Pico, nomen omen. Si chiama così il bistrot che ha aperto all’interno de La Madernassa, relais che dall’alto di una collina guarda a quei fratelli diversi che si chiamano Langhe e Roero. Siamo in Piemonte, in quella “terra di mezzo” che racconta di grandi vini e ottimi prodotti ortofrutticoli, come le pere Madernassa, appunto, da cui la struttura prende il nome. Ma questa zona, si sa, è conosciuta anche per essere regina indiscussa del Tuber Magnatum Pico, quel tartufo bianco pregiato che tutto il mondo ci invidia.
E sono proprio i re del tartufo piemontese (alias Paolo, Veronica e Stefania Montanaro, meglio conosciuti come TartufLanghe) ad aver aperto questo bistrot in società con due chef campani, ma ormai piemontesi d’adozione: Giuseppe e Francesco D’Errico. Il progetto è ambizioso e non è che il preludio per la prossima riapertura - dopo l'estate - del ristorante di fine dining che si trova nella stessa location e che da un paio di anni era già guidato dai D’Errico brothers.
Pico non può dunque che essere un mondo gastronomico capace di ruotare intorno al tartufo, un progetto dove gastronomia, natura e ospitalità si fondono in un’esperienza unica in cui per gran parte dell’anno si lavorerà sulla valorizzazione del tartufo fresco. «La nostra idea – commentano Paolo e Stefania Montanaro – è quella di un ristorante dove poter mangiare tartufo fresco tutto l’anno, così com’era stato il locale di nostro padre che, per anni, ha rappresentato una vera icona per gli estimatori di questo prodotto straordinario». Un ritorno alle origini, dunque, perché Beppe Montanaro iniziò come cuoco all’Hotel Savona di Alba negli anni ’50, lavorò sulle navi da crociera e poi fondò, con la moglie, il ristorante Da Beppe nel 1968, diventato un luogo imperdibile per gli amanti di tartufi e funghi. Solo nel 1975 l’apertura di TartufLanghe, ancora una volta nell’Albese, azienda familiare da sempre dedicata alla selezione del tartufo fresco piemontese e alla produzione di specialità al tartufo.

La sala del Pico a La Madernassa
«In un territorio straordinario come questo – commenta
Giuseppe D’Errico – mancava un ristorante capace di valorizzare costantemente nel corso dell’anno il tartufo in tutte le sue varietà e anche in forme diverse, dai crumble al prodotto fresco, per esempio. L’anima di
Pico è dunque questa, e non poteva che essere così vista la grande esperienza che la famiglia
Montanaro ha nel settore. Va anche detto, però, che questo luogo vuole essere casa per l’ambiente in cui si trova, l’accoglienza, il calore umano che viene trasmesso nel racconto di ogni portata: queste sono le due anime di
Pico che vanno a legarsi alla valorizzazione del territorio, delle sue tradizioni e anche, non potrebbe che essere altrimenti, delle nostre origini».

Uovo con fonduta di Parmigiano, piselli e crumble di tartufo nero
Ed ecco che in una carta snella e per nulla banale, fanno capolino Piemonte e Campania accomunate da quella cucina contadina che racconta anche di una grande varietà di antipasti. Ci sono il
Tonno di coniglio, il
Vitello tonnato, la
Parmigiana di melanzana, la
Bruschetta Pico e l’
Uovo con fonduta di Parmigiano, piselli e crumble di tartufo nero. Prosegue
D’Errico: «La tavola piemontese che si trova oggi in Langa è ricca, quasi
bourgeoise, e si rifà molto alla cucina francese con l’uso di tante salse, brasati e materie prime importanti. La cucina campana sposa quella mediterranea con legumi e vegetali e utilizza tanto recupero come insegnano le polpette. Il punto di incontro, secondo noi, è nell’esigenza spontanea di comunicare il territorio: oggi viviamo qui e cerchiamo di valorizzare i prodotti della zona, anche nell’ottica di inserirci sempre di più in un contesto che amiamo, di comprenderlo al meglio e di rispettarlo portandolo nei piatti ai massimi livelli. Poi, è ovvio: nelle radici scorre il sangue del Sud ed è spontaneo per noi proporre qualcosa che lo racconti e che sia capace di esprimere la nostra storia».
Con una brigata di cinque persone in cucina e due in sala, i D’Errico si alternano nei diversi ruoli: Giuseppe si occupa dei piatti salati, Francesco segue la pasticceria, il servizio e l’accoglienza in sala, completando gli antipasti freddi nella cucina a vista che anima il grande locale di Pico. E così, con una proposta gastronomica che viene dal cuore, molto schietta e sincera, i fratelli si mettono in gioco in modo indipendente in un’esperienza che prende forma sotto molteplici aspetti.
Pico infatti si trova all’interno di un parco di 18 mila metri quadri con vista su Langhe, Roero e le Alpi a fare da cornice: qui, dove ha riaperto la piscina con un’offerta rinnovata nella proposta gastronomica e dove tra l’estate e l’autunno prederà vita nuovamente il ristorante di fine dining, è nata la Pico’s farm: un grande orto e una serra dove verranno coltivati anche funghi e alghe; un’acetaia per realizzare aceti da aromatizzare con fiori ed erbe aromatiche e con telai per l’essicazione con cui ottenere, dal vegetale residuo, fogli di carta su cui stampare la mappa della struttura piuttosto che i menu.

Petto di faraona arrosto con verdure di stagione al salto

Polpette della “Nonna Rosa”
La carta, dicevamo, è composta da cinque antipasti, quattro primi, quattro secondi e quattro dolci (prezzi tra i 10 e i 18 euro) oltre alle proposte del giorno scritte su una lavagna a seconda della spesa al mercato. E se tra i primi ci sono dalla
Pasta patate e provola ai
Tajarin al ragù di vitello, tra i secondi non mancano il
Petto di faraona arrosto con verdure di stagione al salto o le
Polpette della “Nonna Rosa”: «Sono il ricordo della nostra infanzia – aggiunge
Giuseppe D’Errico – Le preparava nostra nonna, mettendole a cuocere per ore nel ragù della domenica, con carne di manzo tritata, pane, pinoli, uvetta e noce moscata». Aggiunge il fratello
Francesco: «La melanzana viene fritta intera, sbucciata e completata con un coulis di datterino, stracciatella, basilico fresco e polvere di pomodoro. In questo modo rimane soffice e cremosa con una nota di freschezza e leggerezza, mentre la
Bruschetta Pico richiama la classica bruschetta italiana, semplice e molto comprensibile, con pane cassetta preparato da noi e tagliato spesso, quindi passato al burro: croccante fuori e morbido dentro, risulta amabile e a questo aggiungiamo la carne all’albese condita con burro, acciughe e tartufo».