È arrivato a Identità Golose Milano con l'emozione di chi torna in un luogo pieno di ricordi, Christian Milone, chef della Trattoria Zappatori di Pinerolo. «Tornare a Milano per me significa fare un salto indietro di dieci anni», ha raccontato alla fine della cena che lo ha visto protagonista all'Hub. Un ritorno che ha il sapore di una rinascita, dopo l'incidente del 6 giugno 2022 (venne investito da un'auto, mentre era sulla sua amata bicicletta) che ha segnato profondamente la sua vita e il suo approccio alla cucina.
La serata del 22 maggio infatti ha rappresentato molto più di una semplice cena: è stato il primo evento pubblico di Milone dopo quell'incidente che poteva costargli la vita e che gli ha richiesto tempo e sacrifici per ritornare alla vita di un tempo. «Oggi mi sono preso due ore e mezza nel pomeriggio per girare in centro - ha raccontato - mi ha fatto ricordare quando, dieci anni fa, ho lavorato qui ed ero ancora quasi un ragazzo. È stato bellissimo».
Il menu proposto per l'occasione non è stato una dimostrazione di virtuosismo tecnico fine a se stesso, ma piuttosto una dichiarazione d'intenti: reinterpretare il Piemonte attraverso gli occhi di chi ha oggi una prospettiva completamente nuova, sul proprio lavoro e sulla propria vita. E nella nostra chiacchiera con Christian Milone siamo partiti proprio da qui, da come la sua visione della cucina sia cambiata in questi anni.

Il momento della firma: tutti gli chef ospiti che passano da Via Romagnosi, lasciano il proprio autografo
«È cambiato tutto - ci ha detto senza esitare -. La percezione che ho è di essere rinato. Un incidente del genere può ucciderti, ma puoi anche sopravvivere. E quando sopravvivi dopo un trauma così grave, diventi un'altra persona. Non hai più la stessa prospettiva sulla vita che avevi prima. Quello che mi interessa ora è che rimanga sempre una sensazione di piacevolezza in chi mangia le mie preparazioni, questa per me è la cosa fondamentale. Nel mio futuro penso che sempre di più cercherò di interpretare piatti fatti con materie prime quasi banali, presentandole però con lo sguardo di uno chef che ha ancora coraggio, che le mostra sotto punti di vista inediti, cercando una lettura diversa. Proponiamouna nuova interpretazione del Piemonte, e farlo oggi, qui, a Milano, rappresenta per me un punto di ri-partenza davvero importante».
In fondo, già prima dell'incidente avevi iniziato un percorso di ripresa dei grandi classici, concentrandoti sulle materie prime e sull'autoproduzione. C'è una linea di continuità in questo senso, nella tua evoluzione?
Assolutamente sì. Come un compositore che ha sempre a che fare con il proprio strumento musicale, io sono sempre lo stesso strumento di prima. Solo che ora lo interpreto in modo leggermente diverso. Non è che prima suonavo la chitarra e adesso mi sono messo a suonare il sassofono: la chitarra la suono ancora, ma con una prospettiva differente. L'incidente ti spegne e il rischio concreto è che tu non ti riaccenda più. Sono stato estremamente fortunato: mi sono riacceso e sono tornato a fare il mio lavoro. Questo nonostante sia stato scalciato da molti, dimenticato da quasi tutti. Ho percepito un disinteresse completo da parte di un settore che sentivo mio e questo mi ha messo molto in difficoltà. Però ho dimostrato di essere ancora il vecchio Christian che, con una determinazione fuori dal comune, riesce a riportarsi in linea. È quello che mi ha insegnato il ciclismo: quando sei in difficoltà, abbassi la testa e vai avanti, se fai fatica, abbassi la testa e continui. Questo mi ha permesso di ripartire.

L'esperienza dell'incidente dici che ti ha cambiato anche come persona, non solo come professionista...
Gli incidenti capitano - non lo auguro a nessuno - ma ti insegnano molto. Ti fanno capire come pensi di avere tutto sotto controllo e poi invece ti ritrovi completamente cancellato. Sono stato settimane, se non mesi, in ospedale a guardare il soffitto. La cosa incredibile è che mi stupivo di non avere quel nervosismo, quella fretta di dire "fatemi andare via, devo tornare a casa, ho mille cose da fare". Invece guardavo il soffitto e pensavo "wow, che bello!". Mi chiedevo come fosse possibile che stessi lì senza fare niente e mi bastasse, quando prima giravo per tutto il mondo e mi mancava sempre qualcosa. Non so se sia l'esperienza che si vive ogni volta che qualcunoi rischia di morire, ma so che mi ha profondamente cambiato la prospettiva. E non riesco più ad arrabbiarmi. Me lo dicono tutte le persone che mi hanno conosciuto prima: "Ma quando ti incazzi?". E io rispondo semplicemente: "Come faccio? Io sono vivo, di cosa dovrei arrabbiarmi?". Mi basta questo. Oggi mi va bene, domani magari andrà un po' peggio, ma guarderò il soffitto e dirò: "Ci sei ancora". Questa è la lezione che vorrei condividere, anche se sembra non avere nulla a che fare con la cucina: impariamo a godere anche delle esperienze imperfette. Puoi perdere trenta volte, sessanta volte, non importa. L'importante è continuare a vivere, continuare a credere in quello che ti dà soddisfazione.

Un'immagine della sala della Trattoria Zappatori a Pinerolo
Cosa vuoi fare con la Trattoria Zappatori nel prossimo futuro?
Voglio completare il percorso di crescita che avevo iniziato un anno e mezzo prima dell'incidente. La mia vita, come quella da ciclista, è come un giro a tappe. Quando ho conquistato la stella Michelin e i primi riconoscimenti, ho raggiunto una tappa. Ora ne ho un'altra da raggiungere e sto ancora pedalando verso quella meta. Il mio obiettivo è lasciare qualcosa di concreto, un ricordo. Quando non ci sarò più, voglio che rimanga un legame forte con quello che è stato il mio lavoro, la mia storia. Credo di poterlo fare trasmettendo il giusto approccio ai ragazzi che vengono a lavorare da me, dando loro fiducia e motivazione. E poi c'è l'ambizione di raggiungere un risultato che nella mia zona non è mai stato ottenuto: la seconda stella Michelin. Non è una questione di ego, è il raggiungimento di un'altra tappa. Voglio regalare questa soddisfazione anche ai miei genitori, perché se lo meritano. Dopo la prima stella, mia mamma se n'è andata. Mio papà ora ha un'età in cui lo vedo paradossalmente ringiovanire - e quando uno ringiovanisce è perché ha iniziato l'ultima parte del viaggio. Mi piacerebbe dargli questa gioia, farlo stare sereno sapendo che si è affidato a un figlio che sa dove sta andando.
Il menu presentato a Identità Golose Milano ha raccontato perfettamente questa filosofia di rinascita attraverso la tradizione. Ogni piatto è stato un dialogo tra passato e presente, tra memoria e creatività. Di seguito, le creazioni di Milone raccontate con le sue stesse parole.
Tartare di Fassona con salsa bernese al grasso di bistecca
«È la giusta via di mezzo tra la carne cruda e quello che si percepisce in una carne cotta. L'idea è mettere il cliente in difficoltà, farlo oscillare tra l'essere convinto di mangiare una carne cruda e il sentirsi certo, il boccone dopo, di gustare una carne al barbecue, per poi ritornare alla sensazione iniziale. Provo a unire il crudo con il barbecue a livello gustativo, omaggiando anche la tradizione francese della salsa bernese. Ho sostituito il burro tradizionale con il grasso di bistecca cotta al barbecue. Montando questa bernese particolare nasce un gusto che ti lascia sempre nel dubbio: cosa sto realmente mangiando?»
Risotto Carnaroli mantecato al "bagnetto verde" e nocciole tonde e gentili di Langa
«È un omaggio ironico a un piatto che è il padre di tutti i piatti piemontesi: le acciughe al verde. Un piatto talmente semplice e popolare che lo trovavi ovunque - nei bar, la mattina, il pomeriggio, mentre giocavi a carte. Ho voluto trasferire quel sapore iconico su un risotto, creando la percezione di gustare quelle acciughe al bagnetto verde, ma con l'aggiunta della rotondità dolce della nocciola, elemento classico piemontese che addolcisce e arrotonda il gusto, creando un continuo gioco di sensazioni»
Sottofiletto a lunga frollatura, salsa al pepe verde e foglie cotte
«Questo piatto parte da un altro classico: il filetto al pepe verde, in puro stile anni '80. Carne passata in padella, bagnata con panna e pepe verde. L'ho reinterpretato con vegetali saltati al naturale e una cialda di polenta che rappresenta il modo più moderno di presentare una polenta classica piemontese, giocando sulla croccantezza. Il risultato è una carne a cottura media con un fondo che richiama quei sapori diretti degli anni '80, ma con il contrasto croccante della polenta che aggiunge complessità alle consistenze»
Dolce 100% nocciola
«Parte dall'idea della torta alla nocciola, ma la presentiamo come una spugna. Invece di una torta cotta 30-40 minuti in forno, è una spugna preparata in 30 secondi al microonde, accompagnata da tutte le possibili declinazioni della nocciola: sabbiate, in crema, in gelato, chi più ne ha più ne metta. In bocca riconosci immediatamente il gusto della nocciola, ma presentata attraverso così tanti metodi di preparazione che ti porta a riflettere su un ingrediente banale, elementare, eppure straordinariamente buono. Questa è la sintesi del mio approccio: una via di mezzo tra una piola e un ristorante gourmet, tra tradizione e innovazione estrema»