06-02-2022
Giovanissimi alla ribalta al Bites di Milano: gli chef-patron Pietro Zamuner, a sinistra, e Andrea Baita con la sommelier Lisa Piccolo
Dovendo dire per contratto tutta la verità, nient'altro che la verità: Bites ci è sembrato un eccellente luogo d'intuizioni gastronomiche di alto profilo, nonostante tutto (ossia in sostanza: nonostante l'evidenza di un aspetto del locale un po' tendente alle tante cucine easy, contemporanee e alternative - a volte, che noia! - che spopolano a Milano e dintorni, spesso anche con merito, ma tutte uguali concettualmente l'una all'altra, e soprattutto mai con questo valore intrinseco). Non sappiamo se sia più merito di Pietro Zamuner, il frontman che sta dietro al bancone appollaiati al quale abbiamo passato la serata; o dell'altro chef Andrea Baita, che si dà da fare nelle retrovie della cucina peraltro a vista. Vien da pensare: Andrea è lo sgobbone di talento che macina coperti e tecniche, non una cottura che non fosse a punto; Pietro il creativo che sorprende con l'istinto del gusto, ovvero il tocco finale, l'elemento decisivo almeno per noi (per il cliente mediamente è il contrario, quindi i meriti - molti - e i demeriti - boh? - van distribuiti equamente). Fatto sta che l'impressione generale è quella di una coppia perfettamente integrata - la costanza e il genio, con ruoli non necessariamente distinti - che dà vita a una cena notevole per qualità ed estro. Non ce l'aspettavamo su questi livelli.
Il bancone del Bites e, in fondo, la cucina
Merito degli chef-proprietari Baita e Zamuner. Sono giovanissimi, entrambi milanesi classe 1995. E hanno inanellato esperienze importanti, un passato comune al Seta da Antonio Guida e al 28 Posti da Marco Ambrosino, Zamuner ha lavorato anche da Cracco, al Joia, per qualche mese al fu Faviken di Magnus Nilsson in Svezia, e al Kanpai meneghino. Un percorso composito e sfaccettato, che si riflette nel loro stile, molto orientato verso una fusione tra Oriente e Grande Nord sia nelle lavorazioni che nella scelta delle materie prime, così fermentazioni, umami, kombucha, aceti fatti in casa, concentrazioni di sapori, alghe...
Sembrerebbe un copione già visto, un po' di maniera in questi anni, modaiolo, sostanzialmente mainstream, come se la contemporaneità passasse oggi da alcuni stilemi necessari. In effetti c'è tutto questo: la differenza qui la fa però l'eccellente capacità di costruzione del gusto, la puntualità nella preparazione, la nitidezza del sapore. Nulla da dire: sono proprio bravi.
E ora la nostra cena, le foto sono di Tanio Liotta.
Capesante, emulsione di 'nduja, acqua di kombutcha, tosazu, ravanello cinese. Equilibrio delicato, bella combinazione di sapori, ottima carnosità. Manca qualche grado di temperatura. In generale, interessante ma forse l'assaggio meno convincente
Ostrica Fine de Claire, emulsione di panna al 34%, rafano fresco, olio di prezzemolo estratto a freddo (sia foglie che gambi),
Sgombro, salsa yuzu kosho, zest di mandarino. Lo sgombro è in una doppia marinatura shimesaba di zucchero, sale e aceto di kombuche di mele, poi viene bruciacchiato sulla pelle. Lo yuzu kosho è una salsa giapponese, un fermentato di agrumi piccante a base, in questo caso, di peperoncino, sale, yuzu, bergamotto e mandarino. Piatto golosissimo, con tanto umami agrumato; il morso è carnoso e disvela il piacere di un incontro dolce, acido, iodato, citrico
Chawanmushi, cremoso di cavolfiore cotto con salsa thai di pesce, zenzero e limone, anguilla kabayaki, uova di trota marinate in salsa di soia, erba cipollina. Il chawanmushi è una specie di "crema cotta" di uovo e dashi. Il kabayaki si prepara mettendo allo spiedo e alla griglia su fuoco a legna l'anguilla, insaporendo con una salsa a base di brodo d'anguilla, con l'aggiunta di sakè e salsa di soia. Ancora un piatto davvero piacevole
Piccolo capolavoro: Lingua di vitello, salsa verde alle alghe (lattuga di mare, aonori, wakame reidratata nell'aceto maison). Semplice, squisito. La lingua viene bollita in modo classico, poi una finale arrostitura in padella di ferro, senza grassi
Katsuosando di verza al vapore ed emulsione di carapaci di gamberi essiccati. La verza viene cucinata al vapore con l'alga kombu, poi pressata per due notti in modo da farle perdere circa il 50% del peso per sgocciolamento, con concentrazione del sapore. Infine viene panata con albume e panko e fritta alla giapponese
Cialda croccante di rape rosse, miele di timo, spuma di mascarpone, cremoso di caffè d'orzo tostato
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di
classe 1974, milanese orgoglioso di esserlo, giornalista professionista dal 1999, ossia un millennio fa, si è a lungo occupato di politica e nel tempo libero di cibo. Ora fa l'opposto ed è assai contento così. Appena può, si butta su viaggi e buona tavola. Coordinatore della redazione di identitagolose.it e curatore della Guida di Identità Golose alle Pizzerie e Cocktail Bar d'autore. Instagram: carlopassera
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