Esiste una cucina perfetta? Difficile a dirsi: non tanto perché sia sempre discutibile attribuire tale caratteristica a questo o quel ristorante, quanto per il concetto in sé, per l'idea stessa di "perfezione". Cos'è? Quali caratteristiche possiede? Eppure, non a torto, quella di Rasmus Kofoed al Geranium di Copenhagen è considerata la tavola fine dining del mondo che forse più di tutte dimostra una tensione quasi esasperata alla perfezione stilistica, alla cura esasperata del dettaglio, al rigore. A un senso puntiglioso della resa estetica come prodromo-viatico alla totale pulizia palatale; al bilanciamento in armonia con la natura - nel piatto come nella vita - quasi fosse un archetipo e insieme un paradiso perduto, da riguadagnare.
È un modello se vogliamo poco mediterraneo, com'è peraltro logico a queste latitudini: noi in fondo siamo un po' innamorati persino dell'eccesso e sicuramente molto intrigati dall'errore creativo, dalla spontaneità del gesto imperfetto ma vivificante, dalla sbavatura virtuosa fonte di un nuovo percorso o semplicemente di una diversa emozione, non necessariamente pianificata. Eppure non ci si può che inchinare di fronte alla forza prorompente ma soffusa e tersa che promana dal locale di Per Henrik Lings Allé 4, all'ottavo piano dell'enorme complesso che ingloba lo stadio nazionale della capitale danese; qui anche il restyling interno, terminato da poco, diventa funzionale all'idea gastronomica: legno, vetro (quindi luce, che è perenne propensione, slancio e nel contempo chimera scandinavi) e terra (fiori, rami...), ossia elementi che intanto si ricollegano al modello nordico e contribuiscono in questo a destare hygge nel commensale, vale a dire il sentimento, qui tipicamente autoctono, sorta di atmosfera sociale, di senso di comodità, d'accoglienza condivisa. Ma diventano inoltre rappresentazione dell'idea stessa di cucina, come noto agli appassionati il nuovo menu - che abbiamo assaggiato qualche giorno fa in una specie di anteprima - bypassa totalmente le proteine animali che non provengano dal mare, per focalizzare sempre più la propria attenzione sul mondo vegetale, d'altra parte lo stesso Kofoed segue una dieta prevalentemente vegetariana.

Søren Ledet e Rasmus Kofoed, entrambi patron e rispettivamente direttore e chef del Geranium. Foto Claes Bech-Poulsen
Se ne parlava l'altro giorno con
Chicco Cerea, anche lui come noi reduce dagli assaggi a Copenhagen; la sua percezione è illuminante anche perché proviene da chi del "calore italiano", dell'abbraccio sorridente come colonna portante dell'ospitalità, ha fatto il proprio marchio di fabbrica. Parte da un dettaglio, perché l'eccellenza sta in questo: «Il calice». Com'era? «Raffinato, leggero, sottile, aereo, con vini stratosferici. Poi la piacevolezza dell'ambiente, la luminosità, l'affaccio sul parco dove la gente passeggiava o faceva ginnastica. E ancora: sederti a un tavolo e toccare una tovaglia con un tessuto che ti accarezza la mano. Ecco: era un po' che non avevo tale sensazione, in certi ristoranti. C'è ovviamente grande tecnicismo: rigore, precisione, eleganza. E un distacco generale, nordico, ma poi il servizio è molto attento, una danza, ed è riscaldato dalla forte influenza italiana sia in sala che in cucina».

Immagini del Geranium. Foto Claes Bech-Poulsen
Tocca un elemento importante,
Chicco, cui abbiamo già accennato. C'è tanta, tantissima Italia. A iniziare dal deputy restaurant manager
Mattia Spedicato, classe 1990 da Lecce; dalla sous chef
Martina Pistolesi, classe 1996 da Fermo; dalla floor manager
Giulia Caffiero, classe 1992 da Cagliari (che studia anche succhi e centrifugati per un pairing... diverso): sono figure apicali. Però la nostra "colonia" al
Geranium è arricchita anche dall'assistant head sommelier
Andrea Sala, classe 1994 da Milano; dalla cameriera
Nicol Floridi, classe 1994 da Rimini; dal cameriere-sommelier
Raffaele Laezza, classe 1997 da Orvieto; dai cuochi
Desiré Alfredo, classe 1992 da Roma;
Giulia Cocco, classe 1993 da Cagliari;
Andrea Silvestri, classe 1997 da Bologna;
Daniele D'Ambrosio, classe 1998 da Roma; e
Nicolò Rubinato, classe 1995 da Venezia. In undici in tutto, su 33 persone in totale nello staff: un terzo, insomma.

Giulia Caffiero e Mattia Spedicato

La sous chef Martina Pistolesi al lavoro
L'ennesima conferma della nostra forza, seppure all'estero. Un vanto, un orgoglio.
Geranium è al numero 2 della
50Best dello scorso anno. Con il meccanismo introdotto qualche tempo fa, dunque col
Noma ormai fuori gioco, il primato 2022 è vacante. Tutto lascia pensare che la primazia rimarrà a Copenhagen.
Spoiler finale: Søren Ledet, direttore del Geranium nonché co-patron insieme a Kofoed, sarà tra i relatori internazionali attesi alla prossima edizione del congresso Identità Milano 2022, dal 21 al 23 aprile. Ma l'intero programma verrà reso noto nei prossimi giorni.
Ora, i nostri assaggi.
APPETIZERS

"Tradizione danese": aringa salata in alghe croccanti con gambi di aneto e acquavite. Foto Claes Bech-Poulsen
Arriva la carrellata di appetizers, che danno già la misura del tutto: dello stile, dell'estetica. Molti sono ancora in evoluzione, ad esempio la
Rosa vegetale "Roi Soleil", crostata di fiori di sambuco, formaggio di capra e löjrom, che avevamo assaggiato e sciorinava un gusto profondo, molto fascinoso, ora è proposta con barbabietola gialla in salamoia con olivello spinoso e la stessa barbabietola grigliata con formaggio e tuorlo d'uovo fritto. La stessa verdura tornava nel boccone successivo,
Barbabietole di Birkemosegård, mirtilli disidratati e rafano: eccellente connubio tra dolcezza, sapidità e nota floreale.

Caviale Oscietra "Gold", noce leggermente affumicata, latte di fattoria e foglie di noce marinate. A destra Infuso di calamari grigliati, lievito e pelle di patata

Rosa vegetale "Roi Soleil", crostata di fiori di sambuco, formaggio di capra e löjrom (ossia uova di coregone bianco. Il pesce proviene dalle acque di una specifica parte del Golfo di Botnia)

Funghi di bosco, birra scura, tuorlo d'uovo affumicato, luppolo in salamoia e pane di segale. Foto Claes Bech-Poulsen
SAVORY SERVINGS

Ostriche e vongole, succo freddo di cetriolo, uova di lumaca leggermente affumicate, alghe e prezzemolo
Il cuore della cena approfondisce il rapporto tra terra (vegetali) e mare.
Sedano rapa con uova di merluzzo affumicato e crema di latte fermentata al caviale ha le potenzialità del signature, con note lattiche piuttosto prorompenti.
Rombo e scampi con pino, dragoncello ed erbe aromatiche ha vesti più "normali", ma è eccellente.

Sedano rapa con uova di merluzzo affumicato e crema di latte fermentata al caviale. Ci sono anche olio di nocciola, mela verde fresca, e söl, ossia alga dulse islandese grattugiata. Foto Claes Bech-Poulsen

Pancake con latticello, aglio orsino e tartufo invernale. Foto Claes Bech-Poulsen

Capesante, ribes nero essiccato, erbe aromatiche agli agrumi ed emulsione di uova di capesante

Rombo e scampi con pino, dragoncello ed erbe aromatiche

"Verdure invernali di Kiselgården": cavolini di Bruxelles in fiore, porri e cipolle selvatiche. Foto Claes Bech-Poulsen
SWEETS

Succo spremuto a freddo di sedano, uva spina, menta e pera
Largo spazio anche ai dolci.
Cloudberry, zucca e cioccolato bianco è molto fresco, ma anche con note tostate.
Mele Ingrid Marie con bacche di aronia, burro di mele e fiori di cannella croccanti è una sorta di stramba tarte tatin. Ma la tarte tatin migliore di sempre.

Cloudberry, zucca e cioccolato bianco (cloudberry è il camemoro o rovo artico - Rubus chamaemorus - diffuso nel Nord di Europa, Asia e America). Foto Claes Bech-Poulsen

A sinistra, Cioccolato fondente e riduzione di topinambur. A destra, Mele Ingrid Marie con bacche di aronia, burro di mele e fiori di cannella croccanti

Succo di lampone congelato e liquirizia delicata

Cioccolato al latte con rosa canina in salamoia, a sinistra, e Tortino caldo di patate con noce moscata e yogurt, a destra. Foto Claes Bech-Poulsen