11-11-2019

La prima di Bogotà Madrid Fusion: orgoglio colombiano

Nella lezione di Harry Sasson, che ha aperto il congresso, la storia della coltivazione del palmito e del suo ruolo sociale

Foto di gruppo con gli chef invitati alla prima ed

Foto di gruppo con gli chef invitati alla prima edizione di Bogotà Madrid Fusion

Si è appena conclusa la prima edizione di Bogotà Madrid Fusion, spin off latinoamericano del Congresso gastronomico spagnolo (il secondo nato in Spagna subito dopo Lo mejor de la gastronomia, poi diventato Gastronomika). Come abbiamo raccontato in questo articolo di presentazione, non si è trattata della prima volta fuori dal suolo iberico per Madrid Fusion, che ha organizzato eventi simili anche a Manila, a Tokyo, a Città del Messico. 

Erano però sette anni che Madrid Fusion mancava dall’America Latina: il nuovo rapporto con la Colombia è nato sotto i migliori auspici, con la convinzione da parte degli ideatori di aver trovato in questo paese un grandissimo potenziale di sviluppo gastronomico e una scena pronta a esplodere, conquistando, come negli anni scorsi è accaduto al Perù, l’attenzione internazionale.

A poche ore dalla conclusione di Bogotà Madrid Fusion abbiamo raccolto le prime impressioni da Mónica de Greiff, presidentessa della Camera di Commercio della città colombiana e principale ispiratrice di questa iniziativa, insieme alla società Vocento, proprietaria del format Madrid Fusion. E l’abbiamo trovata davvero raggiante per il successo avuto da questa prima edizione.

Mónica de Greiff

Mónica de Greiff

«La partecipazione ha davvero superato le nostre aspettative - ci ha raccontato - sapevamo che avremmo raccolto un notevole interesse, ma non pensavamo che alla prima edizione tutte le lezioni del congresso rivolto agli operatori del settore, e così anche tutti i cooking show rivolto invece al pubblico della città, si sarebbero svolti di fronte a una platea gremita. Sapevamo però, e oggi non possiamo che esserne ancora più convinti, che questo impegno era qualcosa di serio e di lungo periodo. Con Vocento abbiamo firmato un accordo di cinque anni: Bogotà Madrid Fusion non è un progetto estemporaneo, ma un investimento molto importante da parte nostra sullo sviluppo della gastronomia di qualità nel nostro paese».

Un concetto che è stato centrale in buona parte delle lezioni che hanno coinvolto degli chef colombiani: cinque di loro sono infatti stati scelti per affiancarsi a 15 ospiti internazionali di primo piano, come Joan RocaQuique DacostaYoshihiro NarisawaVirgilio MartínezAna RošEnrique OlveraMagnus Ek

Avremo modo nei prossimi giorni di raccontare, su queste pagine, diversi punti di vista sul tema, riportando idee ed esperienze di tutti questi protagonisti dell’alta cucina colombiana. Iniziamo, in questa prima cronaca, dalla voce di Harry Sasson, il “veterano” della scena gastronomica di Bogotà, che con il suo Restaurante Harry Sasson, occupa la posizione 23 nella classifica dei 50 Best del Sud America

La sala principale del Congresso

La sala principale del Congresso

Proprio per questa sua lunga esperienza, gli è stato affidato il compito di aprire con la sua lezione i lavori del Congresso: Sasson ha scelto di farlo concentrandosi su un argomento che poi si è rivelato il vero filo conduttore dei ragionamenti sullo sviluppo della nuova cucina colombiana. La valorizzazione dei prodotti locali. «Fin dalle mie esperienze formative all’estero, in particolare in Canada - ci ha raccontato Sasson - ho compreso il valore della selezione dei migliori prodotti per una proposta gastronomica di qualità. Ma non basta: un cuoco deve essere consapevole della propria responsabilità sociale e di quanto le sue scelte in cucina possano cambiare la vita di molti produttori. Il rapporto tra produttori e alta cucina è fondamentale e oggi in Colombia abbiamo bisogno di ritrovare l’orgoglio nel valorizzare la straordinaria ricchezza e biodiversità che la nostra terra può offrire. E compiere scelte consapevoli».

Harry Sasson

Harry Sasson

Il miglior esempio, la dimostrazione più convincente, di questo impegno, Harry Sasson lo ha fornito, durante la sua lezione, decidendo di invitare sul palco con lui due membri della famiglia Montenegro: una famiglia di contadini della regione di Putumayo (nel sud del paese, al confine con Ecuador e Perù), con cui lo chef da circa 19 anni ha costruito un rapporto di collaborazione per la fornitura di una materia prima che si è dimostrata importante non solo da un punto di vista gastronomico, ma anche sociale: il Palmito.

Come i Montenegro hanno raccontato molto bene, le condizioni di vita dei contadini della regione di Putumayo negli anni ‘90 sono state molto difficili, a causa della sempre maggiore pressione da parte dei narcotrafficanti del paese perché i contadini si impegnassero nella coltivazione di coca. Uno sviluppo che ha portato violenza e grande disgregazione sociale. Ma i contadini erano deboli di fronte alla pressione dei narcos anche perché le loro coltivazioni “tradizionali” non avevano un mercato e li esponevano a una povertà in continua crescita. 

Sasson con la famiglia Montenegro sul palco

Sasson con la famiglia Montenegro sul palco

Grazie anche all’intervento del governo colombiano e di un progetto finanziato dagli Stati Uniti, la coltivazione di Palmito è stata individuata come una possibile alternativa per i contadini del Putumayo, che gradualmente hanno così sostituito le coltivazioni illegali mirate alla produzione di cocaina. Ma serviva un ulteriore supporto, per fare sì che il Palmito diventasse, anche in Colombia, una materia prima conosciuta e apprezzata. 

Ecco dove si è inserito il lavoro di uno chef come Harry Sasson, il cui elegante ristorante è certamente il più frequentato dalla borghesia di Bogotà (accoglie in media 300 persone a pranzo e cena ogni giorno). E che dal 2000 ha iniziato a proporre diversi piatti che hanno il Palmito locale, ricavato in particolare dalla coltivazione della palma di varietà “chontaduro”, come protagonista.

Sasson sul palco mentre prepara la Paella di palmito

Sasson sul palco mentre prepara la Paella di palmito

«Dovevamo innanzitutto dimostrare che non era semplicemente un ingrediente da insalate, magari non di grande qualità. Così ho cominciato a studiare ricette che utilizzassero il Palmito fresco in un contesto di una proposta raffinata e ricercata. E’ stato un impegno che ha ripagato i nostri sforzi, non solo perché oggi, grazie anche al nostro lavoro, ci sono 100 famiglie che conducono una vita sicura e serena grazie alla coltivazione di queste palme. Ma anche perché abbiamo arricchito la proposta del nostro ristorante. Uno chef non ha bisogno solo di buoni prodotti, ma anche e soprattutto di storie da raccontare, con cui interessare e coinvolgere il proprio pubblico, che non desidera solo mangiare, ma anche vivere un’esperienza».

Per illustrare al pubblico di Bogotà Madrid Fusion le molte possibilità offerte dal Palmito, Sasson ha preparato diversi piatti. In particolare, un Ceviche di palmito con gamberi, una Paella di palmito, un Cremoso di palmito con coda di aragosta. Nella nostra cena nel ristorante di Harry Sasson, ospitato da uno splendido spazio tutto in vetro e acciaio, abbiamo invece provato il Palmito semplicemente grigliato alla brace e accompagnato da olio al basilico, potendone apprezzare la delicatezza e la golosità della sua consistenza, che si aggiungono a quei valori di responsabilità sociale raccontati eloquentemente dal palco del Congresso. Sulla cui cronaca torneremo presto.


Dal Mondo

Recensioni, segnalazioni e tendenze dai quattro angoli del pianeta, firmate da tutti gli autori legati a Identità Golose

a cura di

Niccolò Vecchia

Giornalista milanese. A 8 anni gli hanno regalato un disco di Springsteen e non si è più ripreso. Musica e gastronomia sono le sue passioni. Fa parte della redazione di Identità Golose dal 2014, dal 1997 è voce di Radio Popolare 
Instagram: @NiccoloVecchia

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