Quel 1967 possiamo solo immaginarlo. Poche aziende si incontrarono a Verona per il vino. Magari si saranno anche guardati in faccia, i produttori, chiedendosi se quella fiera potesse avere un futuro. Oggi Vinitaly è alla 50esima edizione e dopo mezzo secolo quelle aziende possono dire di avere avuto l'intuizione giusta: esserci. Il Vinitaly è soprattutto questo: essere presenti, per rilanciare il mondo del vino italiano. Così come raccontano proprio alcune delle 42 aziende che hanno creduto in questa manifestazione fin dalla prima edizione.
Lo spiega Tiziana Frescobaldi, Marchesi de' Frescobaldi: "All'epoca fu un'idea vincente e visionaria. Ha contribuito molto a migliorare l'immagine del vino italiano sul piano internazionale. Ogni anno crescono i visitatori, i buyer arrivano sempre più numerosi che dai mercati tradizionali ma anche da quelli emergenti". Eppure all'inizio non era così: "Mi ricordo che negli anni Settanta la fiera era composta da soli due padiglioni – spiega Cesare Cecchi, presidente della Cecchi - Allora fu la Toscana la prima ad avere un padiglione e, dopo solo 10 anni, era già divenuta una fiera internazionale di riferimento. In quegli anni Cecchi era sinonimo di Chianti Classico e Chianti. Vinitaly ci ha aiutati a far conoscere queste denominazioni al mondo e non solo, ci ha aiutati nel dialogo con gli altri produttori permettendo ad ognuno di allargare la visuale".

La famiglia Braida, viticoltori a Rocchetta Tanaro (Asti)
La Toscana si era mossa subito, ma anche il Piemonte non era rimasto a guardare: "
Vinitaly si è rivelato uno strumento eccellente per dare continuità alla promozione commerciale – spiegano
Anna,
Ernesto,
Valentina e
Davide Abbona, cioè
Marchesi di Barolo - consentendo alla nostra cantina di farsi conoscere e, quindi, svilupparsi capillarmente sui mercati. Ha permesso di superare le distanze e la difficoltà di giungere a Barolo, 'trasferendo' il fascino delle Langhe e l'eccellenza dei nostri prodotti al Vinitaly". Insomma,
Vinitaly rappresenta l'Italia del vino.
Come racconta
Chiara Lungarotti dell'omonima
azienda: "Tanta è la strada fatta da quando mio padre
Giorgio decise di trasformare la tenuta della sua famiglia in una azienda vitivinicola specializzata, reimpiantando i vigneti e volendo dare al suo vino un nome proprio che potesse rimanere impresso nella memoria dei clienti,
Rubesco. Oggi la nostra azienda è presente in oltre 45 mercati nel mondo dove esporta il 50% delle bottiglie. Con tre parole chiave: vino, cultura e ospitalità".

Andrea Sartori, presidente di Italia del Vino
I padroni di casa sono i veneti: "
Vinitaly ha significato molto per la crescita del vino italiano, soprattutto per i mercati dell'estero – racconta
Andrea Sartori della
casa omonima - Non nego che per le aziende veronesi, e quindi anche per noi, ha svolto un ruolo importantissimo. Avere la più importante manifestazione fieristica 'in casa' è stata una grande opportunità per fare conoscere il nostro territorio, la nostra città e le nostre aziende al mondo".
E la crescita di
Vinitaly è andata di pari passo con la crescita delle aziende, come racconta
Raffaella Bologna della piemontese
Braida: "I
Vinitaly degli anni Settanta vedevano protagonisti solo tre vini della nostra cantina. I nostri interlocutori all'epoca erano solo italiani. In fiera, la nostra apertura culturale a lavorare e soprattutto a dialogare con l'estero è arrivata di pari passo con gli operatori stranieri, tra la metà e la fine degli anni Ottanta. Verona, con il
Vinitaly, resta il polo di attrazione e di conoscenza, di scoperta delle incredibili e uniche varietà autoctone italiane, della passione e dedizione di migliaia di famiglie che si dedicano alla terra e alla trasformazione del frutto della vite in bottiglie emozionanti".