«Cos'è l'eleganza? Una forma di piacere, di bellezza che colpisce perché è selettiva, rara da trovare. Non si presta facilmente a essere replicata troppe volte, perché così finisce con lo smarrire la propria essenza, la propria unicità. Pensiamo allora alla cucina: se uno chef è bravo a preparare un piatto, che senso ha distruggere il suo talento per fare soldi, per puntare ai grandi numeri? Diventi una fabbrica, annulli il tuo tocco e perdi l'anima». C'è l'elogio della lentezza e l'idea di un modello più rilassato di ristorazione, nelle parole di Alfonso Caputo al termine di una bellissima cena, ieri sera a Identità Golose Milano (seconda e ultima replica stasera, doppio turno ore 19,30 oppure 21, sempre al primo hub internazionale della gastronomia, per prenotare clicca qui).
Si parlava di coperti e di clienti. I primi son stati ridotti dallo chef della Taverna del Capitano, «ma già da prima della pandemia. Siamo scesi da 40-50 a un massimo di 35», perché un'esperienza gastronomica piena riesce meglio quando un ristorante può concedere più attenzioni e il personale non è travolto dalla frenesia. «Lo stop forzato dovuto al Covid-19 è stato un momento di riflessione importante, che non va perduto. Noi abbiamo ripreso il primo giugno, con ottimi riscontri per fortuna. E siamo felici nel vedere i clienti felici, che poi si è cuochi proprio per questa ragione. Doppi turni? No grazie. È complicato, bisogna impostare orari lunghissimi: c'è la professione ma c'è anche la vita, occorre certo lavorare bene ma sempre con dignità».

Alfonso Caputo a Identità Golose Milano
Secondo
Caputo, che pensa al suo lembo di paradiso in Penisola Sorrentina, questa fase in cui ancora non si sono riattivati i soliti flussi turistici internazionali deve indurre la ristorazione a rinforzare il proprio legame territoriale, «intanto perché è giusto di per sé. Poi perché oggi possiamo contare essenzialmente su una clientela locale (alla
Taverna solitamente gli italiani sono un 60%, gli stranieri circa il 40%, ma con un dato in ascesa negli ultimi anni,
ndr), a volte persino di ritorno dopo anni. Chi è più radicato - come noi che esistiamo da 52 anni - riparte più facilmente. La gente del posto ci sta seguendo e questo ci fa molto piacere, credo la ragione si possa trovare nel fatto che abbiamo sempre mantenuto uno stile di cucina comprensibile, che prende avvio dalla tradizione, in fondo noi siamo partiti come trattoria, per crescere poco a poco, anno dopo anno».

L'antipasto: Il pane e lo sgombro, briciole di crostini agliati, burrata di bufala, alici e olive nere. In abbinamento Berlucchi ‘61 Nature DOCG o Ruinart Blanc de Blancs AOC

Primo piatto: i mitici Spaghetti alla Nerano. In abbinamento Verdicchio di Matelica Vertis Bio DOC - Borgo Paglianeto. «Sono 35 anni che li propongo, chissà quanti ne ho preparati! Una volta a un evento a Milano quasi 700 piatti in una sola sera. A volte mi dispiace pure, abbiamo tante altre proposte interessanti... Ma mi chiedono gli spaghetti ancora e ancora». Intramontabili
Occorre innanzitutto rimanere sé stessi, non perdere la propria identità, «poi pensare al modo migliore per affrontare questa fase. La cucina è qualcosa che uno chef si sente dentro, che prepara per i suoi clienti. Quando lo fa deve avere le idee chiare. Deve chiedersi: chi è oggi il mio cliente? E strutturarsi per accoglierlo al meglio. È giusto insomma "ritagliargli addosso" la tua proposta. Magari anche scegliere un profilo più basso, togliere qualche orpello, limare un poco i prezzi... Prima, per paradosso, avevamo persino troppe prenotazioni: si faceva fatica a pensare, si era presi dal vortice. Oggi c'è meno gente in giro, la conosci di più perché è del posto, va incentivata a tornarti a trovare. È come ripartire da zero, o da uno: occorre ragionarci bene. Per adesso c'è l'effetto dell'entusiasmo iniziale, bisognerà vedere a regime quanto terrà settimana dopo settimana. Ma sono ottimista: arrivano il caldo, i mesi delle vacanze, la voglia di venire al mare. E spero che la stagione turistica, iniziata più tardi, possa allungarsi: magari fino a ottobre o novembre».

Secondo piatto: Triglia in crosta di mandorle, mirto selvatico e asparagi. In abbinamento Pinot Grigio delle Venezie DOC - Corte Giara. Molto buona, interessante il rametto di mirto croccante, da mangiare, che conferisce una piacevole variazione gustativa. «Sto lavorando molto su questo aspetto, penso alla cottura con foglie di limone. O di fico: le uso col tonno, loro rilasciano il latticello, il piatto prende un gusto quasi di cocco»

Il dolce: Il limone della Costiera, il soffiato, il gelato e la sua salsa. In abbinamento il cocktail Torna a Surriento (vodka Belvedere, spremuta di limone, bergamotto). «Sembra un dessert gigantesco, ma il sorbetto contiene solo 20 g di zucchero, s'affonda il cucchiaio e la salsa è ariosa. "Chi se lo mangia?", si chiedono alcuni, anche quando lo propongo nel mio ristorante. Poi iniziano e la bocca rimane pulita». È una proposta ideata nell'estate 2019