15-09-2022
La cantina storica di Poderi Luigi Einuadi: dopo 125 si guarda al futuro
«Volevo studiare storia dell’arte, poi mi sono laureato in architettura. E ora faccio vino». Si racconta così Matteo Sardagna Einaudi, alla guida dei Poderi Luigi Einaudi che hanno appena compiuto 125 anni.
Ma in realtà, più che parlare della storia di questa importante cantina, con radici a Dogliani, ma con un’anima molto legata all’area del Barolo, Matteo Sardagna Einaudi ha voluto sottolineare come, negli ultimi anni, ci sia stata una sorta di rivoluzione. «Mi piace definire la nostra cantina come una “Old startup” – racconta – che sembra un ossimoro, ma non lo è. Non rinneghiamo l’essenza della famiglia, il legame con il territorio è sempre lo stesso. Nel 2016, però, è venuto a mancare il nostro storico enologo, Lorenzo Raimondi: per noi è stata una grande perdita».
Matteo Sardagna Einaudi, da architetto a produttore di vino
Facendosi anche ispirare dalla Francia, o meglio, dalla Borgogna. «Si dice che il Pinot nero sia cugino del Nebbiolo – sorride – Non so se sia vero, ma volevo cercare di portare l’eleganza e la semplicità che avevo trovato nei vini della Borgogna durante i miei vari viaggi in quella zona. Doveva rispettare molto la meria prima».
Le nuova vasche in cemento introdotte in cantina
«La scelta del cemento è importante – insiste Matteo Sardagna Einaudi – Perché mi permette proprio di lavorare con semplicità e pulizia, nel massimo rispetto della materia prima. In futuro vorrei fare una parte di vinificatori tronconici, anche per l’utilizzo del grappolo intero».
A Dogliani, come detto, ci sono le profonde radici dei Poderi Einaudi. Con un parente d’eccezione che si è unito ai festeggiamenti per i 125 anni. «Io e Ludovico (parliamo di Ludovico Einaudi, il noto musicista e compositore, che però non fa parte dell’azienda vitivinicola, nda) – facciamo spesso la strada insieme. Allora mi ha regalato una composizione legata a Dogliani. In realtà, sentendo le sue composizioni, gli ho chiesto di unire due brani che mi piacevano molto. Inoltre, essendo un artista a tutto tondo, ha realizzato un audiovisivo con questo brano».
Matteo Sardagna Einaudi con la bottiglia di Barolo Monvigliero
Il Dolcetto Dogliani 2021 si sposa perfettamente con questo brano: un vino da bere con spensieratezza, magari chiudendo gli occhi e gustandosi anche le dolci note di Einaudi.
I vini in degustazione: da sinistra, Dogliani, Barolo Ludo, Barolo Bussia, Barolo Cannubi e il nuovo Barolo Monvigliero, uscito in occasione dei 125 anni della cantina
«Questo vino nasce da una mia idea del 2016. Noi vinifichiamo i singoli Cru a seconda dell’età delle vigne. Quindi abbiamo tre vasche per il Cannubi e quattro per il Bussia, per fare un esempio. Poi scegliamo quali vasche andranno nei vini da singola vigna, nelle Mga (Menzioni geografiche aggiuntive), e il resto finisce nel Ludo, che è la traduzione di “gioco” e rappresenta proprio il nostro gioco tra le varie vigne». Affinamento in legno grande francese per 30 mesi, Ludo rappresenta appieno l’idea di eleganza e bevibilità annunciata da Matteo Sardagna Einaudi: un vino che si propone anche per la sua duttilità a tavola.
I vigneti di Cannubi
«La zona del Bussia – prosegue Matteo Sardagna Einaudi – ha terreni più elveziani, più duri. Abbiamo raccolto le uve in questa zona quasi due settimane dopo le altre». Il Barolo Bussia 2018 rispecchia questi aspetti: al naso è più introverso, chiuso, anche se pian piano si apre. In bocca sembra avere più struttura e profondità, con un tannino più marcato, senza perdere però la bevibilità. È probabile, anzi è praticamente certo, che negli anni, lasciandolo in bottiglia, potrà dimostrare tutto il suo potenziale.
Il nuovo Barolo Monvigliero 2018, con le etichette d'artista
La vigna è una recente acquisizione dell’azienda: «Si tratta di circa 1,5 ettari, presi nel 2017, a circa 400 metri di altitudine. Appena ho visto questa vigna, me ne sono innamorato. Subito abbiamo cercato di fare un vino che si proponesse sui temi di freschezza, finezza e bevibilità». All’assaggio di questo Barolo Monvigliero 2018, si nota come il vino abbia una buona ampiezza aromatica, senza eccessi di intensità, ma con quella giusta finezza che varia dai fiori alla frutta, con una nota quasi eterea. Al sorso, poi, la profondità si unisce a un’ottima bevibilità, per un vino buono ora e che, con ogni probabilità, potrà offrire ancora più emozioni in futuro. Dopo 125 anni il viaggio continua, tra arte e buon vino.
Storie di uomini, donne e bottiglie che fanno grande la galassia del vino, in Italia e nel mondo
a cura di
giornalista de La Provincia di Como, sommelier e appassionato di birra artigianale. Crede che ogni bicchiere di vino possa contenere una storia da raccontare. Fa parte della redazione vino di Identità Golose
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