04-01-2024
Uno splendido panorama della tenuta Ridolfi a Montalcino
Dall’abbandono all’eccellenza in una decina d’anni.
Quella di Ridolfi a Montalcino è sicuramente una storia da raccontare, ma soprattutto è il successo imprenditoriale di chi ha saputo investire con intelligenza, puntando prima di tutto sulla terra, sulla vigna, senza inventarsi nulla di particolare in cantina.
Gianni Maccari in cantina
Gianni Maccari non è certo un volto nuovo a Montalcino, tutt’altro. Infatti per molti anni è stato uno degli artefici del successo di Poggio di Sotto, una delle aziende più rinomate del panorama del Brunello. E a Ridolfi, in una zona piuttosto differente per terroir rispetto a quella di Poggio di Sotto, ha voluto portare la sua filosofia e la sua esperienza.
«Abbiamo dovuto risanare tutti i terreni»
Ma non era l’unico problema da risolvere: «Erano stati utilizzati per i vigneti soprattutto cloni produttivi e non qualitativi – sottolinea Maccari – Abbiamo rifatto anche i vigneti, selezionando i migliori cloni possibili. Credo di aver fatto una delle migliori vigne di Montalcino».
La cantina di affinamento
Se l’andamento climatico è fondamentale, anche in cantina non esistono “paletti”: «Vogliamo seguire l’andamento naturale del vino, senza forzature» ribadisce Maccari. E dopo la vinificazione, inizia la magia delle botti. Perché il vino prodotto viaggia su strade parallele, per poi arrivare al risultato finale: Maccari segue botte per botte, per capire quale vino sia più pronto e quale abbia bisogno di più riposo. Così nascono il Brunello di Montalcino, la Riserva e il Rosso: tutti con la stessa dignità, ma con strade che inizialmente sono parallele ma successivamente, nel corso degli anni, si dividono.
Storie di uomini, donne e bottiglie che fanno grande la galassia del vino, in Italia e nel mondo
di
giornalista de La Provincia di Como, sommelier e appassionato di birra artigianale. Crede che ogni bicchiere di vino possa contenere una storia da raccontare. Fa parte della redazione vino di Identità Golose
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