Un desiderio di ritorno ha spinto Arianna Occhipinti, allora studentessa a Milano, a decidere di affittare il suo primo ettaro di vigna di Frappato e Nero d'Avola in contrada Fossa di Lupo a Vittoria, Ragusa. Era il 2004.
Vent'anni di amore per la biodiversità e per il rispetto del territorio – compiuti nel 2024 – l'hanno portata a essere tra i protagonisti di HoGo (parola creola per "cool"), uno dei quindici produttori coinvolti nel movimento promosso da Velier. HoGo riconosce le eccellenze del mondo enogastronomico, frutto di impulsi naturali e di un'agricoltura pulita. L'agricoltore artigiano è HoGo, Velier che lo seleziona lo è, così come il consumatore finale che cerca e sceglie la qualità autentica.
Velier ha creato un catazine dedicato ai suoi produttori e ai clienti
HoGo, puntando sulla conoscenza, sul savoir faire e sui gesti positivi. L'intento è comunicare questo senso e avvicinare produttori, distributori e consumatori
HoGo, creando presidi e portabandiera che, nel caso del vino, si traducono in verticali di annate storiche e opportunità come visite in cantina ed eventi con il produttore.
Quando la giovanissima Arianna scelse di tornare in Sicilia, il vino naturale iniziava a pulsare con un senso di urgenza e cambiamento. Lei si ritrovò in quella necessità, vicina a mentori divenuti amici come Elena Pantaleoni, Dario Prinčič e Giovanna Morganti, che le hanno mostrato un nuovo modo di vedere il vino e l'artigianalità del lavoro.
Alimentata da questa visione, la filosofia di un'agricoltura in armonia con la natura non l'ha mai abbandonata. La conoscenza si è arricchita nel tempo, andando in profondità nel tecnico, per assaporare e far assaporare la bellezza di un territorio che l'ha folgorata, di cui ha raccolto un'eredità fatta di sicilianità radicata.
Qui, nella parte bassa dei Monti Iblei, su terreno calcareo, Arianna ha deciso di percorrere una nuova strada, basata sul dialogo continuo e rispettoso con la terra: «di stagione in stagione la terra ci parla, ci ascolta, ci risponde».
In vigna predilige il lavoro a mano, senza l'uso di pesticidi, fungicidi o fertilizzanti chimici. Ricorre al sovescio con miscugli di leguminose e graminacee, interrate in primavera per favorire la sostanza organica, e mantiene la flora spontanea, siepi, boschi e oliveti – da cui produce olio da monocultivar
Tonda Iblea e
Nocellara del Belice, oltre a grano di
Tumminia.
Nelle vigne autoctone si preservano vecchi cloni, praticando selezione massale e innesto in campo. La raccolta è manuale e la selezione in vigna e cantina è rigorosa, consentendo fermentazioni spontanee con lieviti indigeni. Questo lavoro artigiano si intreccia con quello di
Massimo Vitale, l'ultimo sugheraio di Sicilia, i cui tappi arricchiscono ogni bottiglia con un'altra storia di biodiversità.
I vent'anni dell'azienda sono stati celebrati anche da
SOLCO, un progetto su carta nato dalla passione di
Arianna per la scrittura e dall'esigenza di fare il punto sull'evoluzione della viticoltura e del suo
Frappato di Vittoria. La prima edizione si apre con la stessa domanda: «A cosa sono serviti questi 20 anni di amore?».
Sicuramente a raccontare la storia di questo territorio nel modo giusto, come
Arianna ha fatto con il
Frappato, mosso dall'istinto e dalla necessità di fare ritorno a casa. «Ci siamo presi per mano con il
Frappato: io avevo bisogno della sua eleganza e storia da raccontare, del suo potenziale enologico per diventare ciò che sono adesso, e il
Frappato in fondo aveva anche bisogno di me. Di chi lo accogliesse con amore e orgoglio».
Ad Arianna forse sono mancate le vendemmie in giro per il mondo, ma non le è sfuggito il punto cruciale: l'osservazione attenta e l'importanza della connessione emotiva, elementi senza i quali la tecnica risulta fine a sé stessa.
La nuova strada che ha costruito è in realtà la più antica via del vino mai attestata: la
SP68 – onorata dai due vini omonimi della cantina – percorsa da generazioni di contadini. Questa arteria ha ispirato
Arianna, nel 2016, per il progetto dei vini di contrada "una vigna, un vino".
Tre rossi raccontano tre territori: PT (Pettineo), la vigna più antica su terreno sabbioso e ferroso; FL (Fossa di Lupo), le origini, dove sabbia e calcare donano sapidità; BB (Bombolieri), dove ciottoli e calcare conferiscono maggiore profondità al Frappato. L'idea è che il suolo distingua ed elevi il territorio: vini più morbidi con la sabbia, più tesi e longevi dove il calcare è predominante.
Ai tre rossi si aggiunge un bianco di contrada, l'
SM, di
Santa Margherita a Chiaramonte Gulfi, dove
Arianna ha dato vita a una delle novità del ventennale:
Chaza – "piazza" in siciliano – un nuovo progetto di ospitalità.
Chaza è un approdo tra i Monti Iblei, un luogo che vive di silenzi, vento e luce, dove il paesaggio conserva la sua anima arcaica.
Le case – Casa Grande progettata insieme a Studio Gum di Ragusa e Casa di Pietra – raccontano un'ospitalità sincera, essenziale e legata alla terra, con la pietra bianca degli Iblei come spina dorsale delle strutture.
Da qui il paesaggio si apre sui Monti Iblei e il mare in lontananza. Un punto privilegiato per scoprire la Sicilia sudorientale partendo, ovviamente, dalla visita alla cantina (a Vittoria) dove le piante affondano le radici in una terra che riflette la luce solare degli Iblei. La cantina è stata recentemente arricchita di una nuova sala degustazione e di un archivio, uno spazio ampio scavato al piano interrato studiato per la necessità di creare uno storico produttivo.
La forza di
Arianna Occhipinti sta proprio qui: nella capacità di trasformare un territorio complesso in un luogo accessibile, comprensibile e vissuto. A vent'anni, in un mondo del vino che si allontanava dall'approccio agricolo autentico, ha dimostrato che un altro percorso era possibile: partire da progetti minimi, crescere con essi, restare in una misura umana. È la traduzione ospitale di un'idea agricola che continua a guidare ogni sua scelta: restare fedele alla terra e permettere a chi arriva di sentirla propria.