Nel cuore di Courmayeur, Pierre Alexis 1877 è un ristorante che fonde la tradizione culinaria della Valle d'Aosta con un tocco di creatività moderna. Sotto la guida dello chef Stefano Alessandro Marchetto, il ristorante propone una cucina che celebra la stagionalità e la freschezza dei prodotti locali, con piatti che riflettono il territorio ma anche le influenze internazionali. La filosofia di Stefano è chiara: valorizzare il meglio che la natura offre, cercando di non snaturare mai la semplicità degli ingredienti.
Il menù degustazione, in particolare il percorso Evoluzione, offre un viaggio che va dalla tradizione più radicata alle sperimentazioni più moderne. Ogni piatto, pur mantenendo un forte legame con le radici della cucina valdostana, racconta la volontà dello chef di esplorare nuove tecniche e nuovi sapori.
Il primo piatto del percorso è un esempio perfetto di questa fusione tra antico e contemporaneo.
Il Pavé di polenta rappresenta la tradizione, mentre sopra si trova una sorprendente combinazione di puntarelle condite con una bagna cauda vegana, che rielabora un classico della cucina piemontese senza l'uso di acciughe. Al centro del piatto, un carciofo grigliato su un grill yakitori, una tecnica giapponese che aggiunge una leggera affumicatura, rivela la capacità dello chef di mescolare tradizione e modernità con un'armonia che sorprende senza esagerare.
Il viaggio prosegue con il
Foie gras d'anatra, abbinato al salmerino alpino. La freschezza e l'acidità dell'olivello spinoso, sia in crema che in gel, accompagnano il piatto, che è servito con un soffice pan brioche. Questo piatto racconta l'abilità di
Stefano nel lavorare ingredienti ricercati, ma senza mai perderne l'autenticità. «Il foie gras è uno degli ingredienti che amo lavorare, e qui lo uso in una versione che è evoluta rispetto a quella precedente», spiega lo chef. «Ogni piatto nasce dal territorio, ma anche dalla curiosità di provare nuove cose.»
Un altro piatto che colpisce per la sua semplicità e ricercatezza è il Plin al fagiano, un raviolo tipico piemontese che Stefano arricchisce con un brodo demi-glace in riduzione e l'aggiunta di erbe selvatiche.
Un omaggio alla cucina tradizionale, ma anche un esempio di come le tecniche moderne possano esaltare il gusto di ingredienti semplici, portando ogni morso a una nuova dimensione.
Successivamente, il pan brioche accompagna una scaloppa di foie gras che viene servita insieme a cervo, tartufo e spinacino fresco. Un piatto che sorprende per la sua eleganza, dove la ricchezza della carne si bilancia perfettamente con la freschezza delle verdure e l'intensità del foie gras.
Stefano racconta con passione: «Abbiamo cercato di valorizzare il cervo, un ingrediente che rappresenta perfettamente la nostra montagna, aggiungendo però un tocco di modernità con il foie gras e il tartufo.»
Il predessert, con la sua gelatina di Calvados, il sedano candito e il sorbetto di sedano, è una preparazione fresca e leggera che prepara il palato per il dolce finale, ma anche un esempio della ricerca di Stefano nell'utilizzare ingredienti insoliti, come il sedano, che qui si esprime in una nuova forma.
Il dolce finale, un
Croccante con crema pasticcera agli agrumi, cedro e kumquat canditi, accompagnato da gelato al Grand Marnier, è un'interpretazione moderna di un classico dessert, che gioca sul contrasto tra la morbidezza e l'acidità degli agrumi.
Nel corso della serata è emerso il pensiero di Stefano e della sua famiglia, che si riflette perfettamente nella cucina del ristorante. «Per noi la qualità non è solo nei piatti, ma anche nel modo in cui lavoriamo. Ogni piatto è il risultato di una passione che non ha paura di evolversi, ma che resta sempre radicata nel territorio», ha sottolineato lo chef. «Anche se a Courmayeur molti non comprendono sempre il nostro approccio, preferiamo rimanere fedeli a noi stessi, senza scendere a compromessi.»
La passione di
Stefano per il suo lavoro non è solo un fatto personale, ma anche familiare. La madre,
Regina, è stata la sua prima insegnante in cucina, trasmettendogli l'amore per le erbe spontanee che raccoglie personalmente, mentre la moglie
Monica si occupa della sala del ristorante, facendo sentire sempre i clienti a casa. Il figlio
Egon si occupa della selezione dei vini,
Liam accompagna la madre nell'organizzazione della sala per offrire il miglior servizio possibile, e infine
Nicholas è il braccio destro del padre in cucina.
Stefano racconta con un sorriso la sua esperienza di giovane chef e di come la sua famiglia abbia contribuito in modo determinante alla sua formazione. «Sono cresciuto dentro questo mondo. Mia madre era cuoca, mio zio pasticcere, e mia nonna Regina mi ha insegnato a lavorare con le erbe, ma anche a rispettare la semplicità degli ingredienti. È una tradizione che portiamo avanti ogni giorno, cercando di innovare, ma senza dimenticare da dove veniamo.»
Questa filosofia si riflette perfettamente nel menù, dove ogni piatto ha una storia. La passione per la cucina e la cura dei dettagli emergono anche quando
Stefano parla del suo approccio alle materie prime. «Mi piace lavorare con il foie gras in vari modi, ma ogni piatto deve raccontare qualcosa. Quando abbiamo deciso di usare il salmerino alpino con il foie gras, volevamo un piatto che potesse esaltare entrambe le materie prime senza snaturarle», racconta con entusiasmo. «Le erbe che raccogliamo personalmente, e che nessuno usa, sono un altro esempio di come cerchiamo di dare un tocco unico a ciò che proponiamo.»
Il concetto che permea ogni angolo del ristorante è quello della sostenibilità e dell'autenticità. La famiglia Marchetto, pur consapevole delle difficoltà legate alla gestione di un ristorante in montagna, preferisce non scendere a compromessi. «Non abbiamo mai pensato di abbassare la qualità per accontentare i clienti. Se perdiamo qualcuno lungo la strada, va bene. Meglio che entrare nella logica del compromesso e snaturare ciò che siamo», conclude Stefano.