Sintesi e (apparente) semplicità: che poi vuol dire focus sulla pulizia del gusto, no frills ma via libera alla complessità. Se qualche anno fa si trattava di puntare sulla qualità della pizza, per migliorarla, e dunque era logico aggiungere, arricchire, oggi l’alta pizzeria non può che ragionare – ancora una volta - come l’alta cucina, facendo proprie le tendenze più recenti di quest’ultima. E dunque si pone ora l’obiettivo di mirare alla purezza del gusto, levando orpelli e integrando sul piatto una formula disco+topping che sia immediata, quasi didascalica (la pizza parla al popolo, è democratica), ma contenga in sé un intero compendio di suggestioni, aromatiche e non solo.

Padoan al lavoro (foto Paolo Marchi)
Considerazioni, queste, che si sono affastellate nella nostra mente al termine di un recente passaggio a
I Tigli, chez
Simone Padoan. La notizia è questa: dopo aver tanto innovato sul condimento, ora il pizzaiolo di San Bonifacio torna a ragionare sugli impasti. E lo fa proponendone di nuovi – in tutto ora sono sette – grazie all’uso di diversi cereali. «E’ una scelta che deriva dalla mia voglia di andare sempre avanti – ci ha spiegato – Mi sono chiesto: perché non studiare impasti “da abbinamento” per così dire, ossia che regalino note aromatiche particolarmente adatte a incontrare determinati tipi di topping?».

La pizza Polenta e baccalà
Una sorta di
pairing, direbbe un sommelier: il disco ideale per accogliere al meglio quanto va a sormontarlo. «In prima istanza abbiamo preparato una focaccia romana al mais e semi di girasole, perché cercavo qualcosa che si sposasse alla perfezione con una pizza
Polenta e baccalà (con anche spinaci al cartoccio e pinoli,
ndr). Poi la ricerca è proseguita».

Di nuovo la focaccia romana al mais e semi di girasole, ma con ceviche di gamberi rossi, finocchio all’arancia e burrata

Focaccia all’orzo con fiordilatte, cime di rapa al cartoccio, animelle spadellate al burro e limone
Nella nostra degustazione, lo stesso impasto che abbiamo citato –
buo-nis-si-mo – ha anche incontrato un ceviche di gamberi rossi con finocchio all’arancia e burrata. Poi ecco una focaccia all’orzo con fiordilatte, cime di rapa al cartoccio, animelle spadellate al burro e limone; quindi un impasto di segale e avena con fiordilatte, verza passita con soia, zenzero e mirin, guancia di maiale sfumata alla croatina. Pizza semplicemente goduriosa.
Ma il culmine è forse stata Porca l’oca, impasto di pan brioche arricchito con semi di girasole e sesamo bianco e nero, farcitura con oca cotta nel forno a legna, lardo, foie gras e composta di pere cotogne: da sballo.

Impasto di segale e avena con fiordilatte, verza passita con soia, zenzero e mirin, guancia di maiale sfumata alla croatina
Padoan: «Vogliamo semplificare l’approccio al tavolo, anche se tale passo comporta molta maggiore complessità nella realizzazione. Per questo ci serviamo della tecnologia, sfatando anche un falso mito: e che cioè “tecnologia” sia un male e “naturale” sia un bene. In questo caso, invece, abbattitori e conservatori ci aiutano a mantenere la qualità in impasti che vanno programmati in anticipo, a rotazione, e per codificare tutti quei passaggi che ci consentono di replicare ogni giorno il servizio ad altissimi standard di bontà. E per me non esiste “buono” se non è anche “sano” e “salubre”, sia chiaro».
Difficoltà? «Gestire il “giro” di tutte le diverse lievitazioni». Prospettive? «Sto ragionando su un impasto che integri anche del grano duro». Keep in touch.