18-12-2024

Scima a Quarto Miglio: piatti tradizionali e una "carta delle maionesi" nel nuovo locale romano

Dopo un anno di ricerca attraverso l'Italia, due ristoratori hanno aperto un locale che unisce elementi di osteria e bistrot. Il menu cambia mensilmente seguendo la stagionalità dei prodotti

La carta delle maionesi dello Scima, a Roma, inag

La carta delle maionesi dello Scima, a Roma, inagurato ad agosto 2024

Casa, amici, conforto, gola e piacere sono i termini più appropriati che descrivono un momento trascorso a pranzo o a cena da Scima a Roma. Ma non siamo solo noi a dirlo, è un sentire comune, chi esce da questo posto porta con sé la sensazione di essere stato a cena a casa di amici. E poi torna, magari portando qualcun altro.

È questo il potere del cibo e della cucina che ti fa stare bene. È questo il potere di Paolo D’Ercole e Chiara Valzania che ad agosto 2024 aprono Scima, che rappresenta per loro l’inizio di un nuovo atto nel mondo della ristorazione capitolina. Dopo le varie esperienze su Roma in un passato prossimo abbastanza noto e un anno passato in giro per lo Stivale alla ricerca di prodotti tipici, tradizioni locali e piatti antichi da far rivivere, ma soprattutto mangiando e scoprendo che sapore ha l’Italia, tutto ha preso forma in questo luogo che non è immediato definire.

Scima non è un ristorante canonico, non è una trattoria, ha forse il clima dell’osteria con la sapienza del bistrot. Per molti è la tavola e la cucina di chi cerca un momento di trascurabile felicità come li definirebbe lo scrittore Francesco Piccolo.

Siamo nel quartiere romano di Quarto Miglio, lontano dal caos cittadino, pochi rumori, solo le chiacchiere di quelli seduti ai tavoli intorno. L’atmosfera è piacevole, rilassante, sembra quasi di essere seduti nel proprio giardino o nella propria cucina e invece siamo da Scima che apre alle 18.30 per l’aperitivo in veranda e dove spesso chi si siede per un calice continua la sua serata assaggio dopo assaggio.

La Carta delle Maionesi

Paolo D’Ercole e Chiara Valzania: insieme hanno aperto Scima, a Roma, inagurato ad agosto 2024

Paolo D’Ercole e Chiara Valzania: insieme hanno aperto Scima, a Roma, inagurato ad agosto 2024

Fiore all’occhiello di questo posto è la Carta delle Maionesi. Un menu nel menu dove trovare delle golose salse che cambiano in base all’estro o agli ingredienti reperiti e ai piatti a cui poterle abbinare. Molte delle portate, infatti, hanno una di queste come accompagnamento o si possono scegliere a seconda delle preferenze per inzuppare la pizzetta scima.

“Una cosa dettata dal mio amore per il cibo e dalla mia golosità, la maionese per me rappresenta il vero buongustaio. E per me è stato naturale realizzarla, mi sembra strano come nessuno ci abbia mai pensato prima”, ci racconta D’Ercole.

La maionese è fatta a regola d’arte, ha una consistenza importante, una densità che mette l’acquolina in bocca solo a guardarla, allo stesso tempo è delicata al palato, mai troppo spinta nel suo gusto. E qui si apre un capitolo a parte: c’è la maionese classica e la salsa rosa, poi quella alla ‘nduja, alla paprika affumicata, quella capperi e limone, la tonnata, alla cipolla fritta e all’aglione (che è veramente goduriosa). A fine estate Paolo ha addirittura proposto anche la maionese alle foglie di fico e alle foglie di limone verdello che sono due stagionali e altre idee sono work in progress per i gusti più invernali: “datemi qualsiasi ingredienti e io vi farò una maionese” ci dice ridendo, a metà tra il gioco e la sfida.

Il cuciniere e il suo menù

Guai a chiamarlo chef, neanche per scherzo, Paolo D’Ercole non ama molto le definizioni, al massimo propende per il cuciniere. Da quando si è avvicinato a questo mondo ne è rimasto irretito, complice la sua passione per il cibo e la cucina, un autodidatta in continuo studio e ricerca. “Dopo tanti anni passati a fare cucina romana me ne sono voluto allontanare spinto dalla curiosità di proporre piatti diversi delle varie regioni, ricchi e spesso sconosciuti. Era questo il pensiero che ha generato Eufrosino nel 2020 e questa curiosità e la voglia di recuperare i sapori antichi, più che le ricette (che nel tempo cambiano e si rivisitano) continua a spingermi ancora”.

Alla tavola di Scima tutto è essenziale e diretto e tutto gira sempre intorno ai sapori: non c’è sovrastruttura alcuna, né nella cucina né nella gestione di sala. Qui il filo conduttore è il gusto, che genera emozione.

I piatti che troviamo a menù sono vari e sempre diversi. Se vi aspettate di riassaggiare il piatto signature scordatevelo, mutano gli umori e i sapori così come le stagioni: “Mi annoia essere ripetitivo, fare sempre le stesse cose, dopo un po’ ho bisogno di cambiare e quando scopro qualcosa di nuovo mi piace riproporla a chi viene qui a mangiare. Mi sento un po’ iconoclasta, ma con un atteggiamento positivo orientato al nuovo e al miglioramento. E poi secondo me anche le persone hanno bisogno di essere stupite, di provare cose nuove, diversificare l’offerta che rischia altrimenti di appiattirsi”.

“Unici piatti che saranno sempre presenti sono quelli che non potrei fare a meno di mangiare – continua il nostro cuciniere – gli gnummareddi e la pizzetta Rossini, una pizza sui generis che mette insieme pomodoro, uova e maionese, che pochissimi conoscono ed è stata inventata da un pasticcere di Pesaro. Tra l’altro si trova solo nella città marchigiana ed è un must a colazione”.

Ogni portata partecipa in un viaggio, in un flusso di sapori che si alternano. Qui non è prevista una suddivisione classica tra antipasti, primi e secondi, ma tutto viene scelto in un susseguirsi di assaggi da condividere a tavola.

Dando un’occhiata al menù anche questo cambia mensilmente e propone degli extra in base alla spesa del giorno. L’idea che c’è dietro alla cucina di Paolo D’Ercole è quella della memoria. C’è la volontà di riportare in vita gusti e prodotti, ricette impolverate, quasi una missione che si realizza in piatti storici come Ciceri e Tria, tipica del Salento che prevede una pasta fresca in parte lessata e in parte fritta, condita con i ceci, una vera coccola al palato; così come i Canederli di zucca con castagne arrosto. In carta troviamo anche la Parmigiana ternana, con all’interno la fettina di maiale panata, i già citati Gnummareddi fatti con le interiora di agnello o le lombatine di pecora fritte.

Con la cucina di Paolo si continua a viaggiare tra le regioni, ma questa volta ci sono anche incursioni estere, si assaggia la Grecia con le Domatokeftedes (più facile da mangiare che da pronunciare) frittelle di ricotta e pomodori verdi, molto sfiziose presenti in un paio di menu fa, così come il Portogallo con pasteis de bacalhau o nelle salsicce e aligot, un purè di patate arricchito da diversi tipi di formaggio tipico della regione francese dell’Aubrac.

Grande attenzione per le verdure, anche esse appartenenti al gruppo “delle dimenticate” che Paolo e Chiara vanno a cercare dai contadini di fiducia al mercato di Capannelle e così ecco spuntare le trombette dei morti, la minestra campana, l’insalata caccialepre, i raponzoli, il tarassaco che prendono il posto della solita misticanza o della cicoria ripassata. 

Per chiudere c’è la Coppa Scima, una versione contemporanea e casalinga della coppa Malù a cui è veramente difficile dire di no, mentre a settembre abbiamo avuto il piacere di provare il fico al miele e noci arrostito nelle sue foglie.

Dal canto suo Chiara Valzania, una vita passata tra ristoranti e comunicazione, da anni condivide il percorso professionale e imprenditoriale di Paolo e in questo nuovo capitolo di vita comune è lei che si occupa dei vini e della accoglienza. A lei il compito di consigliare e guidare il commensale, di spiegare piatti e ingredienti poco conosciuti, di soddisfare la curiosità di chi condivide quella cucina e creare empatia. Oltre a gestire la sala, Chiara ha messo su una carta dei vini molto interessante, nomi nuovi, cantine piccole e vitigni poco conosciuti di diverse regioni italiane, che ruotano insieme ai piatti e seguono la creatività di chi sta ai fornelli.

Scima, ma che nome è?

“Non ci piace prenderci sul serio, ecco perché Scima” sottolinea Chiara quando chiediamo il perché di questo nome. Scima come la pizza antica d’Abruzzo, chiamata così perché si tratta di un preparato semplice e povero. Una pizza scema appunto, fatta di olio, farina, sale e vino, senza lievito e cotta in un ruoto coperto direttamente nel camino. Una sorta di pan biscotto, vista la sua friabilità (anche se si tende a immaginarla morbida) facile da spezzare con le mani e pensato per la condivisione. Una scoperta fatta in uno dei loro tanti viaggi, che hanno adottato come simbolo della loro cucina e della loro filosofia, proposto qui in miniatura come una sorta di entrée rurale da accompagnare con le maionesi fatte in casa, che diventa un vero rituale. Non può iniziare un pranzo o una cena qui da Chiara e Paolo senza “pucciare” le pizze scime.

Il locale

Prima di Scima c’era un bar, la struttura è rimasta simile, c’è la cucina a vista frontale, il regno di Paolo D’Ercole dove da solo spadella, impiatta e osserva curioso oltre quel vetro: “Ho sempre pensato alla cucina a vista come ad essere sotto esame, esposto agli occhi della sala, ora invece è diventato il mio punto di osservazione, sono io che cerco di capire cosa succede in sala e questa nuova visione mi piace, mi entusiasma. C’è chi fotografa, chi annusa il piatto, chi assaggia a occhi chiusi, vedo le espressioni di piacere e di incertezza davanti a sapori nuovi, sento le chiacchiere intorno ai piatti”. In sala ci sono appena 16 coperti, pochi tavoli, una credenza, una mensola con vini e un bancone davanti la cucina con due sgabelli, il posto ideale per due chiacchiere con lo chef e un calice.

I due gastronomi viaggiatori hanno pensato e messo su un posto speciale, fatto di cose belle e buone, di cose genuine un po’ come loro, che fa bene alla pancia e al cuore.


Dall'Italia

Recensioni, segnalazioni e tendenze dal Buonpaese, firmate da tutti gli autori legati a Identità Golose

Giusy Ferraina

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Giusy Ferraina

Calabrese di origine e romana di adozione. Laurea in Scienze della Comunicazione. Dopo alcuni anni passati nell’editoria, si avvicina al mondo dell’enogastronomia, muovendo i primi passi tra redazionali, ricette da editare, social network e fiere di settore. Giornalista pubblicista, collabora con La Madia e Pizza e Pasta Italiana, è autrice del podcast Misticanza per Radio Food, di cui dirige il magazine. La sua passione è raccontare le storie di aziende e produttori. Amante del buon cibo, della pizza abbinata con il vino e dei libri. Fanatica di sport

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