30-08-2014

100% Alba, vivere un successo

Una città, una cantina e Piazza Duomo raccontati da chi li ha creati, i Ceretto ed Enrico Crippa

Una curiosa immagine di Enrico Crippa durante la c

Una curiosa immagine di Enrico Crippa durante la cerimonia di premiazione dei World's 50 Best Restaurants lunedì 29 aprile 2013 a Londra. Sotto la camicia, lo chef del Piazza Duomo ad Alba, indossava una t-shirt fatta apposta pensando a 100% Alba, il volume che più avanti avrebbe dedicata alla città che lo adottato

Porta la firma dello storico dell’arte Stefano Zuffi il libro che la famiglia Ceretto, vino quindi, e lo chef Enrico Crippa, cibo dunque, hanno dedicato alla città dove vivono, lavorano e splendono. 100% Alba, per Electa Mondadori, introduzione di Andrea Petrini, foto di Fabrizio Marchesi, racconta una città di 32mila abitanti ricca di talenti come poche, capitale delle Langhe e del tartufo bianco, ma è di lì anche la Nutella, che io però non capisco e di conseguenza ignoro, e uno stile invidiabile nel fare turismo di qualità.

100% Alba è un libro dalla struttura originale, onde che vanno cavalcate con attenzione. Intanto non è un ricettario e in fondo nemmeno un viaggio tra le cantine dei Ceretto (ma nella loro filosofia sì, leggere bene il capitolo Mi pi mei fa mei, il meglio più il meglio dà il meglio). E’ un omaggio ad Alba fatto attraverso gli occhi e la mente di un cuoco lecchese, nato nel 1971 a Carate e sempre vissuto a Viganò Brianza, cresciuto professionalmente alla scuola di Gualtiero Marchesi e suggerito a Bruno Ceretto da Carlo Cracco.

Adesso che le stelle sono tre, è facile indicarlo come un predestinato ma sono migliaia i cuochi che vantano gavette in locali dai nomi magici. Non è difficile crearsi un cv con tanti lustrini, basta decidere di tappare un buco lì e un secondo là, tempo due o tre estati ed è pronto. Poi però, bisogna dimostrare di avere fatto tesoro delle varie lezioni. In tal senso è bene ricordare che tra il 2002 e il 2003, Crippa lavorava nelle cucina dell’hotel Adda a Paderno Dugnano, struttura che non dovrebbe nemmeno esistere più.

La prima decisione da prendere, in casa Ceretto, era legata alla nazionalità dello chef: italiano o straniero? Poi la seconda: meglio un giovane senza nome da far maturare o un big francese che sa già come muoversi? Obiettivo: stregare la Michelin, senza sentirsi paghi e arrivati a quota due (la prima stella era data per scontata). Il signor Bruno rimase stregato da un croccante al gorgonzola. Il resto è storia nota: l’apertura del Piazza Duomo nel 2005, un anno appena ed è stellina, altri tre e arriva la seconda con la terza nell’edizione 2013.

Poi al piano terra (per il Piazza Duomo bisogna salire al primo piano di un palazzo che dà sulla piazza ma con l’ingresso in una viuzza laterale) sarebbe arrivata anche La Piola, la trattoria a tutta tradizione langarola. Ed è curioso notare come nel libro manchi la voce creatività piuttosto che innovazione. Tradizione invece sì. Facile controllarlo perché i testi sono scanditi dall’ordine alfabetico e si inizia quindi con l’Agnello sambucano e si arriva alla zeta di Antonio Zaccardi, l’ombra di Crippa tra forni e fornelli, conosciuto una decina di anni fa da Carlo Cracco a Milano.

Non agevola la lettura, nel senso che si salta da un argomento a un altro senza logica alcuna, penso alla prima lettera dell’alfabeto: Agnello, Agnolotto, Alba, America, Architettura, Azienda. Però poi capisci che è bello crearsi il proprio percorso e salti da Cucina a Passione, da Insalata a Terra e tutto trova un suo senso compiuto.


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a cura di

Paolo Marchi

nato a Milano nel marzo 1955, al Giornale per 31 anni dividendosi tra sport e gastronomia, è ideatore e curatore dal 2004 di Identità Golose.
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