Se non fosse una (piccola) cosa seria, ci sarebbe da ridere: «Ora molti vedono quel che succede in California, allora vogliono copiare, il tabù sembra infranto. Quando eravamo noi italiani all’avanguardia, erano tutti spaventati. Siamo paralizzati da una sorta di sfiducia antropologica». Se non fosse una cosa piccola (ma seria), ci sarebbe da piangere: «Questo è un Paese che teme l’innovazione». La lettura del nostro
articolo sul grande successo delle gelaterie “all’azoto” negli Usa (e non solo: ci sono brevetti australiani, repliche in Asia e Gran Bretagna) ha fatto alternativamente sganasciare e disperare
Davide Cassi, docente di Fisica della Materia all’Università di Parma, suo il corso “Matematica e fisica applicata alla gastronomia”, tema sempre seguito con attenzione tanto da essere noto come padre – insieme allo chef
Ettore Bocchia – della cucina molecolare tricolore.
Per primo ha intuito le potenzialità dell’azoto in cucina, arrivando a pianificare la sua applicazione proprio nella produzione di gelati artigianali, il campo dove ora dovremo “copiare” i californiani «e il paradosso è che noi eravamo molto più avanti: avevamo progettato due prototipi coi quali facevamo un chilo di gelato in un minuto e 5 chili in due minuti. Era il 2009… Poi, a causa di Striscia la Notizia (molti ricorderanno i suoi scoop allarmistici, ndr), è iniziato il caos. Ordinanze improbabili di ministri incompetenti, bufale mediatiche…». Basti pensare come, per la legge, il trasporto di azoto liquido preveda oggi la presenza di un estintore: del tutto inutile, non è sostanza infiammabile. «Intanto però fornitori, clienti e produttori si sono spaventati. E tutto si è bloccato».

Congresso milanese di Identità Golose, anno 2006: il professor Davide Cassi, in giacca e cravatta, spiega i vantaggi della produzione di gelato artigianale tramite azoto liquido, mentre il geletaio Corrado Sanelli, il primo a sinistra, manteca il prodotto tra vapori freddi di fronte alla platea stupita
Ora la “via italiana” al gelato all’azoto riprende, Cassi sta portando avanti un progetto con un gelatiere di Cremona intenzionato ad abbandonare i macchinari tradizionali, ma intanto molti anni sono stati persi, «noi iniziammo nel 2002, anticipando
Dani Garcia e
Ferran Adrià». Il “noi” è riferito a
Cassi stesso,
Bocchia e a
Corrado Sanelli, titolare dell’omonima gelateria di Salsomaggiore che per prima nel Belpaese servì il gelato all’azoto al pubblico (proprio
Cassi e
Sanelli furono protagonisti di una lezione sul tema a
Identità Milano 2006), non rinunciando però mai al metodo “classico”.

Ettore Bocchia, al centro: è stato tra i primi chef ad appassionarsi di cucina molecolare e a lavorare col prof. Davide Cassi. Nella foto, sta usando l'azoto liquido per produrre gelato nel suo ristorante Mistral del Grand Hotel Villa Serbelloni di Bellagio (Como)
«Altra differenza – commenta il prof – Sia
Sanelli, che
Bocchia, ma persino lo stesso
Adrià non valorizzarono l’aspetto “spettacolare”. In California
Smitten utilizza macchine molto più lente, 90 secondi è un’era geologica, noi siamo giunti a produrre un chilo in 13 secondi e 27 centesimi! Ma il loro è anche
show cooking, si paga il format, il vapore, oltre al cono.
Sanelli nel 2006 nel suo negozio spegneva la mantecatrice e usava l’azoto, ma non vi costruiva un palco attorno». Puntava sulla qualità, uno dei vantaggi di questo tipo di lavorazione («L’azoto è un estrattore naturale di aromi. Ed è più duttile: si può fare un gelato di vino, di cocktail, di succo di frutta ») insieme ai minori costi e al risparmio energetico.
Argomentazioni che finiranno con lo smuovere le acque anche da noi, pur se con ritardo. Cassi, intanto, pensa già alle prossime applicazioni: «A meno 196° si può produrre una sorta di farina di carne cruda, poi la si condisce con olio e pepe e diventa un carpaccio straordinario. Oppure si fa una sorta di “pesto sbriciolato”…». Inutile giraci attorno, lui è più avanti.