Se pensate che l’Oltrepò Pavese sia una terra destinata solo alla produzione di “vini quotidiani”, siete in grosso errore. Un errore certamente figlio di un passato, nemmeno troppo lontano, dove questa splendida zona collinare era il “serbatoio” vitivinicolo di Milano. Ma gli errori si possono, e si devono, correggere.
Ottavia Giorgi di Vistarino, da quando ha preso in mano le redini dell’azienda di famiglia, la Conte Vistarino (che copre il 95% del territorio del Comune di Rocca de’ Giorgi, in provincia di Pavia), ha iniziato la sua battaglia per cercare di far capire che in Oltrepò Pavese si possono fare grandi vini, che non hanno nulla da invidiare ad altre zone.

La presentazione del film: da sinistra Filippo Bartolotta, Massimo Zanichelli e Ottavia Giorgi di Vistario
Un altro passo di questo suo percorso è stato rappresentato dalla presentazione di un breve film (
che potete vedere a questo link), con la regia di
Massimo Zanichelli, dove racconta il suo grande impegno per il
Pinot Nero. Non per altro la nuova cantina, inaugurata ormai 4 anni fa, era stata ribattezzata la casa del
Pinot Nero.
Il film è un racconto molto emozionale e poco tecnico di cosa significhi davvero il Pinot Nero non solo per la Conte Vistarino, ma per tutto l’Oltrepò Pavese.

I vigneti attorno a Villa Fornace
La scelta, non casuale, è stata quella di fare una presentazione del video nella Milano dinamica e viva, con consumatori sempre più attenti e preparati, in un ambiente moderno rappresentato da
On House in via Passione.
«Negli anni Settanta o Ottanta era difficile parlare di Pinot Nero vinificato in rosso in Oltrepò Pavese. La mentalità era molto diversa – racconta – Ma io ci ho sempre creduto».
Così non si è accontentata di fare un Pinot Nero, ma ha voluto sottolineare ed esaltare le singole zone, le singole vigne, per far capire tutte le potenzialità di questo vitigno.

Un dettaglio della cantina
Nel tempo sono così nati tre “figli”, come li descrive la stessa
Ottavia Giorgi: «Il
Pernice, il maggiore, è il più selvaggio, scalpitante. Il
Bertone, invece, è il più elegante, ma è anche un po’ “il primo della classe”, quello perfettino, preciso. Il
Tavernetto è il terzo figlio, e come tale mi sta in simpatia. È un po’ meno sotto i riflettori, ma nel lungo può dare grandi soddisfazioni».
«Volevo capire se si poteva fare un grande Pinot Nero. Non siamo in Borgogna o in Oregon, ma nemmeno in Alto Adige. Credo che questa terra possa essere da grandi vini. Il Pinot Nero ti sfida: fare uscire la sua grande eleganza non è così facile».

Tutto lo staff della Conte Vistarino
Ottavia Giorgi di Vistarino ha anche ribadito come non si debbano fare paragoni con le altre zone: con orgoglio e convinzione sottolinea più volte l’importanza di essere in Oltrepò Pavese, uscendo da stereotipi dei semplici “vinelli quotidiani” da tutti i giorni. E da quattro soldi. Si può puntare in alto. Anzi, si deve.
«Noi dobbiamo confrontarci sempre con il nostro territorio – sottolinea ancora Ottavia Giorgi di Vistarino – Il futuro è il territorio». Questo a ribadire ancora una volta, se mai ce ne fosse bisogno, la volontà di promuovere non solo i vini della Conte Vistarino, ma di tutto quell’Oltrepò Pavese che crede nelle potenzialità del proprio territorio, superando i preconcetti del passato.
La traduzione di questo ampio discorso si riversa direttamente nei calici. Durante la giornata di presentazione, si sono potute assaggiare dapprima le bollicine (
Cépage,
Saignee della Rocca e
1865, quest’ultimo presente sulla nostra
App Bollicine del Mondo).
Poi il Ries, Riesling renano: un vitigno che, come spiegato anche da Ottavia Giorgi di Vistarino, «è presente da tantissimo tempo in Oltrepò Pavese, tanto da essere considerato quasi un autoctono». Ries degustato in verticale, per sei annate differenti: 2015, 2017, 2018, 2019, 2020 e 2021. Negli anni, la filosofia di produzione di questo vino è cambiata: se prima c’era un leggero residuo zuccherino (percepito in particolare nelle annate 15 e 17), man mano si è cercata una maggiore verticalità: una progressione, in tal senso, che ha portato ad assaggiare una 2021 (annata notoriamente calda) che stupiva proprio per freschezza e sapidità.
Sul
Pinot Nero, invece, si è fatto un paragone tre i tre Cru
Bertone,
Tavernetto e
Pernice, nell’annata 2019.
Bertone è forse il più elegante, suadente, un po’ morbido ma anche con un tannino fine e piacevole. Straordinario per lunghezza e con un potenziale ancora enorme.
Tavernetto, come raccontato, è il terzo figlio, quello “simpatico”: che nel bicchiere si traduce in una bella immediatezza, con la grande riconoscibilità del
Pinot Nero, e una fragranza che si estende poi a un sorso generoso e abbastanza avvolgente, dove spicca la grande bevibilità. Buono subito e con prospettive anche per il futuro.
Pernice è il “selvaggio”, un cavallo di razza ancora da domare, con una certa irruenza e con degli spigoli ancora da arrotondare, di ottima struttura. Un vino da aspettare, come dimostra la degustazione verticale di Pernice, anche qui di sei annate, realizzata durante la stessa giornata.

Villa Fornace a Rocca de' Giorgi
Premessa necessaria: la grande forza di tutti questi vini è stata quella di non aver snaturato l’essenza e le caratteristiche del
Pinot Nero, ma semplicemente di averlo “accompagnato” nell’interpretazione delle singole vendemmie.
L’annata 2010 è probabilmente la migliore dimostrazione di come questo vino possa avere negli anni un’evoluzione incredibile: un naso dove la frutta va ad ampliarsi a note balsamiche. Al sorso ha una finezza assoluta, ma anche una lunghezza invidiabile. La 2011 è più chiusa e introversa, con però una grande struttura e con la possibilità di evolversi ancora in futuro. Il Pernice 2013 è ampio e ricco, con un naso di frutta croccante e speziature: in bocca è ampio e avvolgente, con un finale dove il tannino si fa ancora sentire piacevolmente. Il Pernice 2015 è un calice più difficile da interpretare, ma dove comunque il Pinot Nero riesce a esprimere le proprie caratteristiche peculiari.

Il Pinot Nero Pernice è stato protagonista di un'interessante degustazione verticale
L’annata 2017 stupisce. Annata calda, ma vino di grande freschezza: la struttura, ovviamente, non manca, ma è ben supportata da questa acidità per certi versi sorprendente. La 2018 è un’annata che è ancora piuttosto giovane: si sviluppa bene al naso, in bocca deve ancora trovare il giusto equilibrio. Diamo il tempo al tempo.
«Negli anni abbiamo fatto vari cambiamenti – spiega Ottavia Giorgi di Vistarino – anche sulla base dei cambiamenti climatici, abbiamo avuto una sempre maggiore attenzione in vigna. Ma non solo: anche la cantina nuova ha portato a un miglioramento della produzione, e abbiamo anche cambiato qualche botte di affinamento. La nostra intenzione è cercare di esprimere al meglio il potenziale del Pinot Nero e, in generale, di tutti i nostri vini».