19-11-2023

Benvenuto Brunello: l’annata 2019 grande sulla carta, meno nel bicchiere

Le aspettative per gli assaggi all’anteprima di Montalcino erano molto alte: non sono mancate diverse perplessità, ma nemmeno alcuni bicchieri davvero eccezionali

Di solito, quando si hanno alte aspettative, le delusioni fanno più male. Al contrario, quando si parte prevenuti, le sorprese diventano molto più gradite.

Il Benvenuto Brunello 2023, che presentava in particolare l’annata 2019 (in uscita dal primo gennaio 2024), ci offre quest’anno diversi spunti e motivi di riflessione, dopo aver assaggiato circa 170 vini presentati dalle 118 aziende presenti. Come detto, l’attesa era molto alta, figlia anche di precedenti assaggi dell’annata 2019 in altre zone d’Italia, tra cui la vicina area del Chianti Classico, dove erano stati trovati vini di grande eleganza, profondità e longevità. D’altronde, anche il Consorzio del Vino Brunello di Montalcino, in una nota, ha così descritto l’andamento dell’annata: «Le uve Sangiovese si sono presentate in ottimale stato fitosanitario. I vini prodotti presentano caratteristiche di eleganza e finezza, con tannini equilibrati, profumi ben definiti e spiccati aromi primari». Meglio di così…

La realtà dei fatti, dopo l’intensa due giorni al chiostro di Sant’Agostino, è sembrata essere differente da quanto annunciato. Premessa fondamentale: il Brunello di Montalcino 2019, in media, non è affatto un vino “cattivo”.

Ma diversi assaggi ci hanno lasciato l’amaro in bocca. E non solo in senso figurato. È l’amaro dettato dai tannini che, a differenza di quanto preannunciato, sono sembrati in svariati campioni molto aggressivi. Se il Sangiovese – in particolare quello di Montalcino – si contraddistingue più per la freschezza, l’acidità, piuttosto che per il tannino, in questa annata 2019 i fattori sembrano essersi invertiti.

Anche sui tannini che, sì, sono un fattore importante per la longevità del vino (che nel Brunello non è solo auspicabile, ma è fondamentale), bisogna fare alcune precisazioni: alcuni vini avevano delle componenti “verdi”, da non perfetta maturazione fenolica del grappolo, che molto difficilmente con l’invecchiamento, con gli anni, potranno essere integrati nel vino. Cosa diversa è quella legata a un eccesso di tannini determinato dall’utilizzo non ben bilanciato dei legni: in questo caso sarà proprio il tempo a dirci se queste componenti potranno andare a levigarsi, arrotondarsi e ingentilirsi, riuscendo a portare questi Brunelli a longevità molto alte.

Andando all’opposto, alcuni vini dove non c’era un problema di bilanciamento dei tannini, avevano la caratteristica di essere fini e delicati, ma anche un po’ più esili (con le dovute proporzioni, stiamo parlando sempre di Brunello di Montalcino) rispetto alla media.

Non vogliamo essere disfattisti: di Brunelli di Montalcino buoni ce ne sono, alcuni anche eccezionali, ma l’annata non è stata omogenea. Prima degli assaggi, qualcuno aveva anche accostato l’annata 2019 alla 2016: un paragone azzardato, visto che la 2016 è stata molto più omogenea, dove in pratica tutti i produttori sono riusciti a fare dei vini di grande livello, mentre nella 2019 si è sentita una maggiore discontinuità. A suo tempo l’annata era stata valutata con il massimo dei voti, cinque stelle: bisogna riconoscere che in questo momento sono stati assaggiati vini assolutamente non pronti (e non ancora in commercio), che il Brunello ha bisogno di tempo per esprimersi al meglio. La speranza è che proprio il tempo possa far evolvere al meglio questi vini. Servirebbe forse la sfera di cristallo. O più semplicemente un po’ di pazienza.

Questi ragionamenti si basano sull’assaggio di tutte le referenze 2019 portate dalle 118 aziende presenti al Benvenuto Brunello, con un calo di una ventina di cantine rispetto all’anno scorso. È un dato che deve far riflettere: se comunque si tratta di un panel significativo per definire l’annata, sarebbe certamente meglio che tutte le cantine fossero presenti a questa importante anteprima.

Tornando ai vini, crediamo che ci siano stati alcuni vini che spiccavano: tra tutti segnaliamo, come Top 5, Mastrojanni Vigna Loreto, Talenti Piero, Sesti, Castello Romitorio Filo di Seta e Ridolfi. Di Mastrojanni e Talenti erano molto buone anche le versioni “d’annata”. Appena sotto, Poggio Antico, La Palazzetta, Casanova di Neri Tenuta Nuova, Poggio di Sotto, La Togata Notte di Note, La Fortuna, La Magia Ciliegio, Val di Suga Poggio al Granchio, Castiglion del Bosco Campo del DragoCanalicchio di SopraCorte Pavone Loacker Campo di Marzio ed Elia Palazzesi.


In cantina

Storie di uomini, donne e bottiglie che fanno grande la galassia del vino, in Italia e nel mondo

a cura di

Raffaele Foglia

giornalista de La Provincia di Como, sommelier e appassionato di birra artigianale. Crede che ogni bicchiere di vino possa contenere una storia da raccontare. Fa parte della redazione vino di Identità Golose

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