05-04-2023

Primi appunti dal Vinitaly 2023, che finisce oggi: ovvero, perché è stato importante anche solo esserci

La prima edizione davvero post-Covid della manifestazione veronese ha puntato più sulla qualità dell'evento che sulla quantità di presenze. Una scelta azzeccata, come ci hanno confermato molti produttori presenti. Nostro report

Un Vinitaly più “umano”. Perché alla fine quello che conta non è tanto la qualità dei vini (che è comunque fondamentale, altrimenti non avrebbe senso del tutto una fiera) ma è il “contatto”, l’incontro fisico e non solo virtuale con le persone, che siano importatori o semplici clienti. Il Vinitaly post Covid, il primo davvero senza limitazioni dettate dalla pandemia, si rivela una fiera rinnovata per tanti aspetti: non è più la festa del vino italiano, ma è una enorme piazza dove poter finalmente tornare faccia a faccia con le persone.

Questa, a nostro parere, è l’interpretazione che bisogna dare a questa 55esima edizione di quella che rimane, a tutti gli effetti, la manifestazione sul vino più importante d’Italia e una delle principali d’Europa.

Fabio Zenato

Fabio Zenato

Riccardo Bianco

Riccardo Bianco

Lo conferma anche Fabio Zenato, azienda Le Morette, nella zona del Lugana: «Le fiere sono momenti di incontro, dove le distanze si azzerano. Nel periodo della pandemia ci siamo accontentati di zoom, dei webinar, ma il nostro mondo lavora di emozioni e del confronto con le persone, di persona». E questa è forse una delle risposte a chi ha preferito non partecipare quest’anno al Vinitaly: si tratta di scelte aziendali ben precise, che non condanniamo affatto. Ma chi è venuto quest’anno a Verona ne è stato, nella maggior parte dei casi, soddisfatto. «Ho avuto riscontri molto positivi – spiega Riccardo Bianco dell’azienda Mongioia, specializzata in Moscato d’Asti – C’è stata molta richiesta del mio vino, e anche un giorno come la domenica, che di solito è caratterizzato dalla presenza di molti curiosi, quest’anno ha avuto un’ottima affluenza di operatori. Può darsi che abbia influito la politica del biglietto molto caro, che ha frenato chi al Vinitaly veniva solo ad assaggiare e non a lavorare».

Elisabetta Gnudi Angelini

Elisabetta Gnudi Angelini

E così la pensa anche Elisabetta Gnudi Angelini, titolare di quattro aziende in Toscana, tra cui citiamo Altesino e Caparzo a Montalcino: «Vinitaly funziona, il nostro stand è sempre stato pieno di importatori e buyer. E anche da Opera Wine, il sabato, abbiamo avuto ottimi riscontri. Persino l’organizzazione funziona meglio. Il Vinitaly dopo Covid è davvero tornato interessante: pochissimi curiosi, forse anche per il costo del biglietto. A ben vedere, forse, i biglietti dovrebbero toglierli del tutto».

Andrea e Francesco Sannitu

Andrea e Francesco Sannitu

Ottavia Giorgi di Vistarino

Ottavia Giorgi di Vistarino

C’è anche chi arriva dalla Sardegna, come Francesco Sannitu di Atlantis, di Berchidda (Sassari), che trova il Vinitaly fondamentale da un punto di vista logistico. «Qui riesco a incontrare tantissimi clienti in soli 4 giorni: per me, che sono piccolo, è un grande risparmio di soldi, ma soprattutto di energie. Noi abbiamo un mare da attraversare…». Ottavia Giorgi di Vistarino, produttrice dell’Oltrepò Pavese con la storica Conte Vistarino, non ha dubbi: «Venire al Vinitaly significa incontrare praticamente tutti i venditori. Poi dipende dai mercati che hai. E per noi l’Italia è molto importante».

Per una volta, insomma, non conta la quantità delle presenze in fiera, ma la qualità. Un po’ come per il vino: si diminuiscono le quantità di produzione per migliorare la qualità delle bottiglie. E in tal senso sembra che Vinitaly stia andando proprio in quella direzione.


In cantina

Storie di uomini, donne e bottiglie che fanno grande la galassia del vino, in Italia e nel mondo

a cura di

Raffaele Foglia

giornalista de La Provincia di Como, sommelier e appassionato di birra artigianale. Crede che ogni bicchiere di vino possa contenere una storia da raccontare. Fa parte della redazione vino di Identità Golose

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