17-04-2024

Viaggio goloso a Prato, la città che "rigenera" i sapori antichi e ti conquista con... dolcezza

I locali storici propongono sedani alla pratese, ribollita e tonno del Chianti. Irresistibile il richiamo delle Pesche nella pasticceria di Sacchetti e della Setteveli iridata in quella di Mannori. A casa si torna con i cantucci di Mattei

Milena Ricciarelli, 93 anni, è il cuore pulsante

Milena Ricciarelli, 93 anni, è il cuore pulsante del ristorante Baghino: nessuno prepara i Sedani di Prato meglio di lei

Prato è la città che non ti aspetti. A soli 20 chilometri da Firenze vive di un’identità  propria nonostante sia popolata da 122 etnie e accolga la maggiore comunità cinese  (30 mila su 195 mila residenti) d'Italia. Ma Prato è anche la capitale mondiale del tessuto rigenerato, come da tradizione dei cenciaioli che sapevano riconoscere con un solo tocco ciò che avevano tra le mani dividendolo per colore e consistenza. Oggi quella sapienza antica resta il motore dell'economia pratese (2.500 imprese tessili, 18.660 lavoratori pari al 16% degli addetti del comparto italiano), ma anche la scintilla che ha dato il via a Tipo, il progetto di turismo industriale ideato dal Comune (www.pratoturismo.it) e costruito su diversi itinerari per entrare nel cuore di una città che è tante realtà insieme, ben integrate e di ispirazione l'una all'altra. In quel “tessuto” anche la cultura gastronomica è entrata a piene mani. Ne è conferma, per esempio, il Pan di stracci, dolce da forno ideato da Leonardo Cai, studente del corso di Disegno Industriale del Dida di Firenze, in collaborazione con il pasticcere Massimo Peruzzi. Se dai ritagli di stoffa grazie al riuso si producono pregiati tessuti, così il Pan di stracci recupera gli avanzi di pan brioche dell'impasto dei cornetti. In edizione speciale il Pan di stracci è in un sacco di jeans rigenerato, progettato per aprirsi diventando una piccola tovaglia. «Ho preso ispirazione – ha spiegato Cai - dal Furoshiki, vecchia tradizione giapponese per trasportare oggetti utilizzando stoffe, abilmente piegate per ottenerne un sacco» .  

Da sinistra, Leonardo Cai e il pasticcere Massimo Peruzzi: rifacendosi all'antica arte del riuso dei tessuti, hanno elaborato il Pan di stracci, dolce da forno, che recupera gli avanzi del pan brioche dell'impasto dei cornetti

Da sinistra, Leonardo Cai e il pasticcere Massimo Peruzzi: rifacendosi all'antica arte del riuso dei tessuti, hanno elaborato il Pan di stracci, dolce da forno, che recupera gli avanzi del pan brioche dell'impasto dei cornetti

Il concetto di distretto tessile ti accompagna concretamente a Montemurlo dove puoi pranzare (ma anche fare colazione ed aperitivo) in un ex lanificio, ora “rigenerato” nel Victory Cafè, comprensivo di un piccolo museo e showroom di stoffe. Uno spazio capace di 230 coperti con tubi di acciaio, grandi foto in bianco e nero, una gigantesca ventola, le pareti con l'effetto del tessuto grezzo, i vecchi mattoni che ricordano una ciminiera annerita dal fumo. Tutto è stato riciclato dalla vecchia fabbrica e riadattato ad una nuova funzione. Ci sono anche un antico telaio sardo, un dinamometro, una cardina e un imballatore a mano in legno, antenato della pressa per gli stracci. In questo piccolo grande mondo antico si muove la mano ferma dello chef Samuele Simoni che strizza un occhio alla contemporaneità ma si tiene stretto «la cucina contadina del papà, quella che richiedeva tempi lunghi per esprimersi al meglio». E allora ecco che la Ribollita continua a farla da padrone e le Orecchie di maiale con i fagioli restano un evergreen, così come i Crostini. La creatività dello chef si esprime al meglio in un cabaret di mignon dolci, capaci di attraversare l'Italia anche con un cannolo siciliano e la sfogliatella napoletana.  

L'interno del Victory Cafè, ex lanificio, ora "rigenerato" con l'aggiunta di un piccolo museo del tessile e uno showroom 

L'interno del Victory Cafè, ex lanificio, ora "rigenerato" con l'aggiunta di un piccolo museo del tessile e uno showroom 

Ciò che più stupisce è che i ristoranti più noti hanno la stessa funzione degli oltre 3 chilometri di mura che cingono Prato: sono scrigni a protezione dei sapori antichi. Frequentandoli, hai la certezza che le radici non si toccano. Provare per credere.  

Fare tappa al ristorante Soldano in piazza Duomo è un obbligo: la storia di questo monumento della cucina locale inizia nel 1918 con una stufa economica al centro di una grande sala e due tavoli da condividere con tutti i commensali. Al lunedì mattina, giorno di mercato, la cucina apriva all'alba perché alle 8 la sala era già piena di facchini, commercianti e contadini che pranzavano con aringhe e baccalà innaffiati da litri di vino rosso: qui si consumavano fino a 400 chili di trippa a settimana. La Seconda Guerra Mondiale distrugge tutto ma Soldano riparte con lo stesso concetto di cucina, dove al posto del gourmet ci sono ricette rustiche, sostanziose, popolari. Soldano è sempre stato la casa di tutti e quella filosofia “antica” resta il sapere e il sapore di oggi. A fare gli onori di casa è il titolare Marco James Bechini, con lo spirito dell'oste loquace e verace. Ti racconta, si racconta e ti spiega come qui la carta è un optional perché alla fine le proposte sono quelle storiche: il Tonno del Chianti, ovvero spalla di maiale marinata per alcuni giorni, servita con cipollotto rosso e fagioli cannellini, la Pappa al pomodoro, i Ravioli con mortadella di Prato e il tipico liquore alkermes, i Sedani alla pratese, piatto firma della città, preparati con un ripieno a base di macinato di vitello, mortadella, parmigiano e uovo, il Collo del pollo ripieno, il Peposo che è una sorta di spezzatino di manzo, marinato e cotto nel Chianti con spezie e tanto pepe.... «La cucina – spiega con orgoglio Bechini – è affidata a Viola Degli Innocenti. Ha 31 anni, è uscita dalla scuola Alma in una classe dove era l'unica donna su 25 allievi. Ho avuto il fiuto di sceglierla 6 anni fa e non me ne sono mai pentito». Viola sorride e racconta di quanto è adrenalico il suo lavoro, «sempre di corsa tra un turno e l'altro» e per spiegare quanta bellezza ci sia in quello che fa, si aggrappa a una frase di Confucio: «Scegli il lavoro che ami e non lavorerai neppure un giorno in tutta la tua vita». Viola testimonia come si possa entrare disinvoltamente nel futuro portandoci il passato che, come le ha insegnato la nonna calabrese, è eterno.  

Marco James Bechini, proprietario del ristorante Soldano in Duomo, con, da sinistra, la moglie Silvia e la chef Viola Degli Innocenti

Marco James Bechini, proprietario del ristorante Soldano in Duomo, con, da sinistra, la moglie Silvia e la chef Viola Degli Innocenti

Non devi spostarti di molto per incontrare il Baghino, il più antico dei ristoranti di Prato, gestito dal 1870 dallo stesso ramo famigliare del fondatore Giovanni Pacetti e da sempre ubicato in un vecchio palazzo del '400, prima convento, poi diventato sede della Massoneria. Oggi il ristorante, anche se ristrutturato, mantiene intatto il fascino delle origini, con gli alti soffitti a volta, i muri a cera, tovaglie importanti, la cucina a vista e senza tranelli. La sorpresa più bella è vedere in cucina una signora raffinata, con orecchini e collana di perle, muoversi sicura e decisa nel suo tailleur blu tra piatti e affettati verificando che tutto sia «preparato e impiattato a modo». Lei è Milena Ricciarelli, vedova di Franco Pacetti scomparso nel 2014, e da sempre memoria e anima del Baghino. «L'ho gestito da sola – mi spiega sorridente - per 65 anni, la mia esistenza è tutta qui dentro». Va in cucina stacca dalle pareti vecchie foto seppiate, mi racconta una lunga storia d'amore e mi svela: «Abbiamo due bravissime chef donna: Sara D'Aniello, 23 anni, e il suo secondo Mascia Cocchi di 45. Ma la più anziana qui dentro devo essere io. Sì, anche ora che ho 93 anni sono la prima a scendere al ristorante alla mattina e l'ultima ad andarmene». E prosegue: «Alle 7 sono già in cucina per preparare la nostra specialità, i Sedani alla pratese. Sono la mia abilità e la mia ricetta non si tocca. E poi assaggio tutto, ormai ho tanta di quella esperienza che non mi sfugge nulla in fatto di gusto. E le dico pure un segreto: tutte le sere, a fine servizio, mi premio con una birra». Che belle le storie che profumano di buono, come i piatti che qui vengono serviti senza “compiacimenti” moderni perché la storia è Storia, con la S maiuscola. Il servizio è attento, il vino e l'olio sono quelli toscani, proprio come le proposte del menù: oltre ai Sedani e alla Ribollita, non trascurate i Ravioli con crema di spinaci e pecorino, la Farinata con il cavolo nero, i Fegatelli rape e fagioli, gli Antipasti caldi... Qui la materia prima giunge ancora da fornitori a poca distanza, la carne la portano in bicicletta come una volta. Al Baghino si va ma, immancabilmente, si torna per gli intramontabili Sedani della signora Milena. «L'aspetto ancora - mi ha detto quando ci siamo salutate-. Il mio posto è qui fino a quando Dio vorrà».  

I Sedani, piatto firma di Prato, nella versione del Baghino, il ristorante più antico della città

I Sedani, piatto firma di Prato, nella versione del Baghino, il ristorante più antico della città

Sempre nel centro storico, di fianco alla chiesa di Sant'Agostino, c'è l'osteria A casa Gori. Per arrivarci ho chiesto indicazioni ad un edicolante che me le ha fornite, aggiungendo: «Ottima scelta. Si mangia molto bene». E si beve altrettanto bene: la cantina a vista offre una ricca selezione di vini del territorio e non solo. Nelle giornate di sole ci sono tavoli all'aperto, all'interno gli spazi sono ampi e luminosi, il design è moderno e la carta propone quello che non hai trovato altrove. Molti ingredienti del territorio ma libertà d'interpretazione per lo chef Nico Cipriani che ti cattura con una cucina... delicatamente robusta. Ma occorre prendere bene le misure all'antipasto se non si vuole arrivare sbarellati già ai primi piatti. Perché qui cadere in tentazione con Crostoni (ai fegatini, cipolle stufate e mandorle o gorgonzola, sedano, noci e miele), salumi e sfiziosità (top la giardiniera e la stracciatella di bufala) è il più facile dei peccati, con il Patanegra iberico 36 mesi e la Cinta senese tagliati al coltello. Tra i primi piatti meritano i Pici di cavolo nero croccante e fonduta di pecorino, il Cappellaccio di ribollita su crema di cannellini, il Risotto di zucca gialla, taleggio e melograno e i Paccheri del Mancini all'amatriciana di prosciutto. Anche i secondi sono di grande sostanza con Mascella brasata con erbette al salto, Tartara battuta al coltello, Pancia di maiale a bassa temperatura con contorno di stagione o potete osare di più con le Puntarelle saltate con olive taggiasche ed acciughe.

Design moderno all'interno del ristorante A casa Gori che ha una... cantina a vista

Design moderno all'interno del ristorante A casa Gori che ha una... cantina a vista

 

Se vi è rimasto lo spazio per un dolce optate per l'originalità della Spuma di crema inglese alla salvia su coulis di fragole e biscotto salato.  Qui non ho trovato in carta le Pesche di Prato, il dolce più tipico della città, ma non è stato un problema perché ad assaggiarle sono andata alla Pasticceria Nuovo Mondo da Paolo Sacchetti che le ha rielaborate e riproposte nella versione più amata. 

«Ne preparo oltre 1.200 a settimana – racconta Paolo - È un dolce composto da due semisfere di pasta brioche profumate alla vaniglia, bagnate di alkermes e farcite con crema pasticcera». Paolo Sacchetti è tra i più bravi pasticceri italiani e vice presidente dell'Accademia Maestri Pasticceri Italiani, ma papà lo voleva disegnatore meccanico e infatti così si è diplomato. Ma la passione per i dolci di zia Ida lo aveva conquistato sin da bambino e oggi ricorda i suoi esordi: «Ogni settimana mamma comprava Tv Sorrisi e Canzoni, pubblicavano sempre una ricetta dolce e io da solo provavo a farla. Ma lo ammetto: sono diventato pasticcere per golosità. Da ragazzo mangiavo fino a 24 paste al giorno». Sacchetti è maniacale sul concetto di freschezza e tradizione e spiega una verità importante: «Nelle pasticcerie la qualità sale quando la clientela è locale, senza il mordi e fuggi delle città turistiche». Il suo piccolo locale (la parte vendita è di circa 50mq e sul retro c'è il laboratorio) è affollato ad ogni ora del giorno.

Paolo e Andrea Sacchetti, padre e figlio, con le loro le mitiche Pesche di Prato, pasticceria Nuovo Mondo

Paolo e Andrea Sacchetti, padre e figlio, con le loro le mitiche Pesche di Prato, pasticceria Nuovo Mondo

Da lui non trovate torte da cake design o elaborazioni con pupazzi e pupazzini, ma non mancheranno mai il suo geniale cremino caldo, la torta della nonna, il profiteroles, la zuppa inglese o la millefoglie. «La pasticceria – spiega – resta uno dei grandi piaceri della vita, ecco perché deve essere di qualità, non seguire le mode che però non significa tarpare le ali a nuove idee. Questo è il compito di mio figlio Andrea, braccio destro in produzione, ricerca e sviluppo». E Paolo, piano piano, mi sussurra: «Lui sta diventando più bravo di me».  

A Prato c'è un'alta concentrazione di zucchero e così andiamo a trovare nella sua pasticceria Luca Mannori, campione del mondo di pasticceria nel 1997 a Lione con la torta Setteveli che dopo 27 anni resta «la torta più copiata in Italia». «Ho ancora un ricordo nitido di quel successo di squadra – spiega - Erano gli anni in cui l'idea di pasticceria stava cambiando, c'era un grande desiderio di confronto. In squadra eravamo io, Luigi Biasetto e Cristian Beduschi, amici con una gran voglia di emergere». E ricorda:«Il campionato obbligava all'utilizzo del cioccolato. Ci siamo allenati per oltre un anno, come se fossimo la nazionale di calcio. Non avevamo sponsor, per 6-7 mesi abbiamo sacrificato i nostri laboratori. Un investimento che oggi si può quantificare intorno ai 130 mila euro tra ingredienti, attrezzature, viaggi, stampi...». Ed entra nel dettaglio: «Ci venne in mente di utilizzare il cioccolato Madagascar al 64% e la nocciola, prodotto italiano per eccellenza. Il colpo di genio è stato mettere sotto il Pan di Spagna un pralinato croccantino con nocciole e cereali. E' una torta che passa di generazione in generazione, nella sua semplicità è diventata un classico».

Luca Mannori con l'intramontabile Setteveli, torta iridata e la più copiata d'Italia

Luca Mannori con l'intramontabile Setteveli, torta iridata e la più copiata d'Italia

 Mannori racconta come alla pasticceria ci sia arrivato tardi ma abbia recuperato in fretta il tempo perduto: «Mi sono diplomato al Conservatorio e ho girato il mondo suonando il piano e il contrabbasso soprattutto sulle navi da crociera. Oggi ho ancora una band di amici e io sono il batterista. Per 7 anni ho lavorato in banca e a 32 ho iniziato tra i dolci, spinto dal ricordo del ciambellone di mamma. E' stato difficilissimo ma sono la conferma che nulla è impossibile». E quando gli chiedo qual è la torta più buona, lui mi risponde sicuro: «Quella che mangiata una fetta, ti viene voglia di prenderne un'altra». Scontato dirvi che gli ho chiesto il bis della Setteveli.  

A lezione di cantuccini nello storico biscottificio Antonio Mattei

A lezione di cantuccini nello storico biscottificio Antonio Mattei

Quando si riparte da Prato, un souvenir dolce è d'obbligo: a colpo sicuro sono stata al Biscottificio Antonio Mattei, fondato nel 1858 e conosciuto come la casa dei leggendari Cantucci con le mandorle, ideali da inzuppare nel vinsanto. Questa è una delle botteghe più frequentate dai pratesi e dai turisti che da qui ripartono con cantuccini, la torta mantovana, le fette biscottate di pan brioche, i brutti buoni, il filone candito, la torta al cioccolato... Una tappa che vale il viaggio. Fidatevi. 


Dall'Italia

Recensioni, segnalazioni e tendenze dal Buonpaese, firmate da tutti gli autori legati a Identità Golose

a cura di

Paola Pellai

giornalista professionista, nata in un'annata di vino buono. Ha spaziato in ogni settore, dallo sport alla politica perché far volare in alto la curiosità è il sistema migliore per non annoiare e non annoiarsi. Non ha nessuna allergia né preconcetto alimentare, quindi fatele assaggiare di tutto. E se volete renderla felice, leggete il suo libro di fotostorie, Il tempo di uno sguardo

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