21-04-2021

Elisabetta Gnudi Angelini a Montalcino: tra energia, orgoglio e sfide vincenti

Prima l'avventura con Caparzo, poi la vittoria sui francesi di Chateau Margaux per Altesino: una storia da raccontare

Elisabetta Gnudi Angelini ha portato tutta la sua

Elisabetta Gnudi Angelini ha portato tutta la sua energia a Montalcino con Altesino e Caparzo

Le idee e le energie, di certo, non mancano a Elisabetta Gnudi Angelini. Ma soprattutto non le manca quell’orgoglio e quella passione che l’hanno portata anche a sfidare (e battere) i francesi. E che francesi.

Bisogna fare un piccolo salto nel passato, nel 2002. Elisabetta Gnudi Angelini, da qualche anno, aveva già preso la strada del vino: rimasta vedova dell’imprenditore Paolo Angelini, noto per la celebre casa farmaceutica, ha puntato tutto sulla Toscana.

La tenuta di Altesino vista dall'alto

La tenuta di Altesino vista dall'alto

Con in tasca una laurea di economia e commercio, si è dedicata al vino prima da appassionata, e poi studiando con corsi e master. Finché, nel 1997, acquista Borgo Scopeto nel Chianti Classico e l’anno dopo arriva a Montalcino, con Caparzo.

Ma torniamo al 2002: «Avevo visto un certo viavai nella tenuta di Altesino – racconta Elisabetta Gnudi Angelini - che si trova proprio a fianco di Caparzo. Allora mi informai, scoprendo che c’erano i responsabili di Chateau Margaux che avevano intenzione di acquistare Altesino. Ma mi sono detta: non voglio che i francesi acquistino a Montalcino, men che meno nella tenuta vicino alla mia».

I vigneti attorno ad Altesino

I vigneti attorno ad Altesino

Più che una scelta imprenditoriale, la sua, fu una decisione di cuore e uno scatto di orgoglio: «Anche se allora non potevo permettermelo, decisi di acquistare Altesino». Anche perché se da Chateau Margaux avevano visto un potenziale in quell’azienda, evidentemente sapevano che si potevano realizzare dei grandi Brunello di Montalcino.

Così la vittoria del “made in Italy”, ma soprattutto di una donna forte come Elisabetta Gnudi Angelini, ha portato ad avere due aziende, Caparzo e Altesino, che seguono una stessa filosofia produttiva puntata alla qualità, ma con caratteristiche e percorsi diversi.

Elisabetta Gnudi Angelini con delle speciali maxi bottiglie di Caparzo

Elisabetta Gnudi Angelini con delle speciali maxi bottiglie di Caparzo

Caparzo è la tenuta più estesa: si è passati dagli iniziali 46 agli attuali 93 ettari vitati, dei quali 32 a Brunello e 18 a Rosso di Montalcino, per una produzione che sfiora il milione di bottiglie all’anno, grazie anche a una cantina al passo con i tempi.

«Abbiamo cercato di avere vigneti su tutti i fronti produttivi di Montalcino – spiega Elisabetta Gnudi Angelini – Questo ci permette di gestire al meglio le vendemmie, per arrivare ad avere sempre vini equilibrati».

La cantina di affinamento di Caparzo: anche le botti sono rifinite con l'ormai classico colore verde dell'etichetta di Brunello

La cantina di affinamento di Caparzo: anche le botti sono rifinite con l'ormai classico colore verde dell'etichetta di Brunello

Il risultato, soprattutto nella vendemmia 2016, è evidente: il Brunello di Montalcino 2016 di Caparzo, grazie anche a un’annata favorevole dal punto di vista climatico, è un vino che ben si esprime per complessità olfattiva e con una pregevole nota balsamica. In bocca, invece, ha già trovato un buon equilibrio, ma con una struttura che fa pensare a una notevole longevità.

Il Brunello Vigna La Casa, invece, è un po’ più austero: realizzato dai vigneti che si estendono per 5 ettari sulla collina di Montosoli, è un vino che ha bisogno di più tempo per esprimersi al meglio. Ma stiamo parlando, assaggiando sempre l’annata 2016, di un vino che ha un potenziale molto elevato, con una leggera speziatura al naso che va a completare note di frutta fresca, di frutti di bosco scuri, e un intrigante tocco di sottobosco. In bocca, come detto, è un po’ più “energico”, mantenendo comunque quella bevibilità che contraddistingue i vini di Caparzo (ma anche di Altesino, perché in fondo l’anima è la stessa).

La cantina di vinificazione di Altesino, completamente interrata

La cantina di vinificazione di Altesino, completamente interrata

Si diceva di Altesino: anche qui Elisabetta Gnudi Angelini ha voluto realizzare una moderna cantina con un’attenzione particolare all’ecosostenibilità: perfettamente coibentata e interrata, non necessita di riscaldamento o condizionamento. L’azienda ha 47 ettari vitati, per una produzione appena superiore alle 300mila bottiglie annue di media.

Altesino si distingue soprattutto per l’eleganza: sono vini che sono forse un po’ meno d’impatto, ma con una grande complessità olfattiva.

Le botti di affinamento

Le botti di affinamento

Lo dimostra il Brunello di Montalcino 2016, con note anche floreali e leggermente erbacee, e un bel frutto maturo, senza mai cadere in eccessi: al sorso è piacevole, con una interessante sapidità e un finale piuttosto lungo.

Altesino fu anche una delle primissime aziende che introdussero il concetto di Cru, nel 1975, quando venne individuata la vigna Montosoli. Nel 1979 fu anche la prima cantina a utilizzare la barrique.

Il Brunello di Montalcino Montosoli 2016 di Altesino è un vino che si esprime soprattutto in eleganza: anche in questo caso il bouquet è molto ampio e spazia dalla violetta fino a un tocco di spezie dolci, passando da una frutta rossa vivace. In bocca è molto preciso, netto, mai pesante e molto profondo: in vino che già ora è molto interessante, e che negli anni a venire diventerà ancora più ricco ed emozionante.


In cantina

Storie di uomini, donne e bottiglie che fanno grande la galassia del vino, in Italia e nel mondo

a cura di

Raffaele Foglia

giornalista de La Provincia di Como, sommelier e appassionato di birra artigianale. Crede che ogni bicchiere di vino possa contenere una storia da raccontare. Fa parte della redazione vino di Identità Golose

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