fritta: una parte più caramellata, un'altra più morbida e dolce. Queste imperfezioni sono la firma di un lavoro artigianale originale, che per me rappresenta il futuro di Radici.

Avevi un ristorante che si chiamava come te. Ora c'è Radici. In questa evoluzione c'è anche la necessità di fare un passo indietro rispetto al voler raccontare se stessi, la propria creatività, e quindi anche un pezzo del proprio ego?
Non credo, o magari non riesco a vederlo io, di aver fatto un passo indietro. Mi sento invece pronto, con coraggio, ad affermare sempre di più il mio modo di essere. Non è che raccontiamo la materia prima e io,
Accursio, mi sono messo da parte, ma racconto me stesso senza vergognarmi di essere italiano. A un certo punto mi sono chiesto perché per diversi anni abbiamo osservato cosa fanno i francesi, cosa fanno gli altri... È arrivato il momento, con tutte queste conoscenze ed esperienze, di tornare a casa propria e raccontarsi senza paure e senza sentirsi giudicato. Raccontare se stessi.
Quindi è una scelta consapevole e matura...
Dopo circa tre anni di riflessioni, i tempi erano maturi per questo cambiamento. Non è cambiato nulla nella sostanza, è cambiato il modo di raccontarsi. Semplificare non significa fare un passo indietro, non significa rinunciare alla stella. È semplicemente la voglia di raccontarsi con un nuovo linguaggio, di cambiare. Bisogna evolversi in qualche modo, se vogliamo continuare ad avanzare nella giusta direzione. Per me non vuol dire mettere da parte il nome Accursio e lasciare spazio solamente alla materia prima. Al contrario, in questo caso c'è più Accursio rispetto a prima.
Quello che spesso si scrive di te, capita anche noi, è che sei un cuoco che sa raccontare due anime della Sicilia, da Sciacca alla Val di Noto. Ora che lavori sulle "radici", quali sono quelle più importanti per te?
Oggi la Sicilia la osservo dall'alto, a 360 gradi. Non c'è solamente Sciacca, non c'è solamente Modica, ma c'è un territorio che, vivendolo da vent'anni, ho modo di conoscere sempre meglio, scoprendo scorci nuovi, respirando la natura incontaminata dall'uomo, la brezza, che sia marina, di collina o di montagna. Le nostre idee di cucina possono nascere anche grazie alla conoscenza di una persona, non necessariamente da una materia prima o da una tradizione. Quindi oggi per me raccontare la Sicilia non è limitarsi a un pezzettino di territorio, ma raccontarsi tramite la Sicilia andando oltre i confini del già conosciuto. Siamo responsabili di questo patrimonio, dobbiamo prendercene cura, ma anche arricchirlo ancora di più.
Il menu proposto da Accursio Craparo a Identità Golose Milano ha rappresentato perfettamente questa filosofia: un percorso di cinque portate che ha saputo raccontare la Sicilia in modo autentico e contemporaneo. Di seguito, i piatti che abbiamo assaggiato, raccontati dallo chef stesso.
Arancinetto zafferano, limone e ricotta
L'arancinetto è un tuffo nel sole, nei colori, nella luce e in questa spezia elegantissima che è lo zafferano, che in Sicilia ormai ha preso piede. Ci sono tanti produttori e, se facciamo anche un passo indietro, la storia già racconta di queste tradizioni legate agli arabi. L'arancino rappresenta la luce di quest'isola.
Polpette di pane in zuppa di gazpacho
Anche qui un piatto antico, la cucina di recupero, quando non si buttava nulla e l'esigenza di utilizzare tutto degli ingredienti, ha fatto arricchire ancora di più i piatti della tradizione. Tanti piatti sono nati appunto dall'esigenza di consumare i resti del giorno prima, di non sprecare nulla.
Maccheroncini alla carbonara di mare e asparagi
Questa carbonara di mare è un modo per celebrare il quinto quarto di mare, di pesce. Solo in questo periodo, tra maggio e giugno, quando i pesci vengono a deporre le uova nel Mediterraneo, sono più grassi, più ricchi di uova, con un fegato abbondante. È un modo per valorizzare questi ingredienti prelibati, qualcosa che non si può assolutamente scartare perché ha un grandissimo valore gustativo. Bisogna conoscere cosa ci sta dietro un prodotto, avere la capacità di ascoltarlo e di conseguenza raccontare piatti nuovi che solo in questo periodo possiamo proporre.
Porchetta alla brace, melanzana e salmoriglio
La porchetta è un salto in campagna, un salto nella cucina di terra. Anche qui, un piatto povero: la pancia di maiale è un taglio che ti porta alla mente la condivisione di una festa in campagna, di una grigliata. Ecco quindi una pancetta arrotolata ricca di erbe, con la melanzana e il finocchietto selvatico a regalare profumi, colori e armonie che sono un valore aggiunto per una carne così deliziosa.
Creme alla carruba caramellata, mandorla e caffè
La carruba è un grande prodotto che identifica un territorio. È senso di responsabilità utilizzare il frutto di questa pianta, che fa parte della nostra macchia mediterranea e che un tempo era considerata il cacao dei poveri. È una pianta che non ha bisogno di acqua e ha una capacità di purificare l'aria come poche altre. Il frutto ha un sapore in purezza che richiede conoscenza e lavoro, infatti la carruba può dare un po' di fastidio per il suo profumo e il suo sapore così carico, così prepotente. Per me era importante estrarre invece l'anima dolce, sincera, elegante di questo frutto. Ho pensato di immergere le bacche nella panna, perché ha la capacità di assorbire la parte più elegante dell'aroma di un frutto. E così nasce la crema cotta alla carruba accompagnata poi con il sorbetto di caffè e questo biscotto sbriciolato, che è crumble a base di grano duro bruciato del
Molino Angelica.