Quanta letteratura esiste sugli asparagi. Da Artusi a Escoffier fino a Gualtiero Marchesi, l’ortaggio principe della primavera ha sempre ammaliato generazioni di cuochi e divulgatori di ricette da Oriente a Occidente. Da quando poi assurse a simbolo della cuisine du marchè francese, negli anni Settanta, le sperimentazioni non si sono mai fermate.
In questi anni di Identità li abbiamo visti in ogni foggia e corsa: dal predessert Nuvola di mentuccia con asparagi e sesamo del marchigiano Stefano Baiocco all'entrée Formaggio Emmental con asparagi bianchi e timo limone dell'andaluso Paco Morales, fino al main course Ceviche di pesce bianco con asparagi del peruviano Gastón Acurio. Italia, Europa e mondo.
Ci colpirono a suo tempo le direttive del britannico Heston Blumenthal: «Le sue molecole aromatiche», spiegava, «nell’acqua si dissolvono. Per questo, se li metti a bollire perdono tutto il sapore. Se invece li cucini nel grasso, l'aroma più interessante rimane imprigionato. Dunque, meglio scottarli nell’olio d’oliva o nel burro». Rammentiamo come fosse ieri il suo semplicissimo esemplare, avvolto da una fetta di salmone affumicato e poi intinto nell’uovo alla coque. Generava un benedetto e passeggero oscuramento della coscienza.

Sergio Fessia di Ortobra e il cuoco Wicky Priyan
Ancora ci mancava una cena che valorizzasse tutte le numerose specie italiane. L’ha organizzata pochi giorni fa da
Wicky’s a Milano
Andrea Grignaffini, neo-direttore della
Guida ai Vini dell’Espresso con il braidense
Sergio Fessia di
Ortobra, tra le altre cose responsabile del comparto di frutta e verdura di
Eataly Smeraldo, un’enciclopedia vivente in materia.
Wicky Pryan li ha sminuzzati, inzuppati, scottati appena, salsificati. Tra un piatto e l'altro, abbiamo attinto a una serie di interessanti informazioni. «Da un punto di vista del corredo genetico», ha spiegato
Fessia a inizio cena, «l’Asparago più unico e caratteristico è quello violetto di Albenga: non si può imbastardire con altre specie e molto difficilmente attecchisce lontano dalla sua terra di elezione. Alla fine dell’Ottocento, la
Regina Vittoria se li faceva spedire a Buckingham Palace». È anche un presidio
Slowfood e
qui sono spiegati per sommi capi i metodi di cottura più efficaci.
«Saliamo poi a pochi chilometri da Torino», continua la carrellata, «per l’
asparago di Santena, altrimenti detto asparago di Cavour perché qui c’era la residenza estiva (e pure la tomba,
ndr) del conte
Camillo Benso. È una specie particolare, verde e delicata, che si solleva dalle terre del Pianalto, una zona alluvionale. Per crescere bene, l’asparago non deve infatti incontrare ostacoli tipo la ghiaia. Per questo prospera sui terreni sabbiosi». Occorre andare a Santena da oggi fino al 16 maggio: sono i giorni della
Asparisagra, e delle “asparagiate”: diverse trattorie del paese offrono a 30-40 euro menu solo a base di quello. Anche con 4 antipasti, 2 primi, 2 secondi «e altri ancora finché non muori», avverte
Fessia.

Uno delle ricette francesi più celebri: Asparagi verdi di Roques Hautes con mimosa di caviale Oscietra imperiale. Si trovano all'Hotel de Ville Crissier in Svizzera, 3 stelle Michelin
Ci spostiamo poco più a nord per i mazzetti di
Asparagi di Borgo d’Ale, in provincia di Vercelli, verdi con le punte rosse. E più ancora a est, per l’
Asparago di Mezzago in Brianza, «E' l’unica specie con la punta rosa, una caratteristica che gli viene dal fatto che la fase di sbiancamento a un certo punto esclude l’apice, che assume quella colorazione. Ha una caratteristica amarognola spiccata. Ne andava matto
Luigi Veronelli, che in stagione li consumava alla
Locanda degli Archinti di Cornate d’Adda. Parliamo di una produzione di appena 6 quintali, consumabili per soli 45 giorni all’anno».
E poi abbiamo assaggiato l’
Asparago Bianco di Bassano nel Vicentino,
il verde di Altedo (Bologna e Ferrara), quello della
Maremma, il
verde di Foggia, il sardo di Sassari... Una girandola non certo finita (pensate all'universo sterminato degli asparagi selvatici), un arcobaleno con cui dovremmo colorare piatti e palati solo nella stagione giusta, «Che per me», conclude
Fessia con un concetto fondamentale «si esaurisce tra 3 settimane. Dovremmo tenere bene a mente questa regola crudele e scoraggiare il dilagare dei prodotti tutti uguali, tutti verdi e dalla
shelf-life lunghissima». I non-asparagi.