01-04-2024

Cristina, la cinese con le mani in pasta: i suoi ravioli artigianali conquistano Prato

Quasi 18 anni trascorsi nella terra d'origine, poi l'arrivo in Italia con la famiglia. Nel 2016 apre un piccolo locale, oggi di gran successo grazie ai ravioli. «Ne preparo 20 chili alla settimana. Ma i miei bimbi van pazzi per il ragù alla bolognese!»

Dal 2016 a due passi dal centro storico di Prato c

Dal 2016 a due passi dal centro storico di Prato c'è il ristorante cinese Ravioli di Cristina

A passarci davanti è giusto una porta di vetro, con all'esterno qualche tavolino su un marciapiedi che di panoramico non ha nulla, a ridosso della stazione Porta al Serraglio, a pochi passi dal centro storico di Prato. Ma il primo segnale che siamo in un posto “buono” è la coda ordinata di chi aspetta il proprio turno, spinto qui dalle incoraggianti recensioni che si leggono un po' ovunque.

I Ravioli di Cristina è un ristorante cinese nella parte meno cinese della città, fuori dal perimetro della Chinatown più abitata d'Italia e la terza in Europa dopo Londra e Parigi. E' un locale piccolo, con una sala all'entrata e una meno chiassosa al piano superiore. In totale sono una cinquantina di coperti e a gestirlo sono due fratelli, Cristina, 33 anni, e Federico, 22. E dietro loro c'è una storia bellissima, di coraggio e libertà, con la forza delle donne che vince puntando su orgoglio e sacrificio. Cristina in realtà è Zhang Qian, nata nella popolosa Lishui, provincia cinese di Zhejiang. Lì ha vissuto fino a quasi 18 anni, sognando una divisa da poliziotto ma adattandosi a sgobbare già a 7 anni con la casa e la cucina accudendo una nonna che non poteva muoversi. «Dovevo farlo – ricorda -, mamma e papà hanno sempre lavorato nella ristorazione, non si sono fermati un solo giorno all'anno. Tanto lavoro, pochi soldi e spese alte. Non li vedevo mai, non facevamo nulla insieme. Persino della Cina non ho visto nulla, non c'erano mai ferie o momenti di serenità da condividere. Lavoro, solo lavoro». 

Cristina, 33 anni, e Federico, 22, che hanno lasciato la Cina da ragazzini per costruirsi un futuro in Italia

Cristina, 33 anni, e Federico, 22, che hanno lasciato la Cina da ragazzini per costruirsi un futuro in Italia

Poi un giorno si fa vivo uno zio trasferitosi da tempo ad Empoli dove aveva un'azienda di confezioni che non riusciva ad aprirsi al mercato italiano per via degli ostacoli della lingua. Così chiede ai genitori di Zhang Quian di mandarla da lui per aiutarlo con le traduzioni, spiegando che sicuramente si sarebbe fatta strada in un Paese dove si lavora con orari regolari, si viene pagati secondo legge e si ha pure il diritto alle ferie, «Avevo solo 16 anni - ricorda Cristina- ma per noi cinesi lavorare o studiare in Italia è un onore. Sui libri di scuola ogni bambino fantastica quando vede le foto di Venezia, Roma e Firenze.... Papà rispose allo zio che ero troppo piccola, o si spostava l'intera famiglia o non se ne faceva nulla». La prima a lasciare la Cina è stata mamma mentre il ricongiungimento dell'intero nucleo familiare avvenne ad Empoli un anno e mezzo dopo. «Eravamo partiti pieni di speranza – spiega Cristina – ma ci accolse una realtà molto diversa. Vivevamo e dormivamo tutti e quattro in una camera presa in affitto con il solo stipendio di mamma, operaia tessile, per mantenerci. Abbiamo fatto i salti mortali e tanti sacrifici, ma mamma è stata una roccia. Ha investito i pochi soldi in tasca su di me: a 3 giorni dall'arrivo mi mandò a scuola d'italiano, dopo 3 mesi mi iscrisse a scuola guida spiegandomi che in Italia senza patente non si va da nessuna parte e dopo 6 mi trovò lavoro in un bar, così sarei stata costretta a parlare con i clienti».

Quando chiedo a Cristina perché ha cambiato il nome e scelto proprio questo, sorride divertita: «Zhang Quian è talmente difficile che non se lo sarebbe ricordato nessuno. Un mio connazionale me ne aveva proposti tanti, ho scelto Cristina perché ha un bel suono nonostante quella R per noi così difficile da pronunciare.... Sono più Clistina che Cristina». E racconta come non solo la mamma è tosta in quella famiglia: «Lo sono anch'io. Per imparare più in fretta la lingua ogni giorno andavo in biblioteca e sul dizionario studiavo le parole una ad una, oltre a fare la volontaria in un'associazione medico assistenziale. Mi sono sfidata trovando impieghi sempre più impegnativi, prima in un ristorante da 600 coperti al giorno a Firenze e poi a Prato in uno studio medico dove sono rimasta quasi 5 anni».

L'interno del locale Ravioli di Cristina: una cinquantina di coperti, menù cinese, ingredienti e servizio italiani

L'interno del locale Ravioli di Cristina: una cinquantina di coperti, menù cinese, ingredienti e servizio italiani

Poi a suo papà viene l'idea di radunare l'intera famiglia nello stesso posto di lavoro facendo la cosa che riusciva meglio ad ognuno di loro: cucinare. Cristina e i suoi famigliari mettono insieme i pochi soldi e individuano un locale in fallimento dove prima c'era un ristorante giapponese costretto alla chiusura per mancanza di lavoro: era praticamente nuovo e aveva tutto ciò che serviva, la cucina, la sala, i tavoli e le sedie. «Il nostro timore – spiega – era che non avremmo giocato in casa, ovvero sulla tradizionale via Pistoiese, quella di tutte le attività cinesi. Ma quando non hai soldi non sei tu a decidere, ti devi adattare a ciò che ti offre il mercato e il mercato ci offriva quel locale. Così nel 2016 abbiamo aperto i Ravioli di Cristina, cibo cinese ma con ingredienti e servizio italiano. Il primo anno è stato durissimo, non veniva nessuno: la nostra forza è stata quella di essere famiglia nei sacrifici, non avevamo dipendenti da pagare, facevamo tutto noi senza guardare agli orari. Abbiamo iniziato puntando subito sulla qualità degli ingredienti e non l'abbiamo mai abbassata neppure quando i conti rasentavano il rosso. Compriamo tutte le materie prime sul mercato italiano, la spesa è fatta quotidianamente, pesce, carne e verdure sono sempre freschi. Solo gli spaghetti arrivano dalla Cina perché hanno una consistenza diversa dai vostri, sono fatti di grano tenero o farina di riso».

Cristina sorride ai suoi Involtini primavera

Cristina sorride ai suoi Involtini primavera

Cristina e Federico difendono forte il concetto di artigianalità, la pasta è tirata quotidianamente con la forza delle braccia e la precisione delle mani senza spirito di competizione con la produzione italiana ma piuttosto con l'intento di accostare la loro tradizione alla nostra. «Io vado spesso a mangiare – spiega Cristina – i ravioli italiani alla Tortelleria di Prato che hanno il nostro stesso punto di partenza: i ravioli vanno fatti a mano, uno alla volta. La pasta a mano è molto più morbida, si scioglie in bocca, è delicatissima a differenza di quella a macchina più spessa, dura e gommosa. La nostra è fine come un foglio di carta, il ripieno è molto succoso e per questo appena fatto il tutto va messo nell'abbattitore per conservarne al meglio la freschezza e bloccare il 100% degli enzimi della carica batterica». 

Spaghetti di soia saltati con carne di maiale e verdure

Spaghetti di soia saltati con carne di maiale e verdure

Da Cristina i ravioli fanno la parte del leone, ce ne sono di ogni tipo con carne, verdura e crostacei: «Ne preparo almeno 20 chili alla settimana, i più richiesti sono quelli alla piastra con sedano e maiale. Ma difficilmente uno ne assaggia solo un tipo, li facciamo con una ricetta studiata in famiglia proprio per accontentare il palato italiano». Ma naturalmente non mancano tutte le specialità della cucina cinese: dagli Involtini primavera ai Baozi ripieni di carne, dalla Zuppa di wonton e verdure agli Spaghetti saltati con frutti di mare e verdure, dal Riso cantonese all'Anatra brasata fritta, dai Calamari piccanti con verdure alle Melanzane saltate con maiale macinato e peperoncino...

E poi mi racconta: «Ho due bimbi, Lorenzo, 8 anni, ed Emily, 5, che vanno pazzi per il mio ragù alla bolognese. Non faccio in tempo a prepararlo che è già finito. Se invece io mi voglio premiare con un piatto goloso mi faccio il risotto con crema di scampi o le penne alla polpa di granchio». Ora sorride Cristina, i suoi tavoli sono sempre pieni, ma negli occhi ha ancora il terrore di quello che ha passato durante il Covid: «È stato il periodo più brutto delle nostre vite. Le leggi ci hanno imposto la chiusura per alcuni mesi, ma non ci hanno risparmiato o dilazionato nulla in fatto di tasse, compresa quella della spazzatura. Ogni mese perdevo oltre 10 mila euro, il conto in banca si stava prosciugando e non sapevo più come fare... Il pensiero di chiudere mi ha attraversato, ma poi hanno vinto coraggio e sacrificio. I fornitori mi hanno dato una mano aspettandomi un anno per saldare i debiti». Adesso il sorriso di Cristina è tornato a splendere per lei e la sua famiglia: «Mio marito Alberto, cinese come me, è sommelier e ha un enoteca con vino toscano. Ci siamo conosciuti in palestra a Prato e non ci siamo più lasciati. Siamo due grandi lavoratori e come tutti i cinesi abbassiamo la nostra qualità di vita per investire sui nostri figli. Lorenzo ed Emily parlano già cinese, inglese ed italiano, studiano il computer, lei va a danza, lui pratica il taekwondo. Vogliamo che crescano liberi, pieni d'interessi e che imparino già da piccoli a cavarsela da soli prendendosi le proprie responsabilità: questa sarà la loro forza da adulti. E poi sogniamo di riuscire ad acquistare un appartamento tutto nostro, viviamo ancora con i suoceri».

I baozi serviti in più versioni nelle due sale del ristorante 

I baozi serviti in più versioni nelle due sale del ristorante 

Cristina in Italia ha l'orgoglio di un lavoro che l'appassiona e la gioia di una famiglia felice: «La nostra esistenza ha tanto lavoro dentro, ma anche la gioia di condividere il tempo libero con i figli e il marito. Questo non è successo a me con i miei genitori che lavoravano sempre. Io ho viaggiato più in Italia che in Cina dove non sono mai uscita dalla mia città. Qui invece tutti insieme abbiamo visitato incantati Venezia, Milano, Roma, Napoli, Genova, Sorrento... Siamo stati al mare alle Cinque Terre, in Puglia e in Sardegna e i nostri figli si sono innamorati di Gardaland e Mirabilandia. Siamo come una tranquilla famiglia italiana». Cosa ti manca, Cristina? Lei ride: «La "r". Ancora non mi riesce. Eppure mi alleno: tlentatlè, tlentatlè...». Scommettiamo che vincerà anche questa sfida? 


Dall'Italia

Recensioni, segnalazioni e tendenze dal Buonpaese, firmate da tutti gli autori legati a Identità Golose

Paola Pellai

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Paola Pellai

giornalista professionista, nata in un'annata di vino buono. Ha spaziato in ogni settore, dallo sport alla politica perché far volare in alto la curiosità è il sistema migliore per non annoiare e non annoiarsi. Non ha nessuna allergia né preconcetto alimentare, quindi fatele assaggiare di tutto. E se volete renderla felice, leggete il suo libro di fotostorie, Il tempo di uno sguardo

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