09-06-2022
Gli antichi greci più di 2500 anni fa avevano sperimentato una tecnica di vinificazione che prevedeva che l'uva Ansonica, dalla buccia assai spessa, venisse calata in mare per alcuni giorni in modo che il sale agisse come disinfettante e antiossidante per un vino una lunga durata. Il metodo è stato ripreso da Arrighi
Da alcuni anni Antonio Arrighi, vignaiolo sull’Isola d’Elba e proprietario dell’azienda che porta il suo cognome, propone un esperimento unico ripercorrendo le fasi di vinificazione degli antichi greci. Siamo nell’Isola di Chio, o meglio, ci eravamo 2500 anni fa. Un vitigno simile all’Ansonica veniva utilizzato per produrre un vino molto in auge all’epoca, tanto da meritare la definizione di “vino degli dei”. La sua qualità e conservabilità dipendeva dal fatto che le uve, con buccia assai spessa, venivano calate in mare per alcuni giorni e il sale che vi si depositava agiva come una sorta di disinfettante e antiossidante, che consentiva poi al vino una lunga durata.
Torniamo adesso nel 2018, quando Arrighi assiste a un convegno in cui viene rammentato - a opera del professor Attilio Scienza - questo antico metodo e si incuriosisce, pensando che sulla sua isola si coltiva proprio Ansonica e che il mare non manca e in azienda l’uso delle anfore era già sperimentato da tempo.
Parte così una prova enoica, che ha incuriosito e attratto la stampa da tutto il mondo e che ha portato alla creazione di Nesos (il cui significato in greco è “isola”).
L’uva viene inserita in nasse di vimini e calata in mare - poca per volta, non più di 20 kg, altrimenti la pressione nella risalita rischierebbe di compromettere l’integrità degli acini. Per il primo anno Arrighi decide di provare a calare le nasse a 7 metri di profondità, ma negli anni successivi riesce ad arrivare a 10 metri. Il tempo massimo di durata del grappolo con acino intero è di 5 giorni, limite oltre il quale si rischia la rottura della buccia nonché di superare il limite massimo consentito per il sale nel vino dalla legge italiana. Perché il sale, oltre a ispessire la buccia, penetra anche per osmosi all’interno degli acini.
Le anfore di cantina Nesos
Una volta riportate sulla terra, le uve appassiscono al sole per riprendere il grado zuccherino, fermenteranno poi in anfora, restando a contatto con le bucce per 6 mesi.
Il primo esperimento - in cui viene coinvolto anche il corso di Viticoltura e Enologia dell’Università degli Studi di Firenze - dà come risultato soltanto 40 bottiglie di un vino non filtrato, senza solfiti aggiunti e dall’evoluzione, per ammissione dello stesso Arrighi, imprevedibile. Nel 2019 le bottiglie furono invece 240, mentre nel 2020 non vi è stata affatto produzione.
«Questa connessione non è poi così remota, se ci si pensa - commenta Arrighi - “il nostro mare elbano ospita numerose anfore di terracotta sul suo fondo, anfore che molto probabilmente hanno contenuto… vino!».
Nesos all’assaggio non si lascia incasellare e porta dalla terra al mare e viceversa, con le sue note importanti di alghe marine e una sapidità prevalente - il richiamo è all’ostrica - ma non ingombrante, equilibrata com’è dal miele e dal naso floreale, con fiori di camomilla ed erbe mediterranee che si alternano. Una succosità golosa che, se fortunati, non dovete perdere.
Storie di uomini, donne e bottiglie che fanno grande la galassia del vino, in Italia e nel mondo
di
Napoletana di nascita e lucchese di adozione, parte dalla critica letteraria per arrivare poi a raccontare di cibo e di vino (che sono anche le sue passioni). Adora viaggiare e va matta per la convivialità che si crea intorno alla tavola
Gennaro Schiano, titolare di Cantine del Mare a Monte di Procida (Napoli)
Il nostro viaggio enoico, calice dopo calice, camminando nella cantina di Località San Cassiano
Da sinistra: Alberto, Teresio e Alessandro Schiavi