Paola Gregori, Cantina di Monteforte: prove di innovazione nel Soave

Più responsabilità ai giovani, sanità delle uve, riduzione delle rese. I punti cardine della cantina di Monteforte d'Alpone, in un'intervista alla sua neo-direttrice

15-04-2023
a cura di Chiara Mattiello
Paola Gregori, neo-direttrice di Cantina di Montef

Paola Gregori, neo-direttrice di Cantina di Monteforte a Monteforte d'Alpone, nel Soave (Verona)

Obiettivo qualità e non solo a parole, come spesso siamo abituati, ma con i fatti. Quello di Paola Gregori, da pochi mesi direttrice di Cantina di Monteforte è un progetto ambizioso, specie in un territorio come quello del Soave dove l’innovazione non la fa del tutto da padrona. Sebbene sia un’agricoltura specializzata da più di 200 anni, oggi soffre a causa degli scarsi investimenti e di una viticoltura vecchia, come lo è l’età dei suoi viticoltori, sempre più alta. Se non si darà alle giovani generazioni una motivazione per prendere in mano la situazione, la zona rischia di non essere più competitiva.

Qualità per Paola Grego significa investire sul socio, sulla persona e quindi sul territorio. Questa è la grande consapevolezza di questa piccola cantina cooperativa (4,5 i milioni di bottiglie prodotte) che si è sempre distinta non solo per la qualità dei prodotti ma anche per una visione sociale completamente diversa: meno industria, più territorio.

“Ho pilastri ben fissi nel mio programma, che ci porteranno ad assicurare una corretta remunerazione dei nostri soci – racconta Gregori – il primo di questi è la sanità delle uve, che ci permette di pressarle intere e soprattutto calare drasticamente l’apporto di anidride solforosa. Le rese poi devono essere ridotte, su pergola 9/10 tonnellate per ettaro (attualmente il disciplinare ne prevede 14/15, ndr) e una raccolta in bins per preservarne la qualità. Fondamentale infine la gestione della pianta, dalla potatura alla parete fogliare, per dare equilibrio e profondità ai vini”. Questo progetto, già iniziato dal compianto Gaetano Tobin, suo predecessore, consiste nel marcare la differenza tra le zone geografiche, le U.G.A. (unità geografica aggiuntiva) introdotte nel disciplinare di produzione, che dovrebbero permettere alle cantine di dare espressività ai singoli terroir.

Uva garganega

Uva garganega

Sono quattro in questo momento le proposte di questa cantina, che deve al Soave il 90% del fatturato e i vini portano i nomi delle U.G.A.: Tremenalto, Monte Grande, Castellaro e Foscarino. 4 zone molto diverse tra di loro, che la cantina fa esprimere con contenitori di elevazione diversi. “Credo molto nel cemento – continua Gregori – è un contenitore che aiuta a far esprimere con delicatezza la garganega e ben si sposa poi con il legno in assemblaggio”

Il viaggio tra i 4 vini, che sulla cartina geografica dura qualche centinaia di metri, è in realtà molto più lungo, dalle freschezze del Tremenalto, puro e chiaro al sorso, all’esotico Monte Grande dove il mandarino la fa dal padrone, al Castellaro, forse il più centrato della gamma, complesso e profondo. Chiude il Foscarino, dove si è ricercata maggiore concentrazione e un po’ di opulenza.

“Vedo un bel futuro per questo territorio – chiude Gregori -  e credo che questo progetto aiuterà a remunerare correttamente il grande lavoro dei nostri soci. Ci sono alcuni nodi da sciogliere, e alcune preoccupazioni come quella della flavescenza dorata: credo si debbano dare risposte immediate e più efficaci, senza demandare la responsabilità ai singoli. La nostra piccola dimensione ci permette di lavorare in maniera sartoriale e siamo pronti a spostare i nostri punti di riferimento verso la ristorazione. Questi 4 vini sono l’inizio di questo progetto che siamo entusiasti di portare avanti. Sarà mio compito anche valorizzare le risorse umane che sono in cantina in un’ottica di crescita collettiva”.


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