08-06-2011

Sulle tracce della pizza perfetta

Gli ingredienti precisi e tutti gli step del tondo impasto secondo Enzo Coccia, pizzaiolo napoletano in trincea

L'impasto di Enzo Coccia alla Pizza a Metro di Vic
L'impasto di Enzo Coccia alla Pizza a Metro di Vico Equense, teatro del laboratorio 'A Pizza (foto Maurizio Camagna)

Nel mondo c’è sete di pizza. Un’arsura scoppiata un trentennio fa. Solo che negli anni Ottanta la richiesta si tradusse in offerta scriteriata di dischi congelati e surgelati, frisbee che i pizzaioli oggi più in trincea utilizzerebbero per giocarci una mezzora in spiaggia, col cane che l’addenta al volo. «C’è bisogno di conoscenza, occorre fare cultura sulla vera pizza», raccomandò a suo tempo Gualtiero Marchesi fiutato l’andazzo con-surgelante. Ad ascoltare il messaggio c’era Enzo Coccia da Napoli, primo relatore di ‘A Pizza, una giornata interamente dedicata alla pizza fatta-come-si-dovrebbe, organizzata nella giornata di oggi dal trio Bonilli-Cortese-Menduni, in appendice alla Festa di Vico di Gennaro Esposito.

Le pagnottelle nella madia (foto Zanatta)
Le pagnottelle nella madia (foto Zanatta)
Piena l’aula della Pizza a Metro di Vico, così come gremita fu la lezione dedicata al tondo impasto infornato di Identità Golose 2011, prologo di una giornata ancora più ampia che vedremo a Milano, febbraio 2012. Perché oggi la sete è di conoscenza: occorre capire la pizza. Che ha natali napoletani, non scherziamo. E Coccia è uno dei suoi profeti, scienziato/filologo della medesima con studiolo nelle due pizzerie La Notizia, sui tornanti di via Caravaggio a Napoli, ai civici 53/55 e 94a: 250 pizze da asporto al giorno nella prima storica sede e non più di 60 coperti a sera nella seconda di recente apertura, più contemporanea nei particolari d'arredo.

Vogliamo la ricetta perfetta. Regola numero uno: «Sciacquare le mani con acqua», che sembra una raccomandazione mamma-figlio ma è importante perché l’impasto è un processo chimico-fisico che detesta l’impuro. Ecco la madia, il dove dell’impasto della lezione di Vico, «bisnonna dell’impastatrice». Dentro, entreranno 4 soli ingredienti: «1 litro d’acqua di ph da 4 a 7; una misura variabile da 1,8 a 1,9 kg di farina a seconda dell’umidità ambientale; 50 g di sale fino marino e un grammo di lievito, uno solo perché io punto sulla lievitazione naturale meccanica: più aria inglobi mentre impasti, meno ci sarà bisogno di lievito. Si sciolgono assieme acqua e sale, mescolandoli bene per non lasciare residui salini. Si stempera il lievito, si aggiunge farina a pioggia e si incomincia a girare e roteare. A mano, per fare un impastone di trama corretta occorrerebbero 40 minuti».

Le stampelle non fermano Coccia (foto Zanatta)
Le stampelle non fermano Coccia (foto Zanatta)
Fatto l’impasto, ecco il porzionamento in pagnotte «che devono ricordare il culo di una pacchiana, il sedere di una paesana». Ogni pagnottella viene 250 grammi circa: «non per vantarmi, ma ormai dò loro forma sbagliando al massimo di 2 o 3 grammi». Qui arriva un bivio: «ci sono due scuole di pensiero: o si trasformano subito le pagnottelle in dischi che poi inforneremo, oppure le lasciamo riposare e solo dopo le trasformiamo in dischi». C’è tempo solo per due chiose finali. Sul forno: «Deve essere esclusivamente a legna, a bocca centrale larga 54 e alta circa 30 cm. Più la bocca si apre, più si ha dispersione all’esterno». E su un concetto di fondo decisivo: «La prossima volta posso anche elencarvi per intero il disciplinare della pizza perfetta», precisa, «ma senza l’anima e la tecnica non si va da nessuna parte».
Per altri dettagli sulla giornata, vedere qui.


Dall'Italia

Recensioni, segnalazioni e tendenze dal Buonpaese, firmate da tutti gli autori legati a Identità Golose

Gabriele Zanatta

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Gabriele Zanatta

classe 1973, laurea in Filosofia, coordina la Guida ai Ristoranti di Identità Golose e tiene lezioni di storia della gastronomia presso istituti e università. 
instagram @gabrielezanatt

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