31-05-2024
Paolo e Daniele Camponeschi, il primo cuoco, il secondo sommelier, pasticciere e anima della sala di Menabo Vino e Cibo, trattoria a Centocelle, Roma
Roma, Centocelle.
Non siamo a Piazza di Spagna, non siamo nemmeno a Trastevere, eppure qui c’è più Roma di quanto possiamo immaginare; c’è la Roma di chi la vive ogni giorno, una Roma che non sembra neanche tanto Roma. Una periferia sempre più centrale, ben lontana da quell’accezione di brutale distacco rispetto a ciò che solo apparentemente può sembrare l’unico nucleo vitale dell’urbe capitolina.
Una dimensione ospitale per tutti, popolare e densamente popolata, un quartiere che evolve e che nel suo processo di trasformazione, non ha potuto che stimolare lo sviluppo di una proposta gastronomica, ancora ristretta certo, ma attraente e soprattutto in grado di generare un flusso inverso, dal centro verso una vibrante periferia.
A spasso a Centocelle
Ed è qui che arriviamo, per raggiungere non proprio una novità della scena godereccia cittadina dal momento che Menabò Vino e Cucina apre già nel 2018, quando i fratelli Camponeschi, Paolo e Daniele, decidono di dar vita al loro locale a Centocelle, senza “se” e senza “ma”, mettendo insieme ciò che più li aggradasse: cibo genuino, (tante, tantissime) bottiglie selezionate con cura e un’accoglienza sincera, ripulita da ogni eccesso narrativo perché questa, dopotutto è una trattoria. Eppure, senza cascare nell’ “immobilismo” di tale definizione, e in una città dove la tradizione ha il suo peso specifico, quest’insegna ha scelto di essere sopra ogni cosa, un menabò.
Fine serata, poco prima della chiusura da Menabò - quando il tempo passa troppo in fretta
In tipografia, lo ricordiamo, il menabò è un modello di lavoro che si ottiene incollando bozze di stampa e illustrazioni in apposite riquadrature corrispondenti a colonne e pagine di un foglio di giornale. Un prototipo in cui nulla è del tutto definitivo, in cui è possibile tagliar via o aggiungere…su un giornale, in cucina e persino in cantina.
Ecco perché Paolo Camponeschi, al timone dei fornelli del suo Menabò, non ha mai chiuso gli occhi, avidi, sensibili alla vita attorno a sé, protraendo lo sguardo fino a quanto collezionato ancor prima della nascita di questa insegna: paesaggi che lo hanno avvicinato a una conoscenza diretta dei cicli biologici, di quella stessa materia prima che poi trasforma con rigoroso rispetto; la pastorizia che illumina e contamina il suo universo nel quale attecchisce il profumo del fieno, di stalla, il profumo animale, di latte appena munto; e poi la freschezza di primizie appena raccolte, turgide, brillanti, qualche volta imperfette, eppure vettori di un sapore antico; infine, l’incantesimo di cotture che nella loro durata prolungata, estesa, amplificano e anticipano lo spessore del piacere di chi ne godrà, evocando in quel bisogno di nutrire e non solo di appagare, un caloroso senso di familiarità. A tutto questo si somma Centocelle, la sua stratificazione culturale e perciò, la necessità di accogliere anche in un piccolo ristorante di quartiere, sottili venature esotiche, invitando i sapori più noti al nostro vissuto a mescolarsi con quelli di un esteso Mediterraneo.
Poi c’è Daniele: Daniele e quella carta vini mai abbastanza ampia; Daniele, laureato in letteratura tedesca, traduttore e interprete; Daniele che prima ancora di accogliere e accompagnare gli ospiti tra piatti e calici, lavora in pasticceria e, infatti, tutti i dolci da Menabò sono i suoi; ma Daniele è anche sommelier, perduto amante del buon bere che non predilige gli abbinamenti al calice (ma non per questo si astiene dal proporli); preferisce sorseggiare lentamente, lasciando che il vino si racconti da sé.
Alcuni dei vini sorseggiati nel corso della nostra cena
Sia ben chiaro: ciascuno può vivere una cena da Menabò come meglio crede, “abbozzare” l'esperienza seguendo i propri impulsi e, quindi, concedersi un piatto e via o pasteggiare balzando da un calice all’altro; perché il senso di Menabò è poter offrire una cucina di sostanza, a prezzi onesti, senza doversi privare della gioia di una grande bottiglia. Fino a eclissare il teorema per cui cucina da trattoria equivalga necessariamente a piatti unti e pesanti, insomma più di pancia e meno di ragionamento. Qui si annullano porzioncine che appena appena consentono di sfiorare il gusto; il piatto c’è e invita a rallentare, a goderselo dal principio alla scarpetta, lasciandosi attraversare e consolare da quella sacra combinazione di tempo e materia, di cura gentile, guazzando lieti nella dimensione del “cucinato”. Non si avverte, invece, la necessità di omologarsi, di essere l’ennesima trattoria romana tutta carbonara-amatriciana-cacio&pepe, di propinare dolci dalla spiccata acidità, quasi che la dolcezza fosse un peccato capitale, né adattarsi alla retorica del fermentato.
Coniglio in casseruola con funghi cardoncelli trifolati
Meglio dare un’anima, rilassare, senza compulsare il palato con sbalzi estremi, ma far vivere l’ingrediente nella pienezza del suo sapore e del suo tempo migliore, cambiando di continuo il menu, ma conservando altresì gli irriducibili, il fegato di maiale nella rete, con cipolla e alloro, fegato intatto, senza scremature, irruento, raggiunto dal profumo dolce di alloro; la pecora, multifome, perfetta stufata, condisce una fregola con carciofi saltati e pecorino; il cortile – coniglio, galletto – ma anche agnello, costine e coratella, cotte alla brace, succose con misticanza selvaggia. Semplici, penetranti piaceri. Centocelle caput mundi.
E ora i nostri deliziosi assaggi alla tavola di Menabò
Flan di ricotta e pecorino con vignarola di stagione e fave
Gazpacho di pomodori marinda e sgombro bruciato
Fegato di maiale nella rete, cipolla rossa e alloro
Fregola mentecata al ragù di pecora e carciofi
Costine di agnello con pâté di coratella e misticanza selvatica
Insalatina di pomodori e fragole, crema al caprino nobile e meringa
Recensioni, segnalazioni e tendenze dal Buonpaese, firmate da tutti gli autori legati a Identità Golose
di
Classe 1991. Irpina. Si laurea in Lingue e poi in Studi Internazionali, ma segue il cuore e nella New Forest (Regno Unito) nasce il suo amore per l'hospitality. Quello per il cibo era acceso da sempre. Dopo aver curato l'accoglienza di Identità Golose Milano, oggi è narratrice di sapori per Identità Golose. Isa viaggia, assaggia. Tiene vive le sue sensazioni attraverso le parole.
Vincenzo Mancino, patron di Taste'accio e DOL - Di Origine Laziale a Roma - Ph. credits Andrea Di Lorenzo