25-07-2024

Il foraging è una cosa seria: a spasso con gli chef Paolo Griffa e Alessandro Gilmozzi

Tutto quello che c'è da sapere sulla raccolta delle erbe spontanee (e non solo): un affascinante itinerario tra sentori inattesi, saperi antichi e aneddoti narrati da due voci guida d'eccezione

A sinistra, Paolo Griffa, chef del ristorante Pa

A sinistra, Paolo Griffa, chef del ristorante Paolo Griffa al Caffè Nazionale, ad Aosta e a destra, Alessandro Gilmozzi, chef del ristorante El Molin, a Cavalese (Trento): sono stati loro i protagonisti che ci hanno accompagnato in un'intensa giornata di foraging in Val Ferret, Valle d'Aosta. Foto a cura di Marialuisa Iannuzzi

Molte apparenti novità in ambito gastronomico fanno presto a diventare tendenza: suonano bene, creano “appeal” e in men che non si dica il fenomeno è bello e nato. Eppure diversi di questi trend, lungi dall’essere di recente forgiatura, sono ancorati a tradizioni molto meni attuali di quanto possiamo immaginare, frutto di una lenta maturazione di saperi materiali e immateriali, di memorie che custodiscono ciò che un libro non sempre riesce raccontare.

È questo il caso del foraging, la raccolta di ciò che è naturalmente presente in natura, quindi bacche, fiori, licheni, cortecce, ma anche alghe, spugne, perché ogni habitat offre all’uomo, e quindi al cuoco, un patrimonio particolare, tale da caratterizzare in maniera più o meno inequivocabile una cucina. Cosicché, chi pratica il foraging - e lo fa sul serio - non ha bisogno di rimarcare l’adozione di questa pratica come un espediente narrativo, perché diventa parte integrante del proprio lavoro, un’estensione della disponibilità di ingredienti generalmente presenti sul mercato, una ricchezza aromatica che pone un sigillo gustativo unico.

Uno scorcio della Dora, il fiume che attraversa la Val Ferret

Uno scorcio della Dora, il fiume che attraversa la Val Ferret

Basta trovarsi un sabato di luglio in Val Ferret (Valle d’Aosta) per rendersene conto: siamo non molto lontani da Courmayeur, a un passo dalla Dora; non c'è neanche bisogno inoltrarsi in fitti boschi, né percorrere aspri pendii, ma sostare, osservare, annusare, ascoltare. Farlo però con due "Virgilii" d’eccezione, due generazioni a confronto, operativi in due estremi geografici opposti, ma accomunati da una medesima passione: da un lato, Paolo Griffa, alla guida del Caffè Nazionale by Paolo Griffa, una stella Michelin nel cuore di Aosta, e dall'altro, Alessandro Gilmozzi, deus ex machina di El Molin, una stella Michelin e una stella verde a Cavalese, in Trentino. È bastato rimanere in un’area estesa poco meno di un parco giochi per accorgersi di quanto sapere sia in grado di propagare la natura.

Ebbene, a seguito della nostra esplorazione in compagnia degli chef Griffa e Gilmozzi, abbiamo messo a punto una piccola raccolta di consigli pratici, aneddoti e saperi antichi per chi si accosta per la prima volta al foraging.

 

PRIMO PASSO: CONOSCERE, CONOSCERE, CONOSCERE
Partiamo da una regola fondamentale: non basta solo conoscere ciò che si raccoglie, ma anche dove lo si fa. Sembra una banalità, ma raccogliere foglie, cortecce, fiori o radici che siano, è tutt’altro che un passatempo idilliaco, una maniera per stabilire un contatto diretto col creato.

Quest’ideale romantico svanisce immediatamente nel momento in cui scopriamo che per ogni specie innocua, ne esiste una potenzialmente velenosa molto simile. O semplicemente, lo chef immagina di raccogliere x, per poi ritrovarsi con y…  e in cucina simili errori non posso avverarsi. Pensiamo all’imperatoria, un’ombrellifera - si tratta di una specie caratterizzata da un gambo molto simile al sedano e un’infiorescenza a mo’ di ombrello - come lo sono il cumino e le carote. «Alcune piante somigliandosi davvero tanto, si confondono facilmente, per cui se qualcuno me ne porta un po’, tendo a diffidare. Perché per capire cosa abbiamo davanti occorre controllare il tipo di foglia, il tipo di fiore e la correlazione foglia-fiore. Consideriamo il cumino e la carota: dalla forma comprendiamo che entrambi fanno parte delle ombrellifere; sono praticamente identiche, se non fosse per un puntino nero centrale che caratterizza la carota», commenta Griffa.

Fare foraging, però vuol dire anche conoscere il suolo che calpestiamo: tendenzialmente si evitano zone dove c’è molta presenza umana o passaggio frequente di animali e, prima di strappare qualsiasi cosa, vale la pena accertarsi della necessità o meno di permessi particolari.

Olio e la montagna: un signature estivo di chef Gilmozzi, un piatto creato 22 anni fa, ma così attuale nel gusto. Si tratta di un'insalata che ci porta nel cuore delle Dolomiti, composta da ben 18 erbe, 3 fiori e 3 consistenze di olio . in gelato, sferificato e liquido - condita da un sale invecchiato circa 20 milioni di anni

Olio e la montagna: un signature estivo di chef Gilmozzi, un piatto creato 22 anni fa, ma così attuale nel gusto. Si tratta di un'insalata che ci porta nel cuore delle Dolomiti, composta da ben 18 erbe, 3 fiori e 3 consistenze di olio . in gelato, sferificato e liquido - condita da un sale invecchiato circa 20 milioni di anni

La qualità del raccolto, poi, dipende senz’altro dalle più recenti condizioni climatiche che, inevitabilmente, incidono sullo stato di salute del suolo, fino a determinare le caratteristiche delle erbe raccolte. Quindi, considerata l’alta piovosità degli scorsi mesi, le foglie al momento risultano tenere, brillanti, fresche, perfette da utilizzare al naturale, senza particolari interventi; al contrario, nel corso di annate più siccitose, come quella passata, il discorso cambia: le stesse foglie assumono un gusto più concentrato, tendente all’amaro ed ecco che, al fine di evitare qualsiasi spreco e mitigarne i tratti più spigolosi, nascono i vari oli essenziali, le polverizzazioni o le fermentazioni.

 

LA RADICE È NEI SAPERI ANTICHI

Il primo incontro tra Alessandro Gilmozzi e il foraging avviene circa 33 anni fa. E pensare che lo chef di El Molin, precursore della cucina di montagna e tra i suoi più grandi interpreti, mai avrebbe desiderato diventare cuoco. Il padre, costruttore, tirava su quegli stessi hotel che poi vendeva a terzi, fino a scegliere di diventarne proprietario e iniziare a gestirli assieme alla sua famiglia. Così, in assenza di personale, i figli diventavano jolly da piazzare qua e là. Giocoforza, un giovane Alessandro, allora appassionato di scultura, nonostante le sue resistenze, in cucina ci finiva spesso. Eppure è solo negli anni del militare che il destino lo mette una volta per tutte con le spalle al muro: «Ricordo che c’era da preparare un banchetto per 1500 persone. Avendo lavorato in cucina dai miei, me la cavavo abbastanza bene ai fornelli e così il maresciallo mi obbligò a fare da mangiare a tutte quelle persone. Non avevamo molto a disposizione, per cui io e i miei compagni ci mettemmo a rovistare in natura, a frugare tra boschi e cespugli, mentre veniva a galla tutto ciò che avevo appreso passivamente dalla mamma, da mia nonna e da mia zia. Iniziammo a raccogliere la qualunque, tanto da mettere da parte persino i tronchi per farci delle tavole. Fu un’impresa, eppure grazie a quel banchetto mi aggiudicai la mia prima medaglia, ma soprattutto, mi resi conto che cucinare non era poi così male, e che forse diventare cuoco, sarebbe stata la scelta migliore per il mio futuro… ed eccoci qui».

Un passo indietro nel tempo: dall'archivio di Gilmozzi, la notizia che attesta la bontà del rinfresco da lui preparato, tanto da essere nominato miglior cuciniere da campo nel settore Alpino

Un passo indietro nel tempo: dall'archivio di Gilmozzi, la notizia che attesta la bontà del rinfresco da lui preparato, tanto da essere nominato miglior cuciniere da campo nel settore Alpino

La forza dei saperi antichi, di una sapienza fondata sull’esperienza, echeggia ancora nella cucina di Gilmozzi; saperi che, non si limitano a trovare valide declinazioni nella sola sfera del gusto, ma che esplorano pure inconsuete applicazioni mediche.

Resina, dal gusto intenso e persistente

Resina, dal gusto intenso e persistente

Fino a scoprire che, talvolta, non serve raccogliere per sperimentare, ma basta “avvicinarsi alla natura” e lasciare che la magia si compia. «Vedi queste resine? Le formiche le raccolgono per farne scorta e per portarle nel formicaio: le resine, infatti, sono molto aromatiche, nutrienti e ricche di oli essenziali (al punto da essere utilizzate per farne degli incensi nelle chiese). In caso di raffreddore, mia zia bagnava le mani e le avvicinava per qualche minuto al formicaio che, intanto, rilasciava calore accumulato e acido solfidrico, impregnando le mani; lei, poi, si staccava, portava i palmi al naso, annusava profondamente e tutto passava in un batter d’occhio».

 

 

PERCHÈ IL FORAGING?

Chi conosce la natura, i suoi sentori, è perfettamente consapevole del potenziale gustativo a cui può essere esposta una creatività già fervida. Non a caso, Paolo Griffa ha costruito un intero percorso dedicato alla natura - imponente, magnifica natura, che nulla esclude; un menu fondato sul concetto di naturalezza, il che non vuol dire sottrazione di gusto, come l’atto di preparare un’animella di vitello alla maniera dell’Antica Roma.

Stando a quanto racconta Marco Gavio Apicio, cuoco, gastronomo, nonché autore del De re coquinaria (tra i primi trattati di cucina mai esistiti), le carni venivano conservate grazie all’uso di fermentazioni.

Animella alla Apicio cotta in latte di rosa

Animella alla Apicio cotta in latte di rosa

Paolo procede alla stessa maniera cuocendo, poi, l’animella in un latte di rose che la rende più dolce e morbida; l’animella viene arricchita da una salsa vierge (dalla struttura slegata) e da una vinaigrette di rosa che conferisce una nota aspra, sostenuta dal gusto intenso delle spezie.

Chiocciole e chiocciole: pasta a forma di chiocciole farcite con chiocciole

Chiocciole e chiocciole: pasta a forma di chiocciole farcite con chiocciole

Respirare un prato e respirare un piatto: anche questo è naturalezza, anche questo è natura. Prima della pioggia, ecco una distesa di verde, le erbe, sentori balsamici, freschi, l’olfatto vibra; dopo la pioggia emerge il sottobosco, la terra bagnata e piccole lumachine, quelle stesse che diventano protagoniste in Chiocciole e chiocciole, piccole lumache di pasta farcite con lumache e condite con un pesto di quelle stesse erbe tra le quali vivevano beate; una preparazione in cui l'animale viene trasportato nuovamente nel proprio ecosistema, questa volta delimitato dallo spazio di un piatto.

La conoscenza dei luoghi entro i quali muovono questi due grandi cuochi guida la creatività a creare un interesse particolare verso i processi naturali, fino a muovere una curiosità che talvolta supera qualsiasi fantasia, come il gesto di conservare la rugiada, raccolta a tre altitudini diverse servendosi di sole foglie di cavolo, al mattino e alla sera quando è tenera e abbondante.

Babà alle erbe e gelato al latte fermentato

Babà alle erbe e gelato al latte fermentato

La stessa curiosità che invita a stravolgere senza paura le tradizioni e a imprimere una nuova identità gustativa a preparazioni rimaste pressoché immutate nel tempo, come un babà che, agli occhi di Griffa assume delle chiare sembianze valdostane: muta la forma, tondeggiante e non più allungata; invece del rum, la massa soffice e alveolata assorbe del Genepy, un liquore locale al ginepro, mentre l’impasto classico del babà viene arricchito da erbe di montagna; in cima, niente panna, ma una quenelle di latte fermentato per equilibrare i sapori.

Questo vuol dire vivere il luogo, questo vuol dire diventare il luogo: nutrirsi di ciò che la natura ha da offrire, e sensibili, attenti, nutrirsi di aromi spontanei, di bellezza; nutrirsi di un paesaggio che si converte in emozione e che vive al di là di uno spazio geografico, all'interno del piatto.

 

SAPEVI CHE...?

- In luoghi diversi le stesse erbe possono mutare in sapore e odore a seconda del clima e della tipologia di suolo; non sempre in habitat simili è possibile trovare le stesse specie vegetali.

 

L'ACHILLEA

L'achillea

L'achillea

Ha delle foglie molto piccole e appuntite; se ne ricava un olio essenziale che può cambiare colore a seconda del terreno dove cresce e del modo in cui l'olio stesso viene distillato; si va dal blu, all’arancione fino al bianco, esprimendo diversi gradi di ossidazione. Può essere mangiata cruda in deliziose insalate, mentre i fiori, molto duri, vengono utilizzati in infusione, nel gelato o in bevande rinfrescanti che stimolano la digestione.

 

L'ARNICA

Un fiore di arnica, erba medicinale tipica delle altitudini, utilizzata da secoli per la preparazione di rimedi omeopatici e fitoterapici

Un fiore di arnica, erba medicinale tipica delle altitudini, utilizzata da secoli per la preparazione di rimedi omeopatici e fitoterapici

 

IL BUON ENRICO

Il Buon Enrico è detto anche farinello perchè sfiorandolo rilascia una polvere sottile, molto simile alla farina; si tratta di uno spinacio selvatico

Il Buon Enrico è detto anche farinello perchè sfiorandolo rilascia una polvere sottile, molto simile alla farina; si tratta di uno spinacio selvatico

LA BACCA DI FIORE DI SAMBUCO
Quando ha un colore verde intenso è molto tossica, attenzione!

IL CARDO MARIANO
Viene utilizzato per estrarne un caglio vegetale.

LE GEMME DI ABETE
A primo impatto hanno un gusto molto citrico che poi sfuma verso note più balsamiche e fresche, di maggiorana e rosmarino.

L'ACETOSA
Va raccolta quando le foglie sono ancora piccole; al palato ricorda il gusto della buccia di una mela verde, una Granny Smith.

I LICHENI
A metà tra un’alga e un fungo, possono crescere in 5 minuti come in 15 anni.


Dall'Italia

Recensioni, segnalazioni e tendenze dal Buonpaese, firmate da tutti gli autori legati a Identità Golose

Marialuisa Iannuzzi

di

Marialuisa Iannuzzi

Classe 1991. Irpina. Si laurea in Lingue e poi in Studi Internazionali, ma segue il cuore e nella New Forest (Regno Unito) nasce il suo amore per l'hospitality. Quello per il cibo era acceso da sempre.  Dopo aver curato l'accoglienza di Identità Golose Milano, oggi è narratrice di sapori per Identità Golose. Isa viaggia, assaggia. Tiene vive le sue sensazioni attraverso le parole.

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