Dietro la nascita di un nuovo prodotto c'è sempre una storia. A volte è interessante, a volte noiosa, a volte inizia per finire con la stessa rapidità con cui si spegne la fiamma di un accendino in un giorno ventoso. La nostra storia, quella del Gilbach.gin è ancora in divenire ed è giunta con la nuova produzione al suo secondo capitolo, una cui notizia che ci riempie di orgoglio, un successo che non potevamo immaginare.
L'idea del gin di montagna è nata nel 2014, ma perché l’idea si trasformasse in quello che riteniamo essere un grande gin si è prima dovuti passare attraverso importantissime tappe: la raccolta nei boschi della val di Fiemme, la sperimentazione in cucina e la collaborazione con la distilleria Pilzer di Faver. Solo nel 2015 siamo riusciti a vedere quell’idea uscire dal collo nero della sua bottiglia scivolando sul fondo del primo bicchiere di Gilbach.gin.
In breve tempo ci siamo resi conto di aver dato vita a un prodotto che superava le più ottimistiche aspettative e che è riuscito, soprattutto grazie al suo sapore dal forte carisma e dalla marcata identità trentina, ad accaparrarsi una posizione di rilievo nel mercato, entrando nel giro di pochi mesi nell’élite italiana del gin (secondo Gambero Rosso è tra le 15 migliori etichette italiane).

GIN LOVERS. Alessandro Gilmozzi e Andreas Bachmann
Il
Wine Bar El Molin è da sempre punto di riferimento per gli amanti del gin tonic e della mixology; la lista di cocktail è varia e per noi è sempre stato importante sapere, capire, studiare e analizzare ciò che serviamo ai nostri clienti. Deformazione professionale di noi cuochi ed è anche per questo che già prima della nascita del
Gilbach.gin distillavamo acque aromatiche per arricchire i nostri gin tonic. Sentivamo però la curiosità, per non dire l’esigenza, di sperimentare qualcosa di nuovo, qualcosa che fosse nostro al 100%, con il quale poter anche concepire e arricchire i nostri piatti in cucina. Dopo uno studio del disciplinare europeo sul gin e sul
London Dry Gin, abbiamo sperimentato centinaia di distillazioni sottovuoto con materie prime differenti quali bacche, radici e sambuco. Insomma, i prodotti della nostra terra, dei nostri boschi.
Insieme al mio sous chef e amico Andreas Bachmann ho passato le notti a provare, sperimentare e distillare: volevamo ottenere un alcool tracciabile e quindi siamo partiti dalla birra aggiungendo diversi quantitativi di bacche di ginepro, prugnola e sambuco. Solitamente si passa attraverso la fermentazione ma in cucina non è quasi mai vista di buon occhio (una volta, ciò che era fermentato veniva buttato via, a parte i crauti; ora è di moda e non nascondo che qualcosa facciamo anche noi), abbiamo deciso quindi di mettere la frutta in infusione nell'alcool e poi sottovuoto a macerare a 4° per una settimana, poi abbiamo distillato.
L'incontro con il mastro distillatore
Bruno Pilzer è stata un'apertura a 360°, assaggi: confronti sul perché un cuoco non volesse una piccola fermentazione, soprattutto nella parte iniziale. Il risultato è un gin a 40° da bere anche da solo, con note fruttate di prugna, ciliegia, nocciola e lievi sentori di limone e sambuco; balsamiche di ginepro, resina, anice e rosmarino. Molto equilibrato, fine e persistente con ritorno di aromi fruttati.
Un gin di montagna, il gin con due anime, quelle di due amici, chef e sous chef, unione che si ritrova anche nel nome Gilbach.gin (Gilmozzi e Bachmann). Potrei continuare ma il risultato per noi e per chi lo ha assaggiato è stato positivo, un prodotto fatto con il cuore e la passione per un territorio e i suoi frutti che cerchiamo di esprimere in tutto quello che facciamo, un territorio che è sempre stato più interessato alla grappa piuttosto che al gin. Non voglio promuoverlo, volevo solo raccontarvi una storia.