Un Vinitaly più “umano”. Perché alla fine quello che conta non è tanto la qualità dei vini (che è comunque fondamentale, altrimenti non avrebbe senso del tutto una fiera) ma è il “contatto”, l’incontro fisico e non solo virtuale con le persone, che siano importatori o semplici clienti. Il Vinitaly post Covid, il primo davvero senza limitazioni dettate dalla pandemia, si rivela una fiera rinnovata per tanti aspetti: non è più la festa del vino italiano, ma è una enorme piazza dove poter finalmente tornare faccia a faccia con le persone.
Questa, a nostro parere, è l’interpretazione che bisogna dare a questa 55esima edizione di quella che rimane, a tutti gli effetti, la manifestazione sul vino più importante d’Italia e una delle principali d’Europa.
Lo conferma anche
Fabio Zenato, azienda
Le Morette, nella zona del Lugana: «Le fiere sono momenti di incontro, dove le distanze si azzerano. Nel periodo della pandemia ci siamo accontentati di zoom, dei webinar, ma il nostro mondo lavora di emozioni e del confronto con le persone, di persona». E questa è forse una delle risposte a chi ha preferito non partecipare quest’anno al
Vinitaly: si tratta di scelte aziendali ben precise, che non condanniamo affatto. Ma chi è venuto quest’anno a Verona ne è stato, nella maggior parte dei casi, soddisfatto. «Ho avuto riscontri molto positivi – spiega
Riccardo Bianco dell’azienda
Mongioia, specializzata in
Moscato d’Asti – C’è stata molta richiesta del mio vino, e anche un giorno come la domenica, che di solito è caratterizzato dalla presenza di molti curiosi, quest’anno ha avuto un’ottima affluenza di operatori. Può darsi che abbia influito la politica del biglietto molto caro, che ha frenato chi al
Vinitaly veniva solo ad assaggiare e non a lavorare».

Elisabetta Gnudi Angelini
E così la pensa anche
Elisabetta Gnudi Angelini, titolare di quattro aziende in Toscana, tra cui citiamo
Altesino e
Caparzo a Montalcino: «
Vinitaly funziona, il nostro stand è sempre stato pieno di importatori e buyer. E anche da
Opera Wine, il sabato, abbiamo avuto ottimi riscontri. Persino l’organizzazione funziona meglio. Il
Vinitaly dopo Covid è davvero tornato interessante: pochissimi curiosi, forse anche per il costo del biglietto. A ben vedere, forse, i biglietti dovrebbero toglierli del tutto».

Andrea e Francesco Sannitu

Ottavia Giorgi di Vistarino
C’è anche chi arriva dalla Sardegna, come
Francesco Sannitu di
Atlantis, di Berchidda (Sassari), che trova il
Vinitaly fondamentale da un punto di vista logistico. «Qui riesco a incontrare tantissimi clienti in soli 4 giorni: per me, che sono piccolo, è un grande risparmio di soldi, ma soprattutto di energie. Noi abbiamo un mare da attraversare…».
Ottavia Giorgi di Vistarino, produttrice dell’Oltrepò Pavese con la storica
Conte Vistarino, non ha dubbi: «Venire al
Vinitaly significa incontrare praticamente tutti i venditori. Poi dipende dai mercati che hai. E per noi l’Italia è molto importante».
Per una volta, insomma, non conta la quantità delle presenze in fiera, ma la qualità. Un po’ come per il vino: si diminuiscono le quantità di produzione per migliorare la qualità delle bottiglie. E in tal senso sembra che Vinitaly stia andando proprio in quella direzione.