26-03-2023
Giovanni Cappato - Foto Annalisa Cavaleri
Tutto l'amore per la Sardegna e la voglia di far conoscere il vermentino in chiave inedita, perché possa arrivare anche nell'alta ristoranzione. E' questo lo spirito che guida Giovanni Cappato, enologo milanese classe 1973 da sempre affascinato da quest'isola magica e attratto dalle sue potenzialità vitivinicole che ha scelto una delle zone più vocate della DOCG Vermentino di Gallura (ma a quote più alte rispetto alla gran parte della produzione locale) per la sua nuova attività, Vigne Cappato.
Nibe è il primo Vermentino rifermentato in bottiglia della Gallura non filtrato IGT - Foto Annalisa Cavaleri
«Ho lavorato a lungo come architetto a Milano - dice Cappato -. E questa è la mia seconda vita. Sono da sempre appassionato di agricoltura e nel 2008 mi sono riscritto ad Agraria alla Statale e mi sono laureato nel 2013. Ho fatto una consulenza in Sardegna sulla lotta integrata, la mia specializzazione, e mi sono innamorato di un terreno di 7 ettari che era a pascolo in località Berchidde, in provincia di Sassari. Ci sono anche degli splendidi massi di granito nel terreno accumulati negli anni. Abbiamo iniziato da pochissimo ma i primi vini promettono bene e stanno avendo successo. Sono innamorato di questa terra sarda voglio portare il vermentino anche dove di solito non c'è, come nei ristoranti di alta cucina».
I vini di Cappato sono stati abbinati all'alta cucina giapponese del ristorante stellato Iyo di Milano. Nella foto una selezine di Gunkan: Sake granchio, Salmon out, Tuna out, Zucchina, Ross - Foto AC
La prima etichetta che merita attenzione si chiama Nibe, ed è il primo Vermentino rifermentato in bottiglia della Gallura non filtrato IGT. Nibe in Gallura significa “neve”, ad omaggiare la maestosità e la bellezza - ma anche il ruolo importante che ricopre per il ciclo della vite - di un evento atmosferico con cui l’azienda e in generale la regione nelle sue maggiori altitudini si devono confrontare. Il vino nasce infatti sulle colline alle pendici del Monte Limbara, tra le ultime coltivabili prima del massiccio - dove anche la neve appunto fa spesso capolino -, a pochissima distanza dal mare, su suoli di origine granitica, terreni franco-sabbiosi e molto drenanti, e ad un’altitudine che arriva fino a 360 m s.l.m.. Una posizione particolarmente alta rispetto alla gran parte della produzione Docg locale e che, grazie alle maggiori escursioni termiche giorno/notte rispetto alle produzioni a quote più basse, contribuisce certamente a conferire particolare freschezza ed eleganza al Vermentino qui coltivato.
Nibe fitrato e non filtrato - Foto AC
Il vino base è frutto di una vendemmia precoce, per garantire uve non eccessivamente zuccherine e ancora ricche di acidità naturale mixata con una parte del mosto, proveniente da uve che hanno perfezionato la maturazione fenolica, dopo la macerazione sulle bucce. Dopo l’inoculo di lieviti selezionati reidratati e adattati a lungo, la massa tenuta in agitazione viene imbottigliata e tappata immediatamente con tappo a corona. La rifermentazione viene quindi monitorata in bottiglia e si conclude in circa una ventina di giorni. Il vino riposa successivamente sui lieviti fino a che non viene stappato. Non si tratta dunque di un metodo ancestrale - frutto di una sola fermentazione che inizia nel tino e finisce in bottiglia - ma piuttosto di un metodo classico senza sboccatura finale. Il controllo del vino base permette una maggiore finezza e pulizia evitando di portare in bottiglia fecce meno nobili.
L’accentuata componente fenolica conferisce personalità e raffinatezza a Nibe, rendendolo davvero unico nel panorama dei pét-nat. Le fecce nobili si depositano sul fondo e rendono il vino più torbido. Il risultato è un Vermentino dall'aroma fresco e floreale, estremamente versatile e naturalmente frizzante: un’assoluta novità nell’offerta vinicola della regione.
«La peculiarità di questo vino, oltre al metodo, è l’utilizzo del mosto macerato sulle bucce per la rifermentazione - commenta Cappato -. È questo lo strumento enologico adottato per ottenere l’obiettivo di produrre un vino fresco e leggero, moderno e cosmopolita, ma pur sempre fedele all’identità straordinaria delle nostre uve di Gallura. Solo così Nibe riesce ad esprimere pienamente i profumi varietali del Vermentino e tutta la personalità del terroir da cui proviene».
Ghjlà, un Vermentino in purezza dall’elaborata acidità che lo rende unico nel panorama dei Vermentini di Gallura - Foto AC
La passione per la Sardegna si identifica anche con Ghjlà, il primo nato, un Vermentino in purezza dall’elaborata acidità che lo rende unico nel panorama dei Vermentini di Gallura.
Ghjlà significa “gelo”, a ricordare il gelicidio del 2017 che ha segnato la prima vendemmia di Cappato. Un colpo durissimo per la neonata vigna: produzione persa, molte viti da ripiantare, le altre da allevare da capo. Ma da questa caduta l’azienda si è rialzata e anzi ha deciso di onorare lo straordinario e potente fenomeno atmosferico dando il suo nome al primo vino imbottigliato. La produzione di Ghjlà è caratterizzata da una rigorosa catena del freddo. La vendemmia - realizzata in notturna, con cernita manuale e conservazione in piccole cassette riposte in cella frigo fino alla diraspatrice e pressate entro 8 ore dalla raccolta – è seguita da macerazione in acciaio a freddo per 36 ore, fermentazione in acciaio per 18 giorni a temperatura condizionata e con lieviti selezionati e affinamento in acciaio per 6 mesi e in bottiglia per almeno altri 6 mesi.
I piatti di Iyo. Carpaccio di capasanta bretone, vinaigrette allo yuzu, caviale Royal Oscietra, umeboshi e polvere di shiso rosso in abbinamento a Nibe - Foto AC
Ghjlà viene vendemmiato a settembre per uscire sul mercato solo ad ottobre dell’anno successivo. Una scelta imprenditoriale dettata da un metodo rigoroso, che anche a costo di rischi insegue costantemente l’obiettivo dell’eccellenza, come spiega lo stesso Cappato: «In Italia il bianco è generalmente percepito come vino dell’anno, specie il Vermentino che non ha fama di longevità. Ma poiché riteniamo che Ghjlà non sia pronto in estate, preferiamo aspettare, anche se questo può comportare svantaggi dal punto di vista commerciale».
Un'attesa che potrà ripagare, se la si racconta nel modo giusto a un consumatore sempre più attento alla qualità. E, quindi, lunga vita al Vermentino!
Storie di uomini, donne e bottiglie che fanno grande la galassia del vino, in Italia e nel mondo
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giornalista professionista e critico enogastronomico, è docente di Antropologia del Cibo e food marketing all'Università di Milano e all'Università Cattolica. Studia da anni il valore simbolico del cibo nelle religioni e collabora con alcune delle più importanti testate del settore
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