12-09-2016
Il pollo in due culture
Apreda cuoce l'animale da cortile attingendo alle tradizioni romana e giapponese. E lo serve intero
Il Pollo in due "culture" di Francesco Apreda, chef napoletano del ristorante Imàgo dell'hotel Hassler di Roma è ai peperoni (tradizione romana) e teriyaki (giapponese)
L’idea iniziale è stata quella di voler inserire in menu un pollo da servire intero al cliente, cosa che non accade molto facilmente nei ristoranti. Ma, si sa, il desiderio di mangiare un pollo arrostito è abbastanza comune, è strettamente legato alla tradizione della cucina casalinga e io ho voluto che questo desiderio si potesse realizzare a Imàgo.
Dopo un mese di sperimentazioni abbiamo combinato due culture in un solo pollo: un’unica cottura e due culture, ossia il pollo ai peperoni, prettamente della tradizione romana con la glassatura teriyaki di derivazione giapponese. C’è stato un vero e proprio studio per l’elaborazione di quello che avrebbe dovuto essere il pollo di Imàgo. Il piatto finale nasce da un lavoro di team: ognuno ha contribuito a elaborare la metodologia migliore per avere il pollo “perfetto”.
La difficoltà maggiore che abbiamo dovuto tenere in considerazione è stato il raggiungimento di una cottura uniforme. Il petto e le cosce hanno una struttura diversa e, generalmente, cuocendo le cosce si tende a seccare il petto. Dovevamo assolutamente evitare che accadesse. L’obiettivo primario quindi è stato quello di intenerire le fibre il più possibile per diminuire i tempi di cottura ed evitare l’asciugarsi delle parti più magre.

Francesco Apreda (qui la biografia del cuoco a cura di Flavia Previtera) nel ritratto di Brambilla-Serrani
La soluzione è stata trovata nella marinatura, utilizzata anche per uno dei miei piatti preferiti della tradizione indiana, il pollo tandoori (un piatto che devo ammettere ha fatto scoccare la scintilla per una ricetta con il pollo). Il pollo viene quindi marinato per diversi giorni in una salamoia di estratto di peperoni arrostiti. La carne del pollo, in questa fase, assorbe l’aroma dei peperoni e nello stesso tempo le sue fibre si inteneriscono.
Il pollo è poi immerso per pochi istanti in acqua bollente e asciugato in frigorifero: così la pelle si indurisce, perde acqua e risulta croccante a fine cottura. Il processo di cottura è curato in modo quasi maniacale: il pollo viene infornato a una temperatura di 74° C per arrivare negli ultimi 8 minuti a 300°C.
Ancora caldo, viene glassato con la nostra salsa teriyaki preparata con una ricetta appresa durante la mia esperienza a Tokyo. Il pollo viene servito intero in sala e sporzionato dallo staff, un ritorno questo alle tradizioni scenografiche de i ristoranti del passato. Il pollo è accompagnato con degli spaghetti di patata, alga wakame, iceberg e polvere di peperoni arrostiti”.