«Prima ancora di far conoscere la qualità di Grosjean, vogliamo fare conoscere i vini della Valle d’Aosta. Perché purtroppo ancora si conoscono troppo poco».
La famiglia Grosjean ripercorre i suoi primi 50 anni (abbondanti) nel mondo della produzione del vino, guardando però sempre in avanti. Non solo per se stessi, ma per tutta la Valle d’Aosta.
«Bisogna pensare – racconta Simon Grosjean – che, per i vini, la Valle d’Aosta era quasi sconosciuta fino a pochi anni fa. Prima del 2000 addirittura si pensava che qui si producessero solo vini per la famiglia. Ma in passato la viticoltura valdostana si trovava ai vertici mondiali. Come scriveva lo studioso e ricercatore Lorenzo Francesco Gatta nel 1800, il nostro era uno dei vini più apprezzati, in particolare dalla casata dei Savoia. Per loro era un pregio poter offrire ai sovrani delle altre nazioni i vini della Valle D’Aosta».
In realtà la storia della viticoltura in Valle d’Aosta inizia molto prima, dai Romani. Poi, nell’Alto Medioevo, non si seppe più nulla a riguardo del vino. «Dall’anno Mille – spiega
Simon Grosjean – la popolazione iniziò a “uscire” dalla città, con una della casate più importanti che costruì il Castello di Quart, mentre la viticoltura diventava una delle attività principali. Ma nel 1700 l’ultimo signore di Quart morì e la casata andò estinta».
Nel 1630 inoltre ci fu la grande peste, che ridusse di molto la popolazione, lasciano anche numerosi terreni incolti. I Savoia chiamarono diverse famiglie dalla Francia, con l’intenzione di recuperare quelle coltivazioni. «Probabilmente – conclude Simon – tra quelle c’era anche la nostra famiglia, i Grosjean».
La storia vitivinicola di qualità, però, è relativamente recente. «Siamo giovani, abbiamo iniziato 50 anni fa con mio nonno
Dauphin – spiega
Hervé Grosjean – Adesso abbiamo vigneti tra i 600 e i 900 metri di altitudine. In particolare abbiamo il vigneto Rovettaz, quello per noi più importante, dove abbiamo i vigneti più tipici e con varietà più tardive. Nelle zone più basse, per esempio, non c’è
Pinot Nero, che preferisce a altitudini maggiori, ma magari ci concentriamo sulla
Petite Arvine. L’ultima uva che chiude la vendemmia è il
Fumin».
Una giornata in mezzo alle vigne permette di capire quanta attenzione ci sia in fase di coltivazione: l’azienda è biologica, ma in quel paradiso naturale che è la Valle d’Aosta, dove c’è ancora una grande biodiversità, è quasi “difficile” non essere biologici. Camminando tra i vigneti durante la vendemmia, si capisce quanto la famiglia Grosjean sia attenta anche ai minimi particolari, per portare poi in cantina la migliore uva possibile.

La produzione di vino per la famiglia Grosjean ha più di 50 anni di storia
«La
Petite Arvine è la principale varietà a bacca bianca – spiega
Hervé Grosjean – Noi siamo stati un po’ i pionieri, con mio nonno nel 1983 che è stato tra i primi a credere in questo vitigno, che è originario del Vallese. Grazie alla Vigna Rovettaz, produciamo circa 25 bottiglie di
Petite Arvine, alle quali si aggiungono circa 7mila da un altro impianto. Si tratta di una varietà molto equilibrata, che si adatta ai cambiamenti climatici, grazie anche alla sua freschezza, mantenendo una buona quantità di acido malino nell’acido. Con le ultime analisi, per l’annata 2023 appena vendemmiata, abbiamo un potenziale di 14 gradi alcolici, ma non ci preoccupa, perché abbiamo un grande supporto di acidità».
L’annata 2021 di Petite Arvine Vigne Rovettaz dimostra questo grande carattere: frutta bianca ed erbe aromatiche al naso, in bocca grande freschezza ma anche struttura.

La nostra giornata in vigna in occasione della vendemmia della Petite Arvine a metà ottobre
Grande complessità e intensità per il
Torrette superiore Vigne Rovettaz, realizzato con il
Petit Rouge al 75%, con il quale concorrono il 10% di
Fumin, il 10% di
Cornalin e il 5% di
Premetta. Un vino di struttura, con un buon equilibrio al sorso, che sa essere anche sapido e di ottima beva.
Il Fumin è probabilmente il vino simbolo di Grosjean tra i rossi: profumi ampi e avvolgenti, dove escono oltre ai frutti di bosco anche note speziate, e sorso lungo e verticale, con una grande spinta acida e sapida che danno l’idea di un potenziale futuro notevole.
Questi sono solo esempi della produzione di Grosjean, che si attesta ora tra le 200 e le 250mila bottiglie con una ventina di referenze differenti, ma che in futuro vorrebbe raggiungere quota 300mila. Ma senza mai scendere a compromessi con la qualità.