20-07-2022

Matias Perdomo e il Midollo di banana: «Sfido il cliente a una nuova attenzione»

Quando ci sediamo a tavola spesso siamo distratti ma, per essere davvero soddisfatti, dobbiamo cambiare il nostro punto di vista. Il processo creativo dello chef di Contraste

«Ma se il midollo fosse un frutto, che frutto sar

«Ma se il midollo fosse un frutto, che frutto sarebbe?». E io mi sono risposto: «Una banana». E’ un gioco che facciamo spesso con i ragazzi in cucina, per cambiare il punto di vista. Ad esempio, “Se il filetto fosse una verdura sarebbe un pomodoro cuore di bue” e, infatti, le nonne ti dicevano “Mangia questa bistecca di pomodoro” perché la consistenza è simile. Oppure “Se il foie gras fosse un frutto, sarebbe avocado”. Cambiare il punto di vista è un modo creativo per concentrarsi davvero sull'ingrediente, estrapolandone caratteristiche e peculiarità uniche

La cucina è gioco, divertimento, gusto, ma soprattutto riflessione. Ne è convinto Matias Perdomo che, da anni, crea piatti originali e fuori dagli schemi, capaci di far sorridere, godere e pensare. Tra i suoi pregi, non da poco, la capacità di andare sempre oltre se stesso e di non accontentarsi mai. Avrebbe potuto “sedersi” sulla Cipolla Caramellata, riproporla e riproporla ancora, in tutte le salse, invece ne ha preso l’essenza e l’ha fatta evolvere, facendo crescere le sue proposte con la sua maturità.

Più di 3000 like in pochi giorni per il Midollo di banana di Matias Perdomo su Instagram

Più di 3000 like in pochi giorni per il Midollo di banana di Matias Perdomo su Instagram

«Un tempo al cuoco si chiedeva “Come hai fatto questo piatto?” - dice lo chef uruguaiano alla guida del ristorante milanese Contraste -. Oggi secondo me la domanda quando ci si avvicina all’alta cucina deve essere: “Perché hai fatto questo piatto?.

Dietro ad ogni creazione deve esserci un pensiero e un messaggio, altrimenti il lavoro del cuoco viene fatto a metà. Negli ultimi tempi mi sono chiesto: ma siamo davvero attenti a ciò che mangiamo? Non è che troppo spesso l’occhio e lo storytelling guidano il palato e, a volte, lo sovrastano? Eppure non dovrebbe essere così.

Pensa e ripensa, ho creato un piccolo “gioco” per vedere se chi stava seduto al tavolo era davvero attento o si faceva condizionare da ciò che vedeva nel piatto e da ciò che gli diceva il responsabile di sala.

Matias Perdomo, chef del ristorante stellato Contraste di Milano

Matias Perdomo, chef del ristorante stellato Contraste di Milano

Il processo creativo per il Midollo di banana

«L’inizio del percorso di creazione del Midollo di banana nasce da una prima riflessione: un tempo il quinto quarto non veniva usato nei ristoranti fine dining, ora si trova ovunque. Non è strano vedere ossa di vitello tagliate a metà con il loro midollo all’interno, da mangiare con un cucchiaio e un pezzo di pane caldo. È diventato comune. Inoltre, bisogna notare che oggi quel quinto quarto spesso costa tanto quanto un filetto.

Il secondo passo è stato chiedermi: “Ma se il midollo fosse un frutto, che frutto sarebbe?” E’ un gioco che facciamo spesso con i ragazzi in cucina, per cambiare il punto di vista.

Ad esempio, “Se il filetto fosse una verdura sarebbe un pomodoro cuore di bue” e, infatti, le nonne ti dicevano “mangia questa bistecca di pomodoro” perché la consistenza è simile. Oppure “Se il foie gras fosse un frutto, sarebbe avocado”.

E, ancora, “Se il pesce fosse una verdura, che verdura sarebbe?”. Sarebbe una cipolla. E, infatti, un grande maestro come Josean Alija crea una similitudine così ampia che i due ingredienti sono quasi impossibili da distinguere.

La cipolla che imita il merluzzo. Un altro piatto geniale di mimesi culinaria dello chef Josean Alija

La cipolla che imita il merluzzo. Un altro piatto geniale di mimesi culinaria dello chef Josean Alija

Se ci pensiamo bene, questo gioco di mascheramenti, per necessità, lo conoscevano bene le nostre nonne che preparavano il Tonno di coniglio o il Finto formaggio, con le briciole di pane e le erbe aromatiche a mimare ciò che non c’era perché troppo costoso.

Il lavoro sulla banana e sulle “somiglianze” nasce guardandola. Avevamo sul bancone delle banane un po’ annerite perché troppo mature e ci siamo accorti che, tagliandole a metà, sembravano l’interno dell’osso e ricordavano il midollo, sia come aspetto che come consistenza.

Fase 1 del processo creativo: Matias Perdomo nota che la banana ben matura, tagliata a metà, assomiglia al midollo dal punto di vista visivo. Inoltre, anche la texture si avvicina molto

Fase 1 del processo creativo: Matias Perdomo nota che la banana ben matura, tagliata a metà, assomiglia al midollo dal punto di vista visivo. Inoltre, anche la texture si avvicina molto

Dopo la parte di somiglianza “visiva”, siamo passati al gusto. Abbiamo preso la banana matura, l’abbiamo bucherellata e messa sulle braci. Ci siamo accorti che il sapore del fuoco ne stemperava la dolcezza. Poi l’abbiamo sbucciata, messa nell’osso e ripassata sulle braci in modo che caramellizzasse leggermente e intensificasse il suo sapore. La condiamo poi con olio, sale e una gremolada a base di limone, sedano, prezzemolo e pomodoro fresco a cubetti.

La nostra volontà era anche strizzare l’occhio all’Ossobuco alla milanese e, infatti, il midollo di banana diventa parte del piatto dove c’è anche il vitello di Alberto Mosca, un bravissimo fornitore di Biella.

Il gusto finale del finto midollo è lunghissimo, si sente il potassio e la consistenza è perfetta.

Fase 2: la tecnica. La banana viene messa sulle braci, bucherellata, proprio come fosse midollo. Le braci ne intensificano il sapore, regalando un sapore più sapido, di fuoco

Fase 2: la tecnica. La banana viene messa sulle braci, bucherellata, proprio come fosse midollo. Le braci ne intensificano il sapore, regalando un sapore più sapido, di fuoco

Fase 3: la banana viene inserita nell'osso e ulteriormente passata sulle braci in modo che caramellizzi

Fase 3: la banana viene inserita nell'osso e ulteriormente passata sulle braci in modo che caramellizzi

La somiglianza è impressionante

La somiglianza è impressionante

Quando portiamo il piatto al tavolo, quasi nessuno si accorge che, al posto del midollo c’è la banana. Ed ecco qui il gioco che si instaura tra noi il cliente che, alla fine dell’assaggio, resta stupito, incredulo e divertito.

Ma ripeto, non è solo leggerezza, quella va benissimo, ma è anche un modo per far pensare e riflettere su quanta attenzione diamo al nostro palato. Voglio dire: dovremmo stare più attenti ad ogni ingrediente, ai sapori che si sprigionano nella nostra bocca, alle sensazioni che ci danno e a cosa ci comunica quel piatto, al di là delle apparenze.

Fase 4: il Midollo di banana viene condito con sale Maldon, olio e gremolada per strizzare l'occhio all'Ossobuco alla milanese

Fase 4: il Midollo di banana viene condito con sale Maldon, olio e gremolada per strizzare l'occhio all'Ossobuco alla milanese

Il palato va allenato. Io, cuoco, posso metterti nel piatto la banana che sembra un midollo e, se sei distratto, ti riempi la pancia pensando sia un midollo e senza pensarci su. Se, invece, hai voglia di metterti in gioco, troverai i messaggi nascosti in ogni portata, idee che cambiano il pasto e portano a un maggiore livello di consapevolezza su ciò che mangiamo e ciò che sentiamo.

Questo tipo di lavoro creativo, permette di aprire nuovi orizzonti. Pensate: non ho a disposizione il tonno, ma voglio creare un nighiri, come faccio? Magari, se prendo un peperone rosso, lo cuocio in un certo modo, lo faccio marinare, aggiungo la salsa soia e un pizzico di wasabi, lo metto sul riso, chi può dire se è pesce o verdura? Insomma, se è chiaro l’obiettivo, si troverà il modo tecnico per arrivarci.

Ragionando in questo modo si possono creare una infinita serie di richiami e rimandi, spostando sempre oltre l’asticella della creatività.


Dall'Italia

Recensioni, segnalazioni e tendenze dal Buonpaese, firmate da tutti gli autori legati a Identità Golose

a cura di

Annalisa Leopolda Cavaleri

giornalista professionista e critico enogastronomico, è docente di Antropologia del Cibo e food marketing all'Università di Milano e all'Università Cattolica. Studia da anni il valore simbolico del cibo nelle religioni e collabora con alcune delle più importanti testate del settore

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