24-09-2024

Moma, Roma: classico, contemporaneo, sostenibile

Scampi, foie gras, ostriche, piccione ma anche zuppe di pesce all’ischitana. Il nuovo percorso di degustazione di Andrea Pasqualucci

Andrea Pasqualucci e Gastone Pierini, ristorante M

Andrea Pasqualucci e Gastone Pierini, ristorante Moma, Roma

Dall’inizio alla fine, dal gelato di parmigiano al flan di cioccolato fondente, il Moma si conferma un ristorate sorprendente. Pulizia, tecnica e soprattutto gusto: ogni piatto protagonista della tavola del ristorante di via di San Basilio è testimone del percorso di crescita del suo chef Andrea Pasqualucci e dell’intera squadra.

Tutto ha inizio nel 2002, quando i fratelli Gastone e Franco Pierini scelgono il quartiere degli affari per eccellenza a Roma come sede del loro ristorante. Il nome? Si ispira al Museum of Modern Art di New York, del quale ha voluto riprodurre proprio il concetto di “contenitore di opere d’arte”.

«Nella mia testa avevo in mente uno spazio semplice, lineare, luminoso ispirato ai grandi architetti del secolo scorso, su tutti Oscar Niemeyer, il creatore di Brasilia, lo spettacolo dell’architettura. E pensando che anche il cibo dovesse essere uno spettacolo, abbiamo realizzato una scenografia che gli fosse congeniale: materiali di grande pregio, come il travertino e il legno naturale, avrebbero dato la giusta importanza ad opere di arte gastronomica. La parola d’ordine di Moma è contemporaneità, che doveva essere ben visibile nelle sculture, nei quadri, nelle fotografie e nel piatto». Questo spiega Gastone, avanguardista assieme al fratello nel proporre già 20 anni fa una visione alternativa del cibo.

«I locali che abbiamo avuto – continua Gastone – hanno rappresentato per noi una sfida differente. Tutti, seppur così diversi tra loro, hanno in comune il grande amore che abbiamo sempre dedicato al nostro lavoro, ma soprattutto la vicinanza etica e culturale tra me e mio fratello, mettendo al primo posto il concetto di qualità, nei singoli progetti. Dalla scelta consapevole della materia prima al controllo di una filiera corta, sempre al fianco di piccoli e selezionati contadini, artigiani e allevatori italiani».

Il rapporto costante con i piccoli produttori e la filiera corta, certa ed etica capace di fornire non solo ingredienti ma anche storie e idee di futuro, sono le radici dell’insegna, che raggiunge la stella Michelin nel 2018 dopo l’arrivo in cucina di Andrea Pasqualucci, romano classe 1989. «Aver incontrato Gastone – racconta lo chef – ha cambiato la mia vita. Ero un giovane cuoco con esperienze in cucine importanti, come quella di Oliver Glowig e Moreno Cedroni, e trovare un imprenditore che avesse così chiara la visione della ristorazione futura è stata per me una folgorazione».

La sala

La sala

Il dehors

Il dehors

Federico Silvi, maitre e sommelier

Federico Silvi, maitre e sommelier

Lui, sempre più maturo ma ancora pronto al dialogo e al confronto, è uno chef che abbraccia a pieno i concetti di sostenibilità e stagionalità. Ama i tagli poveri, il quinto quarto e il pesce azzurro. Costruisce i suoi piatti con minuziosità: «Mi piace creare un piatto come fosse un modellino da pitturare in tutti i suoi dettagli: gli ingredienti giusti come fossero i colori giusti. Può sembrare semplice comporre un piatto dal sapore equilibrato, con pochi ingredienti, ma è la cosa più difficile e, per me, è la massima espressione della cucina».

Equilibrata, questa la parola chiave che come un filo unisce il percorso degustazione del Moma. classicismo contemporaneo ispirato alla cucina francese e alle tecniche più attuali e d’avanguardia. Una cucina non volutamente ma naturalmente adatta a tutti, personale ma non egocentrica, lontana da quella voglia di imporsi con prepotenza e noncuranza perché parla di ristorazione e cura del commensale, una lingua italiana nelle idee, nelle materie prime, che si apre al futuro e allo studio.

Il tutto accade in spazi piccolini organizzati al millimetro. Il locale ha una doppia anima: quella del bistrot al piano inferiore con un’offerta gastronomica semplice e quella gourmet del piano superiore. Una doppia anima che consente di mettere a sistema il ristorante gourmet con il bistrot, facendo in modo che tutto ciò che non serve nel laboratorio del primo, venga utilizzato in quello del secondo. Così la materia prima, i gesti, gli spazi vengono sfruttati al massimo: «Lavoriamo il pescato a seconda della disponibilità giornaliera –spiega lo chef Pasqualucci - e per i piatti gourmet utilizziamo tutti i filetti e la parte centrale. Le parti finali vicino alle code sono adoperate per realizzare le tartare del pranzo e la testa è utilizzata in molti modi».

Quest’ultima viene cotta al vapore e, insieme alla guancia, serve a preparare le Polpette di pesce al bistrot. La Cotoletta di muscolo branchiale di ombrina in panatura croccante è un esempio della cucina no waste del ristorante: «Lavorando pescati così grandi è fondamentale cogliere il potenziale di ogni singola sezione. Nel caso dell’ombrina, il muscolo branchiale viene ben pulito, poi scalziamo l’osso proprio come se fosse una cotoletta e utilizziamo ciò che resta per diversi piatti fuori menu: lo proponiamo in versione panata e fritta, sempre con un side di contorno, oppure lo mariniamo e lo scottiamo sulla brace», conclude lo chef.

Due sono i menu degustazione: “Moma’s Signatures” in 6 portate e “Creativity”, 8. «Amo rinnovare spesso l’offerta e giocare con i sapori», spiega Pasqualucci,«ma ci sono molti piatti che ho proposto in questi anni che hanno segnato il nostro cammino e ai quali i nostri clienti non rinunciano. Da qui è nata l’idea di proporre due percorsi degustazione diversi, uno per esprimermi con maggiore creatività e l’altro per permettere agli affezionati di ritrovare qui i loro piatti del cuore e, a chi viene qui per la prima volta, di scoprire il Moma attraverso i sapori che ne sono la firma». Ecco quindi che a proposte ormai iconiche come Il nostro orto di stagione, le Tagliatelle di seppia alla puttanesca e il Risotto alla camomilla, anguilla affumicata, miele e origano si accostano creazioni nuove, golose, precise nelle cotture e negli abbinamenti che conquistano cuore, testa e pancia.

L'Ostrica con composta di scalogno e salsa allo Champagne vola in Francia. Carnosa, sapida, grassa e ancora fresca, stimola l’appetito e traina il cliente felice verso l’antipasto di Scampi, foie gras, limone e menta. Grassezza e acidità viaggiano a braccetto: l’opulenza della royale di foie gras viene alleggerita dalla gelatina realizzata con un brodo di scampi aromatizzato con anice stellato, sedano e bucce di limone in infusione, mentre gli scampi crudi con spugnole e asparagi bianchi sono coccolati dall’acidità della spuma di limone.

Scampi, foie gras, limone e menta

Scampi, foie gras, limone e menta

Ostrica, composta di scalogno e salsa allo champagne

Ostrica, composta di scalogno e salsa allo champagne

Risotto anguilla e camomilla

Risotto anguilla e camomilla

Animelle alla diavola, prugne e aglio novello 

Animelle alla diavola, prugne e aglio novello 

Il piatto migliore? Senza dubbio i Corallini in zuppa di pesce crudo e cotto “all’ischitana”. Saporita, concentrata, con una punta di dolcezza, la zuppa, è un capolavoro di esperienza e sapore italiano. Il pomodoro del piennolo, il peperone crusco, il timo e la maggiorana, e l’immancabile limone, anche fermentato regalano alla salsa un sapore speciale, nostalgico. La scelta del formato della pasta, perfettamente cotta, e il  carpaccio di scorfano e gallinella aggiunto affianco del carboidrato, sono la cornice di un’idea e un’esecuzione perfetta in ogni dettaglio.

Circolare, senza scarti, tra Francia e contemporaneità, il Piccione, rabarbaro, scorzonera e panna cotta al miso è la chiusura ideale di un percorso fine dining. Il petto cotto a bassa temperatura e poi scottato viene servito su un tappeto di rabarbaro infuso in aceto di lamponi e zenzero. Accanto c’è la crema di scorzonera in cui annegare la coscia fritta ripiena di spugnole. E ancora c’è una panna cotta di miso bianco e foie gras ricoperta con il fondo del piccione e piccoli bottoncini farciti con le interiora in brodo tiepido di rabarbaro.

Piccola negli spazi, immensa nelle proposte brillanti, è anche la cantina curata dal maitre e sommelier Federico Silvi, che dalle Langhe all’Etna seleziona piccoli vigneron italiani e non solo. L’offerta è dinamica e si rinnova periodicamente.

Moma
via di S. Basilio, 42
Roma
+390642011798
chiudo l’intera domenica e sabato a pranzo
Prezzo medio: 120 euro


Dall'Italia

Recensioni, segnalazioni e tendenze dal Buonpaese, firmate da tutti gli autori legati a Identità Golose

Francesca Feresin

di

Francesca Feresin

Romana di Trastevere, classe ’99, sin da piccola mangia fuori, ricercando tavole sempre più fuori dagli schemi. Studia Medicina al Policlinico Umberto I con l’obiettivo futuro di riuscire a coniugare le sue più grandi passioni: la cucina e la medicina.

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