04-04-2024

Ale Vigil e la nuova viticultura argentina: imbottigliamo paesaggi, il terroir è il cammino

Cosa vuol dire fare vino, come la viticultura argentina ha ridefinito il proprio stile, cosa conta di più nel mondo della gastronomia e della viticultura: una chiacchierata con “il Messi del Vino Argentino”

Ale Vigil è stato il primo argentino a ricevere

Ale Vigil è stato il primo argentino a ricevere 100 punti Parker nella storia del paese - furono in realtà 200. Con il suo progetto personale El Enemigo, e i vini che elabora per Catena Zapata ha contribuito a ridefinire l’immagine e la qualità dei vini argentini agli occhi del mondo

Alejandro Vigil - per tutti Ale - è molto di più del primo enologo del paese ad aver ricevuto (nel 2018) il punteggio perfetto di Parker. Mendozino classe 1973, ha una personalità vulcanica, dissacrante, un’intelligenza sopra la media, uno spirito imprenditoriale che definire vulcanico è poco. Ama la letteratura, la filosofia, la musica (suona il basso), l’arte ed è attivamente impegnato, nelle attività imprenditoriali che guida assieme alla moglie Maria Sance, in politiche di tutela ambientale e sociale. Con il suo talento e la sua visione sulla viticultura, ha contribuito a ridisegnare agli occhi del mondo, assieme ad altri suoi colleghi, l’immagine del vino argentino.

Il primo vino argentino ad aver ricevuto 100 punti Parker

Il primo vino argentino ad aver ricevuto 100 punti Parker

L’anno passato è stato incluso tra i 100 Master Winemakers dalla rivista The Drink Business che lo ha definito “il Messi del vino argentino”, attribuendo la medaglia d’oro al suo El Enemigo Malbec 2019 e la Master Medal al Gran Enemigo Blend 2018.  La rivista Decanter, lo ha inserito tra i “One to watch”, indicandolo come uno degli enologi più influenti del mondo; Luis Gutierréz, che per Robert Parker fino al momento ha attribuito tre punteggi perfetti ad altrettanti suoi vini, come uno dei due enologi più talentuosi del paese. È stato anche il primo argentino a ricevere 100 punti (di James Suckling) per uno Chardonnay: il Catena Zapata White Bones 2018.

Gualtallary

Gualtallary

Da 20 anni, è il direttore enologo di quel mastodonte che è Catena Zapata - quest’anno numero uno al mondo secondo The World’s 50 Best Vineyards, oltre che una delle cantine più importanti del paese - ; dal 2008 produce vino anche con la sua cantina El Enemigo (assieme a Adrianna Zapata, quarta generazione della famiglia), con cui firma alcune tra le migliori etichette prodotte nel Paese; ha appena ricevuto con il suo ristorante Casa Vigil, a Mendoza, una stella Michelin; ha una fabbrica di birra artigianale (Chachingo), una linea di acque imbottigliate (3400: non è l’altitudine della fonte ma l’età del ghiacciaio da cui proviene l’acqua da disgelo che imbottiglia e commercializza); produce olio d’oliva (circa 70mila litri che vengono usati nei suoi locali); ha appena aperto un ristorante a Miami (Casa Vigil Miami, «un’ambasciata di Mendoza negli USA») e, dall’anno scorso, ha un progetto vinicolo anche in Spagna: la cantina El Reventòn, a meno di 150 km da Madrid.

Ale Vigil assieme allo chef Ivan Azar, che ha appena ricevuto la sua prima stella a Casa Vigil, e alla moglie Maria Sance, bromatologa, professoressa universitaria e imprenditrice, impegnata in iniziative di sostenibilità ambientale e sociale

Ale Vigil assieme allo chef Ivan Azar, che ha appena ricevuto la sua prima stella a Casa Vigil, e alla moglie Maria Sance, bromatologa, professoressa universitaria e imprenditrice, impegnata in iniziative di sostenibilità ambientale e sociale

Questo per dare un’idea di cosa intendiamo quando lo definiamo un imprenditore vulcanico.

Cosa intendiamo invece quando diciamo che ha un talento e un’intelligenza sopra la media: laureato in ingegneria agraria, diventa un giovanissimo direttore della divisione suoli dell’INTA (Instituto Nacional de Tecnología Agropecuaria) per poi iniziare a lavorare nel 2001, ancora ventenne, come enologo nella cantina Catena Zapata. Il primo vino che qui Alejandro elabora, il Nicolas Catena Zapata 2001, nel corso di una degustazione a cieca interna, viene scelto come il miglior vino dell’azienda. In conseguenza di questo risultato Vigil viene nominato da Nicolás Catena, nipote del fondatore e terza generazione di una delle famiglie più potenti del mondo enoico argentino, responsabile delle linee premium dell’azienda per poi passare, dal 2004, ad essere il direttore generale del dipartimento di enologia della cantina, appena 30enne.

Adrianna Vineyard

Adrianna Vineyard

Nel 2008, parallelamente, inizia un suo progetto personale, El Enemigo, focalizzato nella produzione di vini premium e dieci anni più tardi, nel 2018, poggia una pietra miliare nella storia della viticultura argentina, con l’assegnazione, non a uno ma a due suoi vini, dei 100 punti Parker: i primi mai assegnati nel paese (i punteggi perfetti andarono al Gran Enemigo Single Vineyard Gualtallary Cabernet Franc 2013 e al Catena Zapata Adrianna Vineyard River Stones 2016).

 

Risultato che oggi commenta così: «È stato prima di tutto un riconoscimento alla regione, alla crescita che ha attraversato il vino argentino. Uno sviluppo che ha a che fare con un forte cambio nel suo stile. Questo riconoscimento è servito per rompere il ghiaccio, per così dire; perché altri critici venissero a vedere coi propri occhi quello che stava succedendo nel paese. Di fatto dopo quei primi 100 punti ne sono arrivati altri: il mondo oggi ci guarda in un modo diverso».

Alejandro Vigil assieme a Nicolàs Catena, nipote del fondatore Nicola Catena, arrivato 17enne dall'Italia nel secolo scorso. A sinistra Laura Catena, una delle due figlie di Nicolàs.

Alejandro Vigil assieme a Nicolàs Catena, nipote del fondatore Nicola Catena, arrivato 17enne dall'Italia nel secolo scorso. A sinistra Laura Catena, una delle due figlie di Nicolàs.

Sono tanti gli elementi che hanno concorso al cambio di stile di cui parla Ale, uno su tutti: la presenza sempre più massiccia del concetto di luogo nella viticultura argentina: «Negli anni 70 in Argentina si parlava di vino bianco, rosso e rosato; negli anni 80 si iniziò a parlare di vitigni e vini in monovarietali; a inizio del 2000 già si parlava di provincie e regioni. A partire dal 2007-2008 qualcuno di noi ha iniziato a parlare di zone specifiche come Altamira, come Gualtallary o Lunlunta (si trovano tutte nella regione vinicola a sud-ovest di Mendoza che si chiama Valle de Uco – ndr) e più tardi, a partire dal 2010, abbiamo iniziato a parlare di luoghi specifici all’interno di queste zone. È un processo evolutivo che è avvenuto anche nelle altre regioni vinicole del mondo nel corso dei secoli: in Argentina è successo in 20 anni quello che nelle grandi regioni vinicole è accaduto in 200 anni.» Fondamentale per la rapidità di questo sviluppo, dice Ale, il fatto che enologi e agronomi abbiano iniziato a viaggiare, a provare vini fatti in altre regioni del mondo e a confrontarsi con i loro artefici.

Ale Vigil con Adrianna Catena, sua socia sia nel progetto El Enemigo che nel nuovo progetto spagnolo El Reventòn

Ale Vigil con Adrianna Catena, sua socia sia nel progetto El Enemigo che nel nuovo progetto spagnolo El Reventòn

Parlando di luoghi specifici e della nuova viticultura argentina, è impossibile non nominare Gualtallary. Ma prima di capire le caratteristiche di questa futura Indicación Geográfica da cui vengono tra migliori vini prodotti oggi nel paese, è importante ricordare come ci si è arrivati (non è ancora una Indicazione Geografica perché il nome è stato registrato da un privato, ma è tanta la pressione e la posta in gioco che nessuno dubita che presto lo sarà. Al momento si può indicare il nome di Gualtallary in etichetta, ma non come IG).

Una parcella di Adrianna Vineyard

Una parcella di Adrianna Vineyard

Raccontano le pagine di storia della viticultura che durante una cena a Bordeaux, ospiti di Jacques Lurton, Nicolás Catena volle far provare al suo ospite un Cabernet Sauvignon elaborato con uve provenienti da Lujan de Cuyo (provincia di Mendoza, una delle due uniche DOC argentine). Il commento di Jacques al vino – «Mi ricorda un Cabernet della Linguadoca» – fece comprendere a Nicolás la necessità di cercare zone più fresche. 

Casa Vigil a Mendoza, una stella Michelin e 1500 calici al giorno

Casa Vigil a Mendoza, una stella Michelin e 1500 calici al giorno

«Aveva due possibilità» ricorda Vigil «andare verso sud, o avvicinarsi alla montagna, alla Cordigliera». Fu così che il dott. Catena arriva a Gualtallary, nella Valle de Uco, a inizio degli anni ’90. Ci erano già arrivati, in realtà, gli uomini di Chandon, che però avevano piantato nella parte bassa. Nicolàs, all’inizio degli anni ’90 e in cerca di maggiore freschezza, è il primo a piantare un vigneto nella zona alta di Gualtallary, a 1500 metri di altitudine, in una zona che oggi ha raggiunto il limite massimo di superficie coltivabile, 2500 ettari, ma in cui allora non esisteva nulla: «è iniziato tutto con un vigneto di 27 ettari piantato da Nicolás Catena, 30 anni fa: il vigneto Adrianna (Adrianna Vineyard)» ricorda Ale.

Ossia: a Gualtallary, la chiara espressione della nuova viticultura argentina, ci si arriva per mano di due francesi, gente che di terroir ne capisce abbastanza (uno che ci arriva per primo, Chandon, e l’altro che, inconsapevolmente, ci fa arrivare qualcun altro attraverso un suggerimento indiretto).

Ivan Azar

Ivan Azar

Da Adrianna Vineyard, a Gualtallary, nascono tutti i vini premium tanto di Catena che di El Enemigo. Cos’ha di così speciale?

«Il vigneto piantato Nicolás gode innanzitutto di clima fresco e cresce su suoli molto diversi e molto ricchi in carbonato di calcio (calcare), elemento che dà ai vini un carattere completamente distinto e distintivo. I vini che vengono da queste parcelle non sono paragonabili a quelli di altri luoghi, hanno un carattere che li fa risaltare sugli altri: non si possono confondere con vini di Napa, o di Altamira: sono di Gualtallary. Poi ci siamo resi conto che a quelle altitudini (1500 mt) il sole è più potente, anche se la temperatura è più bassa, e quindi l’uva sviluppa un tipo di profilo aromatico peculiare. Il carattere è composto da diversi fattori, a quella determinata altitudine: clima, suolo, esposizione, un’equazione multivariabile.»

Luis Gutierréz, nello stilare il suo giudizio, nel report Argentina 2022, per il Gran Enemigo Gualtallary Single Vineyard 2019 (che ripete il punteggio perfetto dell’annata 2013 con altri 100 punti Parker), oltre a esaltarne la trama setosa, i tannini eleganti e la consistenza gessosa e salina al palato, per descriverne il carattere cita un vino di Bordeaux, un Lafleur (“[…]reminds me of a great vintage of Lafleur, my favorite Bordeaux”).

Nell’assaggiare uno dei migliori bianchi argentini prodotti per Catenza Zapata, il Catena Zapata White Bones, premiato da Suckling nell’annata 2018 con un - inedito, per un bianco argentino - rotondo 100 punti, molti, nel descrivere il carattere di questo Chardonnay, si appellano alla Borgogna, anche per quella caratteristica nota di lavanda che risalta nel suo profilo aromatico.

Casa Vigil a Miami

Casa Vigil a Miami

Ma se il vino deve essere espressione di un luogo specifico, anche comprendendo naturalmente il valore di questi paragoni, ha senso paragonare un vino fatto a Gualtallary con uno elaborato in Borgogna o a Bordeaux?

«Il carattere dei nostri vini è unico e questa unicità ha molto più valore di una comparazione, anche se fatta ai grandi vini di Bordeaux, o di Borgogna, o di Barolo. La nostra ricerca è il carattere di Gualtallary, senza paragonarlo ad altri luoghi, per grandi che possano essere. Detto questo, la gente che non vive qui, tende a comparare perché ha bisogno di un termine di paragone: la viticultura che stiamo facendo, il livello a cui stiamo lavorando, è qualcosa di nuovo, degli ultimi 10-15 anni. È normale che la gente cerchi un profilo che conosce per inquadrare e raccontare i nostri vini.»

Della rivoluzione dei vini bianchi che sta attraversando l’Argentina, ci dice «Lo sviluppo maggiore, negli ultimi cinque anni, in termini di qualità si è registrato nei vini bianchi, ancora di più che nei rossi. Ora siamo nel corso della ricerca di una nuova identità, della definizione di un nuovo stile di vino bianco premium.»

Oltre ai riconoscimenti e ai risultati ottenuti coi suoi vini, Ale si sperimenta oggi anche nel settore della ristorazione e della gastronomia nel quale ha appena ricevuto la sua prima stella Michelin con il suo ristorante Casa Vigil, a Mendoza, dove Ivan Azar propone un menù che usa per la quasi totalità il prodotto mendocino (unica licenza: il cacao). 

Il vino è paesaggio imbottigliato

Il vino è paesaggio imbottigliato

«Per me non c’è differenza tra il solido e il liquido, il nostro lavoro non è né il cibo né il vino: è il sapore. Quello che conta è la texture. La cosa più importante per cucinare e per fare vino, per capire questo mondo di consistenze e aromi è capire cosa sia il sapore. Questo senso è legato a quello che abbiamo assaggiato fin da bambini, a quello che ci circonda, che ci siamo portati alla bocca, i profumi che abbiamo sentito. Fare vino o cucinare ha a che fare con il tuo contesto, con quello che ti ha circondato dall’inizio. Il mio mondo ha che fare con conoscere e capire un paesaggio, con mettere questi paesaggi nella bottiglia, e adesso, più recentemente, anche nel piatto. Per trasmettere questi sapori e per capirli, devi aver assaporato l’aroma che si alza quando arriva la pioggia, quando smette di piovere quando si alza il vento Zonda, camminare un luogo, giorno per giorno. Questo, per me è il sapore: ed è quello che significa per me fare vino e gastronomia».

«La sfida è riuscire a mettere un paesaggio dentro a una bottiglia e adesso» aggiunge «anche in un piatto».

La vista dai vigneti del nuovo progetto vinicolo di Ale in Spagna, El Reventón (“la grande festa”), nella sierra de Gredos, a 125 km da Madrid. Il vigneto antico nella foto è stato venduto ad Ale da Comando G.

La vista dai vigneti del nuovo progetto vinicolo di Ale in Spagna, El Reventón (“la grande festa”), nella sierra de Gredos, a 125 km da Madrid. Il vigneto antico nella foto è stato venduto ad Ale da Comando G.

Quando, nel 2008, Alejandro era in cerca di un nome per il suo progetto personale si confronta con Nicolás Catena. Quest’ultimo gli ricorda la degustazione alla cieca in cui quel primo vino in azienda aveva vinto e gli chiede come aveva fatto a farlo. «Giocando, come un bambino» fu la risposta di Ale. «Esatto. Quello che di speciale hanno i bambini» gli disse Nicolás «è che non hanno paura. Battezza il tuo progetto El Enemigo (Il Nemico), per ricordarti che uno ha successo quando fa le cose senza paura, rompendo paradigmi, cambiando le cose, senza il timore a cominciare di nuovo, a uscire dalla propria zona di comfort». Oggi, sulle etichette dei vini de El Enemigo, si legge: Al final del camino solo recuerdas una batalla, la que libraste contigo mismo, el verdadero enemigo; la que te hizo único. (“Alla fine del cammino, ricorderai solo una battaglia: quella che hai combattuto con te stesso, il vero nemico; quella che ti ha reso unico”).

I vini de El Enemigo sono importati in Italia da La Via dell’Abbondanza. I vini che Alejandro produce in Spagna, sotto l’etichetta El Reventón, saranno disponibili in Italia a partire dal 2025.


In cantina

Storie di uomini, donne e bottiglie che fanno grande la galassia del vino, in Italia e nel mondo

a cura di

Giovanna Abrami

nata a Milano da madre altoatesina e padre croato cresciuto a Trieste. Ha scritto (tra gli altri per Diario e Agrisole) e tradotto (tra le altre cose: La scienza in cucina di Pellegrino Artusi) per tre anni dall’Argentina dove è tornata da poco, dopo aver vissuto tra Cile, Guatemala e Sicilia. Da Buenos Aires collabora con Identità Golose e 7Canibales

Consulta tutti gli articoli dell'autore